La Chiesa ricorda i Santi nel giorno della loro morte, perché allora Essi ritornano alla Casa del Padre, perciò ricorda San Francesco di Paola il 2 aprile, giorno della sua morte avvenuta a Tours, in Francia, il 2 aprile 1507: aveva 91 anni essendo nato a Paola (CS) il 27 marzo 1416. In tanti paesi San Francesco si festeggia anche in altre date che vengono ricordate per fatti in cui si è riscontrata la protezione miracolosa del Santo. A Vaccarizzo Albanese (CS) la devozione per San Francesco di Paola è grande: Egli viene festeggiato il 2 aprile, l’ultima domenica di aprile e l’ultima domenica di luglio.
Quest’ultima è una festa istituita di recente per dare modo agli emigrati, rientrati in paese in questo periodo, per le ferie estive, di onorare il grande Santo calabrese. Un tempo, il 2 aprile, oltre alle cerimonie religiose, si svolgeva pure la fiera lungo tutta via San Nicola, e vi si vendeva di tutto. L’ultima domenica di aprile si svolge ancora una festa molto suggestiva: all’imbrunire, la statua del Santo, a figura intera, viene portata in processione per le vie principali del paese con l’accompagnamento della banda musicale, con la fiaccolata e, “te sheshet” (nelle piazzette dei vicinati), si accendono grossi falò. Concludono la serata i fuochi d’artificio.
A Vaccarizzo Albanese oltre che nei festeggiamenti, la devozione per il Santo patrono della Calabria e della gente di mare, si manifesta con canti originali in italiano e in albanese; nell’imposizione ai neonati del nome Francesco e Francesca; nelle invocazioni nei momenti difficili della vita per averne aiuto e protezione; spesso, per voto, in seguito a grazia ricevuta, si fa indossare ai bimbi l’abito simile a quello di San Francesco composto da: tonaca, cappuccio, cingolo, bisaccia e bastone.
Unica e particolare a Vaccarizzo è la seguente manifestazione di devozione: ai neonati, portati per la prima volta a casa di parenti e amici, si augura una vita lunga e santa come quella di San Francesco e, dicendo “piak piak si Shin Frangjisku” (vecchio vecchio come San Francesco) si accompagnano le parole con il significativo gesto di tingergli di bianco, con la farina, i capelli e le gote. Riflettendo su questa profonda devozione per il Santo paolano, ritengo che essa risalga al tempo lontano dell’arrivo degli albanesi sulle coste ioniche calabresi, nel golfo di Corigliano, dopo il 1468, anno della morte di Skanderbek e alla conseguente invasione turca dell’Albania. In seguito a questi avvenimenti, molti albanesi, non volendo sottostare al modello di vita, alla cultura e alla religione imposta dall’invasore, preferirono lasciare la Patria e venire nell’amica Italia meridionale.
Accolti favorevolmente dal principe Sanseverino, feudatario del luogo, furono dislocati sulle ultime propaggini collinari della Sila Greca per ripopolare i villaggi distrutti dalle calamità naturali e per dissodare le terre dei grandi proprietari terrieri in difficoltà per mancanza di manodopera e, quindi, per rimpinguare le loro finanze dissestate. Essi desideravano solo una buona possibilità di sopravvivenza però, qui, erano malvisti e angariati dalle popolazioni circostanti. Dopo pochi anni dal loro arrivo, nel 1475 arrivò pure, nella vicina Corigliano, e vi dimorò fino al 1477, frate Francesco, preceduto dalla fama di uomo santo e di taumaturgo, chiamato con insistenza dal principe Sanseverino.
A Corigliano il santo frate fece opere grandiose a favore della città e della popolazione ed egli stesso lavorava e predicava il Vangelo sottolineando soprattutto l’esigenza di vivere nel timore di Dio e nell’osservanza dei Comandamenti. Dai paesi vicini accorreva gente di ogni ceto sociale per ascoltarlo e lavorare per lui: nobili, poveri, sofferenti, reietti, “tutti se ne ritornavano lieti e confortati per le parole ricevute”.
E tra questi, io immagino che ci fossero anche i miei antichi compaesani i quali, sentendo parlare del frate che nella vicina Corigliano operava miracoli, raccomandava alla gente di vivere in pace ed esortava i signori ad essere giusti, accorressero a frotte per conoscerlo e, forse, a lavorare per lui, spinti dalla curiosità oltre che dalla fede e per sentire parole di conforto e di speranza. I Vaccarizzioti, riscontrando la continua benevolenza del Santo paolano nei loro confronti, probabilmente da allora, gli tributano, riconoscenti, onori e lodi.
Rosella Librandi Tavernise