Chi scrive lo ribadisce da anni: non di solo chiese e castello, ma anche di palazzi di pregevole valore artistico è costituito l’ingente patrimonio culturale coriglianese.
Sempre chi scrive ha seguito, nel tempo e dandone notizia attraverso le pagine dei quotidiani locali, le varie fasi dell’importante opera di restauro di Palazzo Castriota, situato nel centro storico, fortemente voluta dal dottor Luigi Petrone, professionista della sanità nativo di Corigliano e appassionato studioso dei beni culturali locali, e realizzata con la consueta competenza dall’architetto Antonio Aprelino e dall’ingegnere Vincenzo Genovese, direttori dei lavori che ne hanno messo in luce l’originaria costruzione cinque-seicentesca. Il complesso intervento ha interessato un edificio di oltre 750 metri quadrati ed è durato tre anni (2007-2009) e si è imposto una rilettura della disposizione originaria degli ambienti senza, tuttavia, violarne l’identità.
L’edificio, dalla forma quadrangolare, fu costruito nella seconda metà del ‘500. A farlo edificare fu Cesare Castriota Scanderbeg di San Pietro in Galatina. Tutto ebbe inizio quando don Cesare alienò una sua precedente dimora, che egli aveva acquistato l’11 ottobre 1571, ad Alessandro Abenante, padre della sua futura terza moglie, Giulia Abenante. Quando Cesare Castriota muore, nel 1595 circa, il Palazzo è compiuto. In un atto del 19 maggio 1597 redatto dal notaio Ascanio Salimbene di Corigliano, donna Giulia, vedova di Cesare, dopo avere descritto i beni rustici, dichiara di possedere tre case: una porzione di casa sita nel luogo detto “Palazzo del Principe”, un’altra abitazione nel luogo detto “il Serratore” ed infine la domo, come la qualifica l’atto notarile, dove ella vive e dove viene redatto l’atto notarile.
Alla fine del ‘700 i Castriota si estinguono. L’immobile passa dapprima in eredità ai Solazzi e poi ai discendenti di questi, i Gaetani d’Alife e ai Riseis di Bovino dopo. Nel 1930 e anni successivi, dopo il clamoroso fallimento della duchessa di Bovino, il Palazzo è proprietà della famiglia Tricarico, già amministratori di fiducia di casa Bovino. Nicola Tricarico ne ha il possesso dal 1930 al 1950, anno in cui muore. Poi, inizia un lento ma inesorabile declino. Ma dopo anni di abbandono e incuria, nel 1995 il vecchio e malandato edificio passa ancora di mano e viene acquistato da Luigi Petrone, cultore e conoscitore di storia locale, autore di studi, ricerche e pubblicazioni d’indubbio interesse.
Durante il restauro, emergono tracce della vita che fu. Scavi restituiscono alcune giare ipogee interrate sotto il piano dei pavimenti, pithoi (dal greco πίθος), una rara testimonianza di un antichissimo sistema in uso fino al tardo Settecento che utilizzava come contenitori, per olio e cereali, grandi giare di terracotta, tecnica di conservazione degli alimenti che risale addirittura al periodo della Magna Graecia.
Oggi, Palazzo Castriota (in foto dell’ingegnere Saverio Ardito) è un elegante e raffinato relais-hotel a quattro stelle, un punto di riferimento per l’accoglienza e la ricettività di visitatori e turisti nel borgo antico. Luigi Petrone ha pensato a tutto, anche alla cura dei particolari. All’esterno dell’edificio, difatti, spicca l’ingresso del Palazzo con un antico arco modanato in pietra, l’aquila a due teste e il ricollocato blasone dei Castriota. Esempio tangibile e significativo di recupero e valorizzazione di un bene storico che non è solo passato, ma anche presente e futuro, e rende onore a quanti si sono resi protagonisti di una fondamentale opera di riutilizzo funzionale di tale eccellenza.
FABIO PISTOIA