Il progetto di Flaubert di comporre un vasto Sciocchezzaio (in francese Sottisier), una vera e propria enciclopedia della stupidità sarebbe probabilmente più facile da realizzare nei nostri tempi, quando i moderni mezzi di comunicazione amplificano le voci più strampalate. In effetti, vengono pubblicate con successo collezioni di frasi stupide, illogiche e incongruenti. Nelle librerie si sono moltiplicati gli stupidari: da quello medico a quello giuridico, dallo scolastico all’informatico, dal telefonico al turistico e allo sportivo.
Nell’intento dei loro compilatori, tuttavia, la denuncia irriverente del pregiudizio, prevalente in Flaubert, è secondaria rispetto all’esibizione di una comicità da lapsus o da barzelletta: alla battaglia culturale ingaggiata dallo scrittore francese in nome del senso critico si sostituisce per lo più, il divertimento fine a sé stesso. Ciò ha notato assai bene Giovanni Pagliero nel blog Folle Volo.
Ecco alcune perle piluccate da Flaubert: “Dobbiamo ad Alessandro il Conquistatore la scoperta di questo prezioso legume (il fagiolo). Lo trovò sulle rive del Gange e lo fece coltivare nei suoi orti privati. Nessuna delle sue conquiste, certo, può conferirgli ai nostri occhi una gloria pari a quella di aver protetto la coltura di questo legume, tanto utile e necessario”. Altri assaggi di luoghi comuni: “Appena un francese passa la frontiera, entra in territorio straniero”. “I pescatori sono meno belli dei contadini”. Dal repertorio dei pregiudizi rancorosi accumulatisi nel corso del tempo Flaubert distilla spesso definizioni lapidarie, molto simili alle argute battute di Woody Allen. “Egoismo: Lamentarsi di quello altrui e non vedere il proprio. Napoli: Se parlate con persone colte, dite Partenope. Ambizione: Viene sempre preceduta da folle, escluso il caso in cui venga preceduta da nobile”.
Non esistono solo divertenti collezioni di sciocchezze, ma esistono pure collezioni di saggezza importanti, crogiolo dimenticato d’incandescente materia spirituale. Potrebbero cambiarci la vita o almeno le prospettive, dentro una straordinaria visione della bellezza dell’esistenza nel senso cristiano.
Una carezza costante offerta dall’Eparchia di Lungro in questo periodo difficile sono le conferenze on-line, organizzate dall’Ufficio diocesano per l’ecumenismo. Se interessati alle tematiche ecumeniche, è possibile sollecitare l’acceso alle iniziative. Il relatore di questa settimana, il prof. Valentini, ci ha fatto intravedere i tanti tesori di spiritualità che la nostra tradizione bizantina custodisce da secoli e che restano in qualche modo nascosti. È molto appropriata qui la sentenza latina: “Fugitiva relinquere et aeterna captare!”; se anche voi state cercando d’abbandonare le realtà fuggevoli, cercando di afferrare le eterne, quanto segue può stimolarvi nella vostra personale ricerca della saggezza e della bellezza.
Dal vasto tesoro dell’Oriente cristiano mi limito a segnalare un solo gioiello, chiamato FILOCALIA, letteralmente “amore del bello” nel senso della saggia ricerca di Dio nella preghiera e nel vissuto quotidiano.
Da quando vivo a Vaccarizzo Albanese, sulle colline verdeggianti della Presila greca dove hanno trovato riparo le popolazioni albanesi dopo la caduta di Costantinopoli e dopo la conquista turca dell’Albania, ho avuto modo di ascoltare numerosi aneddoti del passato paesano, alcuni molto simpatici da dove emerge la poliedricità dell’essere umano con le sue stranezze, pulsioni, peccati e virtù. L’appetito intellettuale di Flaubert sarebbe sicuramente stato stuzzicato da tali racconti. Da tutto questo, oltre ad una bella risata, si può ricavare a volte un insegnamento. Se in ogni piccola o grande comunità del mondo ci fosse qualcuno ad annotare con intelligenza le esperienze più diverse mettendole in una luce pedagogica, questi scritti potrebbero diventare un serbatoio di saggezza popolare non solo orale, dove attingere oltre il passare delle generazioni. Allo stesso modo, però al livello spirituale più alto ed eminente, fecero i monaci del monte Athos, annotando le loro esperienze mistiche, principalmente nel rapporto con Dio, ma anche descrivendo fatti quotidiani letti nella luce della fede e della loro vocazione. Queste collezioni di scritti che possono risalire fino al XII sec. (sono custoditi in quei bei monasteri del Monte Athos) furono ad un certo punto raccolte e stampate a Venezia nel 1782 con il titolo di FILOCALIA. Prima di loro lo fecero nel IV sec. San Basilio e San Gregorio che, in ritiro presso la tenuta di Ponto, compilarono parti considerate significative dagli scritti di Origene, ma di quella prima Filocalia ci resta purtroppo solo qualche frammento.
Quel capolavoro di ogni teandrico “amante della bellezza” stampato in terra veneta, raccoglie nei suoi volumi il fiore del pensiero ascetico e mistico del monachesimo originario. Un lavoro sobrio, durevole, edificante.
La FILOCALIA viene poi tradotto in lingua slava da Paisie monaco, in terra romena, nel monastero di Neamț. Da quando entrò nella lingua slava, nel circuito “russo”, l’importanza e l’interesse per questa saggezza spirituale e mistica esplose. Ormai famoso quale testo che introduce alla spiritualità orientale, “Il pellegrino russo”, attinge alla Filocalia e apre un altro grande tema, quello dell’esicasmo che è il metodo di preghiera bizantina chiamata la preghiera del cuore, straordinariamente potente a connettere l’uomo con Dio. Per la verità anche in Occidente, specialmente con Pascal, s’insiste sul cuore, sull’intelligenza del cuore, riferendosi proprio all’idea delle Sacre Scritture, nelle quali il cuore rappresenta il baricentro intellettuale e morale della persona, nonché il ricettacolo della grazia.
Successivamente, ogni traduzione della FILOCALIA integra altre collezioni; nella mia analogia, vengono aggiunte altre storie di altri paeselli. La Filocalia romena, per esempio, tradotta e compilata dal teologo ortodosso Stăniloaie, è arrivata a 12 volumi, perché lui ha continuato a scovare altre collezioni antiche di vari monasteri bizantini. Scriveva padre Stăniloaie: “la Filocalia è molto apprezzata da molti cristiani e soprattutto da molti monaci. In effetti, mostra all’uomo non solo un insegnamento teorico, ma anche un modello di vita, il modo in cui un vero cristiano e soprattutto un vero monaco dovrebbero vivere, ad un livello superiore “.
La traduzione italiana segue fedelmente la storica versione pubblicata a Venezia.
Di solito i contenuti di fede in Oriente non sono formulati in senso scolastico ma affiorano dal vissuto quotidiano. Il Dio nascosto di Pascal si rivela a chi lo cerca con fede. Dalle pagine della Filocalia, San Marco l’Asceta avverte: “la talpa che striscia sotto terra, essendo cieca, non può vedere le stelle; allo stesso modo a chi manca la fede, i segni di Dio nel creato non sono evidenti e difficilmente crederà poi alle realtà divine invisibili”.
Cito dalla memoria un altro esempio filocalico insieme simpatico e profondo.
Si dice che ad un tale monaco Giovanni Nano, ritenuto dagli altri ingenuo, fu ordinato di piantare un bastone e innaffiarlo tutti i giorni, sebbene la fontana stesse a 30 km. Durante tre lunghi anni, andò tutti i santi giorni, col freddo o nella calura, a innaffiarlo. Dopo di che, improvvisamente il bastone fiorì e produsse copiosi frutti. Tutti i confratelli si riunirono sbalorditi davanti all’impossibile miracolo. Il monaco anziano e saggio del gruppo, l’Avva, raccolse e distribuì a tutti, a piene mani, dicendo: mangiate, questi sono i frutti dell’obbedienza.
Riflettendo ora sul nostro tempo, la pandemia cambia la prospettiva comune dell’uomo.
La polifonia dell’esistenza è suscettibile di più letture da parte di uno spirito accorto. Dostoevskij espone magnificamente questa teoria: “Il cristiano autentico è partecipe contemporaneamente dei due mondi, questo di laggiù e quello di lassù. L’uomo sano è anzitutto un uomo di quaggiù. Non appena si ammala, non appena in lui si guasta l’ordine terrestre, inizia subito a manifestarsi la vicinanza di un altro mondo…cosicché se l’uomo muore davvero, passa senza difficoltà nell’altro mondo”. Un mio amico, cappellano in un ospedale Covid a Torino, mi racconta la sete di Dio, la preghiera intensa, le benedizioni chieste ardentemente dai malati in quei reparti così temibilmente affollati in cui pero ognuno torna a sentirsi, come mai prima, solo, la fragile canna al vento di Pascal.
È utile ricordare a questo proposito la concezione del male in San Gregorio di Nissa: “il sonno suscitato nella mente dai sogni menzogneri della grandezza, del possesso, dei piaceri, di tutto ciò che è follemente desiderato dagli uomini… Tutte queste cose crollano davanti alla natura effimera delle cose…”. In questo gioco d’inganno gigantesco l’uomo è contemporaneamente attore e autore.
Quando ci si ammala, le cose che sembravano importati, diventano improvvisamente insignificanti perché l’uomo cambia il piano della sua esistenza. Non è più così importante la marca del telefonino e tutti gli altri futili desideri mondani. Tali oggetti e desideri materiali traggono la loro esistenza dal nostro apprezzamento come in effetti succede nel mercato virtuale delle criptomonete. Il loro valore non è intrinseco e oggettivo ma risiede nel desiderio altrui di averle. Forse è il caso di scomodare anche Nietzsche per dire che il “risentimento” da lui teorizzato, che tesse la trama del male tra le persone ed è sorgente dell’odio, dell’invidia, dell’inimicizia, del sospetto, del rancore e della vendetta, in un momento come questo della pandemia, dovrebbe non esistere affatto.
La vera sapienza filocalica è l’ascesi, che è l’arte più raffinata di risuscitare. Se gli asceti prendono la morte sul serio e la contemplano senza timore, la guardano in viso, è perché in essa vedono la crisalide cosmica in via di metamorfosi, il seme delle Risurrezione. La Filocalia testimonia la sicurezza trionfale e gioiosa della fede ascetica.
Paradossalmente, la pandemia fa tornare alle cose veramente importanti, quali il rapporto con Dio, la fede e la vita spirituale.
San Simeone il Nuovo Teologo nella Filocalia dà una chiave di lettura molto bella per leggere questi tempi: “Dio è tanto più invisibile quanto più brilla nello spirito” .
I testi raccolti nella Filocalia andrebbero riscoperti. Anche al di là del tempo storico e delle biografie di ciascuno, la nostra anima sta combattendo le stesse identiche battaglie contro i peccati, contro i vizi, contro la disperazione, nella ricerca di Dio. I Padri filocalici ci insegnano come vincere quella lotta per diventare la versione migliore di noi stessi.
Papàs Elia Hagi, parroco di Vaccarizzo Albanese