Dal 2° volume de “Le Botteghe di una volta” di Corigliano Calabro, pubblicato dalla libreria “Il Fondaco” il 25 febbraio del 2018
Un pezzettino di quel muretto tra il negozio di via Luigi Palma n. 2 e il Ponte Canale, supra l’Archi, che San Francesco di Paola, durante la sua permanenza a Corigliano (1476-1478), aveva fatto costruire per portare l’acqua alla nostra città, lo conservo a distanza di tanti anni dentro il mio scrigno dei ricordi, a testimonianza di un passato fatto anche di incontri e di attese.
Era qui che, durante la seconda metà degli anni ’60, con le braccia conserte e la gamba destra piegata contro il muretto aspettavo l’arrivo dei miei amici di merenda per andare a giocare a ping-pongnella sezione della DC (Democrazia Cristiana) o a ri bigghjardini (biliardini) in via Cadorna n. 5, a ru palazzo ’i Longo, o a giocare a ra stoppa(gioco d’azzardo) a ra putiga ’i Nardo (Leonardo)Gentile in via Cadorna n. 20, o ancora per organizzare interessanti avventure che talvolta finivano prima di iniziare.
Nell’aspettare i miei simpatici amici, puntualmente ritardatari, e per ingannare il tempo, mi affacciavo sul muretto per guardare sutta ’a Citatella (sotto la Cittadella). Un insieme di case colorate con tanti panni stesi, che, insieme alle melodie napoletane provenienti dalle finestre spalancate, davano un tocco di unicità a questo straordinario e antico rione.
Poi, quando l’attesa si prolungava, stanco di stare appoggiato al muretto, facevo quattro passi. Esattamente quattro, per guardare le vetrine del negozio di via Luigi Palma n. 2, sbirciando dentro il locale. I numerosi televisori all’interno del negozio mi attraevano molto perché mi ricordavano le tante volte, agli inizi degli anni ’60, quando mio padre portava qui ad aggiustare il nostro, quello con tante valvole, che funzionava, quando andava bene, a giorni alterni.
Nella mia famiglia, per questa storia del nostro televisore, che stava più tempo nel negozio di via Luigi Palma che in via Carso n. 6, si parlava spesso e molto bene di una persona: Micuzzi (Domenico)Candia.
Mi sono sempre chiesto, da ragazzo, chi fosse questo don Micuzzi. Non l’avevo mai conosciuto. Però, dalle parole di mio padre capivo che si trattava di una persona perbene. Di un uomo di grande ingegno e di puro talento, nonché un grande imprenditore della Corigliano degli anni ’30, ’40 e ’50.
E così a distanza di tanto tempo, ho fatto una modesta ricerca storica per onorare la memoria di questo straordinario personaggio.
Domenico (don Micuzzi) Candia – all’anagrafe anche Alfonso – figlio di Giovanni, di professione falegname, e di Giuseppina Barca, era nato il 26 novembre del 1908 in via Montecitorio, attuale via Municipio.
All’età di nove anni restava orfano del padre, per cui ebbe un’infanzia infelice. Dal carattere vivace, curioso e desideroso di conoscere ogni cosa, nutriva un particolare interesse per il mondo della fotografia.
Quel particolare mobile in legno pregiato con le due manovelle, una per regolare la fotocamera in altezza e l’altra in profondità, dotato di un sistema di cassette scorrevoli per realizzare la giusta messa a fuoco sulla lastra posta nella parete opposta all’obiettivo, lo attraeva molto. Ansioso di conoscere le molteplici tecniche per realizzare una buona foto, sul come immortalare momenti ed eventi particolari, e non contento di quello che la nostra città allora offriva, partiva alla ricerca di realizzare un solo obiettivo: diventare un buon fotografo.
E così, giovanissimo, non ancora diciassettenne, senza indugi si avventurava con la classica valigia di cartone piena di sogni verso una delle città più antiche e più belle del mondo: Roma.
In questa grande città, veniva ospitato da un suo parente, che gli faceva iniziare un lungo tirocinio formativo presso uno degli studi più noti della capitale: il premiato studio fotografico del maestro Vincenzo Naselli.
Qui imparava, oltre alle tecniche della fotografia di base, come ingrandire una foto. Il suo impegno, unito all’amore per questa arte, gli faceva raggiungere in breve tempo importanti risultati. Riusciva, senza influire in maniera troppo negativa sulla qualità degli originali, ad ingrandire qualsiasi foto di ogni formato.
La permanenza romana gli fu molto utile, perché al suo rientro a Corigliano diventava il fotografo più richiesto dalle persone benestanti, che volevano realizzare gli ingrandimenti delle foto di famiglia – negli anni ’20 e ’30 si usavano appendere sulle pareti delle case grandi quadri con le foto dei propri avi –
A seguito dei buoni risultati, anche economici, Domenico Candia aprirà uno studio fotografico in via Luigi Palma n. 2, che in breve tempo diventerà uno degli studi più importanti della città, forse il più importante.
Ma don Micuzzo, come lo chiamava mio padre, uomo dalle mille idee, sempre pronto ad affrontare nuove sfide, non si accontentava di fare solo il fotografo.
Il 23 novembre del 1935 – come riporta Ernesto Paura sul suo libro, Corigliano Ritrova il Cinema-Teatro “Vincenzo Valente” – Domenico Candia e Leonardo Le Pera, che era uno dei più famosi e bravi meccanici di Corigliano e gestiva un’officina-garage in via Vittorio Emanuele, conosciuto col soprannome di “baroncino”, stipulavano con il Comune un contratto di fitto dei locali del Cinema-Teatro “Vincenzo Valente”.
Nasceva, così, la società Candia & Le Perache, oltre al Cinema-Teatro Comunale, gestirà per il solo periodo estivo anche i cosiddetti cinema sotto le stelle: Arena Italia, Arena Castelloe Arena Aurora. In seguito, anche l’Arena Modernadi donGiorgio Salvidio.
La società poi si consoliderà con altre attività commerciali, come la Tipografia, prima in via Pometti n. 25 e poi in via Diaz n. 25.
A proposito di queste altre attività, alcune persone mi raccontavano che don Micuzzoorganizzava anche delle sfilate di moda, che avvenivano durante gli intervalli della proiezione di qualche film, tra un tempo e l’altro. Queste sfilate, fatte soprattutto da belle donne, oltre ad essere motivo di ressa all’ingresso del cinema per assicurarsi un posto a sedere in prima fila, erano delle buone occasioni per vendere impermeabili, cappotti, abiti…
In altri termini, il fantasioso Domenico Candia sapeva trarre giovamento da qualsiasi occasione. E così, questo straordinario uomo diventava un noto imprenditore di successo della città, trasformando lo studio di via Luigi Palma, a metà anni ’40, in un grande negozio dove c’era di tutto: borse, cinture, maglierie, camicie per uomo e donne, borse da spiaggia, occhiali classici ed eleganti, quelli in linea con gli ultimi trend della moda… e gli immancabili articoli fotografici.
Domenico Candia, un personaggio versatile ed eclettico, diventava, persino, l’unico Concessionario di tutto il meridione della Ceraluce. Quella cera che si spruzzava sui pavimenti e sui mobili per lucidarli in pochi minuti e senza fatica, così recitava la propaganda di allora. In breve, un imprenditore che operava in tanti campi e che utilizzava la pubblicità come mezzo per far conoscere al pubblico i suoi innumerevoli prodotti.
Ecco come, nel 1950, il quindicinale coriglianese, Cor Bonum, scriveva di lui:
Tutto per la fotografia al
Foto Studio Candia
in Via Luigi Palma
Solo per Natale e solo per L. 1.300
6 cartoline – 6 tessere – un ingrandimento.
Lo studio Candia, fucina di giovani talenti (Giovanni Candia, Francesco Curia…), agli inizi degli anni ’50 era diventato anche un centro vendita e assistenza autorizzato della più famosa macchina da cucire, quella, così recitava la pubblicità, che era sinonimo di perfezione, di praticità e di eleganza: la Singer.
Importante e di grande successo, nel 1952, fu un corso per sarte nei locali del Castello “Compagna” per l’apprendimento del taglio e del ricamo, organizzato da don Micuzzie tenuto dalla Compagnia Singer. Il corso gratuito, gestito da personale specializzato, era rivolto non solo a sarte, ma a tutte le signore che avevano già una macchina Singero a quelle che avevano intenzione di comprarne una. Fu un grande successo che vide la partecipazione di molte donne di Corigliano e dei paesi vicini.
In via Luigi Palma, oltre alle macchine Singer, si vendevano le radio, i dischi, quelli a 78 giri in vinile realizzati in PVC, e in seguito anche i televisori di grandi marche, come la Metz e la Marelli, che a metà anni Cinquanta costavano una fortuna.
Domenico Candia continuerà la gestione del suo studio-negozio fino al 7 giugno del 1963.
In questo triste giorno la nostra città perdeva, a Napoli, uno dei suoi migliori figli. Un vero gentiluomo. Andava via un maestro della fotografia, un imprenditore tipografo, un impresario teatrale, il concessionario della Singer, l’organizzatore di sfiliate di moda… In breve, andava via per sempre l’uomo che aveva contribuito con umiltà, con onestà e con grande spirito creativo alla crescita della nostra città.
Il negozio, dalla seconda metà del 1963, sarà gestito dal fratello di Domenico Candia, Antonio, che si era appena trasferito con tutta la sua famiglia a Corigliano da Buenos Aires, dall’Argentina. Una persona perbene donAntonio, come il fratello, famoso per avere ricoperto la carica di Presidente della grande e indimenticabile società calcistica: la Polisportiva Corigliano. Quella, per intenderci, dei Menozzi, Artoni, Salimbeni, Branca, Cufari, Romanelli, Scarfò, Scura, Scaramuzzo, Varquez, Belsito… che ogni domenica sui campi da gioco ci regalava grandi emozioni.
La gestione del negozio di via Luigi Palma n. 2 da parte di donAntonio non fu felice, e neanche di lunga durata. Il 19 novembre del 1967, una grande tragedia si abbatteva, come un fulmine a ciel sereno, sulla sua famiglia. In un incidente stradale Tànato rubava all’affetto di donAntonio e dei suoi cari il piccolo Giovannino, di appena 10 anni – Wanzitto, come affettuosamente lo chiamava la madre – L’immatura e tragica scomparsa del figlioletto di donAntonio sconvolse l’intera città e costrinse, l’anno dopo, una parte della famiglia Candia a fare ritorno in Argentina. Restava a Corigliano solo la figlia Lilly con i figli e suo marito, il nostro concittadino Antonio (Tonino) Fiorino. Ma solo fino al 1979. Infatti, in quell’anno anche la famiglia di Tonino Fiorino partirà definitivamente per l’Argentina. Il negozio sarà gestito, poi, fino al 1983 dal fratello di Tonino, Giovanni.
La storia dello studio fotografico, prima, e del grande negozio, dopo, terminava. Terminava per sempre. Al posto di quella porta, a doppio battente, in legno pregiato, con due belle vetrine contenenti foto dell’epoca e con quella scritta, in alto a sinistra, Ferrania, adesso c’è una fredda e incolore saracinesca chiusa, a testimonianza di un mondo che non c’è più.
Però, quando mi capita, non di rado, di passare da queste parti, mi fermo per qualche secondo appoggiandomi come un tempo su quel pezzo di muretto, tra il negozio di via Luigi Palma n. 2 e il Ponte Canale. Non più con le braccia conserte e la gamba destra piegata, perché tanto i miei compagni di merenda non verranno, ma solo per affacciarmi, come una volta, per vedere sotto il muretto uno scorcio ’i ra Cittadella.
Non sento più le melodie napoletane. Solo la sgradevole voce di un silenzio assordante di case chiuse, fatue come spettri. E allora, non mi resta che fare quattro passi. Esattamente quattro, per sbirciare dentro quello storico negozio, che non c’è più.