Lettera semiseria al Sindaco della mia Città
Carissimo (so che me lo consentirai) Giuseppe, Ti scrivo per manifestrati pubblicamente il mio sconcerto per quanto determinato dalla Tua richiesta di stop al refendum sulla fusione Corigliano-Rossano. Devo dire di aver sempre percepito una tua scarsa affettività (e fin qui nulla da contestare) nei confronti di tale questione ( vedasi i tempi inutilmente biblici per l’atto di impulso e la nomina di un “delegato” all’uopo, quasi si trattasse di rappresentare meglio una contrada e non di perseguire una svolta radicale nei destini della nostra Comunità), ma non mi sarei mai aspettato un epilogo del genere.
Mi chiedo perchè? Perchè i nostri concittadini, e non solo, arrivati a questo punto, debbano essere privati, della possibilità di votare (liberamente..) sul proprio destino e sulla possibilità di avere ( o no…) un comune unico, magari più forte? E poi, perchè proprio adesso? E perchè Ti sorprendi per aver suscitato ciò che tu stesso definisci un “putiferio”?
Se davvero fossi stato preoccupato sinceramente per l’esito della fusione avresti sostanzialmente potuto percorrere due vie, percorribili entrambe:
la prima, quella di “preoccuparti” del bilancio (a proposito, ma il nostro, di bilancio, gode per davvero di così buona salute, al netto di contenziosi e debiti splamati all’eternità?) dei nostri vicini, magari nel corso di questi anni impiegati per l’atto di impulso e non dopo avere impegnato anche la dignità della nostra Città difronte a all’intero Consiglio regionale.
La seconda, ancor più efficace, quella di consentire che si fissasse la data della consultazione popolare, e legarla indissolubilmente allo studio paritario dello stato “ delle casse”, coinvolgendo tutti, ad ogni livello. Invece hai dimenticato che “Pacta sunt servanda”, e prestato il fianco all’idea che hai preferito una scampagnata per timpe, alla ricerca di finocchi, piuttosto che dare il segno di una responsabilità autorevole. I processi, caro Sindaco, si governano. O se ne viene travolti. E su questioni di grande portata servono indirizzo ed attributi, non patetiche retromarce. Queste idee in chiaroscuro dell’amministrare fomentano l’antipolitica e generano mostri e politici ignari di polizze intestate.
Diciamo la verità: che avevi rotto il barattolo della marmellata Te ne sei reso conto fin da subito anche Tu quando hai scritto:
“ determinazione ….alla quale sono pervenuto con difficoltà emotiva…”. La tua – goffa- replica del 21 febbraio ha poi davvero dato la certezza di trovarci difronte a ragioni pretestuose, messe insieme alla bell’ e meglio , condite da una serie di dotti riferimenti amministrativo-contabili da far impallidire finanche il tuo ex assessore dottor E.C.G Siinardi.
Parliamoci francamente: il pretesto del bilancio di Rossano è da intendersi come un cavallo di Troia per inserire anche Cassano e Villapiana. Metterci dentro tutto per mandare a monte tutto. A questo punto dovresti indire altri due referendum: uno per chiedere ai coriglianesi un parere sulla loro fusione con Cassano e un altro per la fusione Villapiana- Corigliano!
Sembra essere ritornati agli anni ‘90, alla nuova provincia, al caciocovello: Sibaritide-Pollino? No, Pollino-Sibaritide; solo Sibari? No, Castrovillari- Rossano o forse Cassano -Castrovillari. Il motto era “facimm ammuina” e ogni giorno c’era qualche personaggio in cerca d’autore che aggiungeva questo o quel paese per una “nuova provincia più forte e stabile”. Al mattino ci svegliammo con Vibo provincia.
Il mondo, è già successo, cambia i suoi destini davanti ad un caffè. Spero che la prossima volta non ti inviti a prenderlo anche il sindaco di Vigevano o di Cologno Monzese….e che tu possa bere al più presto un antidoto che blocchi il veleno che potrebbe trasformarti da uomo perbene a Mister Hyde di oltrelattughelle.
Ovviamente, in merito, aspetto di leggere il pensiero dell’On. Giovanni Dima coerentemente impegnato nel processo di fusione Corigliano-Rossano e tuo azionista di maggioranza; del consigliere Bruno, che da presidente reggente della Provincia ha sempre sottolineato il ruolo strategico che le due città esprimono unite e di qualche votatissimo consigliere della tua maggioranza, che in qualità di presidente di associazione ha aderito “con slancio ed entusiasmo” al progetto fondativo. E anche il parere di tanti altri che, forse per calcolo, ripropongono il travaglio morettiano: “che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Vengo. Vengo e mi metto così, vicino a una finestra di profilo in controluce”.
Mi perdonerai la conclusione personale. Mio nonno, agli inizi del secolo scorso, era il caposquadra degli operai che costruirono le briglie di contenimento del fiume Cino. Da bambino, passando sulla 106, mi sembrava di vederlo agitarsi su un cavallo, preoccupato per l’irruenza (a cui deve il nome) del fiume. Oggi le macchine (purtroppo anche la mia) corrono veloci. Troppo. E il fiume non c’è più, metafora di una terra arsa e svanita, dove quattro bambini su dieci vivono sotto la soglia della povertà. Mi scuserai, ma io, da allora contiunuo a credere che quello è un fiume che unisce. E che non divide.
Gino Promenzio