Date a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare. CHI disse ciò, lungi dal voler mischiare il sacro con il laico (mi si permetta di modificare il noto detto), affermò un grande principio valevole anche per la buona amministrazione della cosa pubblica. E’ può venir altresì in tal modo interpretato: Cesare, non può pretendere quanto esso non dà ai suoi sudditi.
Nella realtà odierna Cesare è lo Stato e le Amministrazioni periferiche che dovrebbero garantire servizi ai cittadini (Cesare che dona) e i cittadini per gratitudine dovrebbero ridare a Cesare, attraverso il pagamento delle imposte, ciò che a Cesare appartiene, ossia la moneta, affinché Cesare possa nuovamente ridare. Non è questa la sede per discutere di signoraggio, altrimenti il discorso prenderebbe altre pieghe e diverrebbe oltretutto noioso e poco interessante ai più.
Purtroppo si può constatare che il Cesare italiano chiede e pretende e nulla o poco dona ai suoi sudditi. E sovente con artifizi giuridico-contabili chiede a chi non ha o possiede poco di svenarsi per il bene comune mentre non aggredisce la ricchezza vera e concede benefici a chi elude o trasgredisce le regole volontariamente..
Si chiara una cosa, che la ricchezza non è un male e va salvaguardata, tutelata e promossa e soprattutto la ricchezza è un valore quando questa non viene ottenuta con il sudore e sul sangue degli ultimi e degli indifesi.
I nostri Padri Costituenti, persone lungimiranti e di grande intelletto, posero nella nostra Carta Fondamentale il principio della progressività nell’imposizione fiscale in modo tale che chi ha paghi per quanto possiede e chi non ha non paghi nulla. Logicamente il Cesare italiano avrebbe il dovere di offrire i servizi e allo stesso tempo rimuovere le cause che impediscono ai cittadini meno abbienti di diventare “ricchi” così che essi possano sempre più contribuire alle necessita dello Stato e in futuro essi stessi diverrebbero anche sostenitori del welfare state e non solo fruitori. Un circolo virtuoso di ascesa sociale che non si vuole per nulla innescare.
Ritornando a quanto espresso nel titolo di questa breve riflessione, poniamo ora l’accento su tre casi concreti: quello di un imprenditore serio ed onesto, di una famiglia monoreddito, di un pensionato.
E’ giusto che l’imprenditore debba pagare un’enormità di tasse e sia costretto a scegliere tra mandare avanti l’azienda, e dar la mercede ai suoi collaboratori, o dare il dovuto allo Stato il quale però poco o nulla dà in cambio, costringendo a chiudere l’azienda e mettendo sulla strada le famiglie dei collaboratori? In più la chiusura di un’azienda produce anche un aumento di costi sociali che non sempre il Cesare italiano sa quantificare in anticipo. Da dire poi che in Italia grandissime aziende vanno a delocalizzare oppure spostano le sedi fiscali e legali in altri Paesi in barba a ogni regola di buon senso patriottico-nazionalistico e con il nihil obstat dei governi.
Altro caso. E’ giusto che un padre di famiglia sia costretto a negare il necessario al suo nucleo familiare perché deve sborsare cifre considerevoli per il pagamento dei tributi, mentre il Cesare italiano non concede nemmeno la mensa gratis e/o il trasporto pubblico gratuito?
E’ giusto che un pensionato che prende circa 500 euro al mese deve scegliere se mangiare, pagare i consumi di luce e gas o pagare i tributi?
Logicamente qui si deve far riferimento a situazioni certificabili, non a chi ha tesori nascosti di centinaia di migliaia di euro.
Si guarda spesso alle realtà del nord Europa (forse per alcune cose il cervello ha bisogno del freddo più che di temperature miti e gradevoli per funzionare meglio!) ma si ha poco chiara una cosa, la classe dirigente italiana lo sa ma fa finta di non saperlo: in quei Paesi sono “contenti” di pagare le tasse e lo sono anche i ceti più abbienti e gli imprenditori seri. Non sarà mica un caso se esiste una relazione positiva tra qualità della vita, servizi offerti, tributi pagati e una classe politica che è ammirata e amata.
E’ risaputo che alcune Nazioni hanno persino acquistato le liste di chi ha esportato illegalmente i capitali all’estero e facendo pagare multe salate agli interessati, mentre nel Bel Paese, bello per pochi o pochissimi, è stato concessa la “pena” del 5 per cento sul rientro dei capitali illegalmente detenuti all’estero. E’ molto probabile che molti hanno dichiarato il falso affermando che avevano cifre inferiori sui conti esteri. Solo uno stupido poteva realmente dire la cifra reale e pagare la multa sul tutto. E di certo non erano né sono stupidi.
Secoli fa un umile frate calabrese al cospetto del Re di Napoli ebbe a dire quando gli vennero offerte molte monete d’oro:”Sire, in queste monete vi è il sangue dei vostri sudditi oppressi”. Ne prese una, la spezzò e ne usci del sangue.
Un illustre Presidente statunitense ebbe ad affermare in una occasione: “ Una società libera che non è in grado di aiutare i molti che sono poveri non riuscirà mai a salvare i pochi che sono ricchi”.
Non conosco la risposta esatta ai tre quesiti di cui sopra, ma ho una mia idea. Anche perché si dovrebbe dire cosa è giusto in modo universale. Giusto potrebbe essere per esempio eliminare le disuguaglianze…lo dice anche la Costituzione!
E’ doveroso non sempre chiedere allo Stato cosa esso fa per i cittadini, ma cosa i cittadini fanno per esso. Ma bisogna anche porsi l’interrogativo: “Cosa fa lo Stato per i cittadini affinché essi possano fare qualcosa per esso?
Salvatore Drago
Iscritto Partito Democratico