30 Marzo 1939.Mussolini visita la Calabria. L’avvenimento,almeno per l’epoca,è clamoroso.I particolari di quel viaggio sono fedelmente riportati nel Diario di Mussolini,con rigorosa precisione cronologica e topografica,da far ritenere,almeno per il viaggio in Calabria,estremamente autentico quel diario.
Viaggiando tutta la notte in treno,all’alba arriva a Paola,da dove si fa condurre a Belmonte Calabro per rendere omaggio alla tomba monumentale di Michele Bianchi,il quadrumviro calabrese che fu ministro dei Lavori Pubblici,con qualche beneficio anche per Corigliano: -Scuole elementari di San Francesco (intitolate al suo nome,tuttora leggibile nella lapide di marmo,infissa sulla facciata,sebbene abbia subito un malriuscito tentativo di cancellazione con bianco di calce)
-Ospedale Civile G.Compagna;
-Mattatoio Comunale,modernamente attrezzato;
-Finanziamento acquedotto del Fallistro,importante opera consortile Corigliano-Rossano che,per via dei sopraggiunti eventi bellici,verrà realizzata nei primi anni del dopoguerra;
-Ristrutturazione e utilizzo dell’antico convento di Sant’Antonio,da destinare a Scuola media e liceo,con un affollato Collegio “Garopoli”che ospitò,per molti anni,studenti provenienti anche da molto lontano,soprattutto da Cosenza, oltre che dalla fascia Jonica,poichè Corigliano era sede di un rinomato Liceo Scientifico istituito,già nel1939,sulla spinta modernista che potenziava le scienze.Fu il secondo liceo scientifico,in ordine di tempo,di tutta la Calabria (A Cosenza nacque molto dopo,nel 1949).
-Pavimentazione,in asfalto,del tratto di strada Corigliano-Stazione.Gli unici quattro chilometri,di tutta la S.S 106,che si snoda da Taranto a Reggio Calabria,ad essere passati dal polveroso,quasi sempre sconnesso “macadam”,all’elegante e levigata bitumatura.
E la cosa suscitava l’invidia di tutti i centri di importanza più o meno pari a Corigliano.Chi più si rodeva d’invidia era Rossano.
Ma torniamo al Duce.
Da Belmonte,in macchina,raggiunge Cosenza,a cui dedica tutto l’arco della mattinata,con visita alla recente moderna sede della GIL,dove conciona i giovani avanguardisti,irrigiditi nel presentat-arm ,e poi la cerimonia per l’inaugurazione delle Case Popolari nel quartiere “Panebianco”,appena ultimate,Ritorno in Prefettura,dal cui balcone tiene un applauditissimo discorso ad una folla straripante che scandiva: Du-ce,Du-ce,Du-ce.
Ma la giornata è ancora piena di impegni.Deve visitare Sibari!Crotone e Catanzaro,dove pernotterà. Tutto ciò nella seconda ristretta frazione temporale di quel pomeriggio e sera,di quel 30 marzo. Evidentemente un tempo troppo ristretto (il 31 sarà a Reggio Calabria).
Con instancabile prosieguo,nel primo pomeriggio prende la “littorina” per Sibari,dove si accerta dei meravigliosi risultati dovuti alle opere di “Bonifica della Piana di Sibari”,prima infestata di acquitrini e malaria. Nell’avanzato pomeriggio,a bordo di un treno con locomotiva a vapore, con non più di tre vagoni,incomincia il percorso jonico per raggiungere Crotone e,poi ,Catanzaro.
E Corigliano? Figuriamoci se le autorità politiche locali lasciavano sfuggire la ghiotta occasione di stringere la mano al Duce. Ed il segretario politico del Fascio,Giosuè Donadio,si attivò a far giungere alla Stazione Ferroviaria il più possibile di popolazione e,ovviamente,tutte le scolaresche,in uno sventolio di bandierine tricolori. Io non ero in età scolare (6 anni) però,su quel marciapiedi,c’ero. E lo ricordo,Donadio,con un gran mazzo di rose rosse,a bordo marciapiedi, che voleva realizzare il sogno di una vita:stringere la mano al Duce.
Ma così non andò.
Quel treno,con i tempi ristretti,non avrebbe mai potuto fermarsi a Corigliano, visti i numerosi impegni istituzionali che rientravano nel programma di quel viaggio.Ero,anch’io, in prima fila.
Quel treno,avvicinandosi alla stazione,cominciò a rallentare,alimentando la gioia dei presenti che ritenevano quel rallentamento un preludio alla fermata. E,invece,fu un rallentamento per dare al Duce la possibilità di affacciarsi al finestrino e salutare la folla con un impeccabile saluto romano,a mano tesa. Quella mano,quella che molti avrebbero voluto stringere,si limitò al saluto. Donadio restò di ghiaccio.
Lo ritenne un insuccesso personale,un disconoscimento della sua dedizione e,colto da un attimo di stizza,gettò violentemente quel mazzo di rose trai binari,mentre il treno,ritmicamente sbuffando,cominciava ad accelerare.
Nonostante tutto,l’episodio non fu proprio da dimenticare,in quanto,nel Diario di Mussolini,a proposito del passaggio a Corigliano,leggiamo:
A CORIGLIANO DOVIZIA DI ARANCI.
A cosa si riferiva?Agli agrumeti che,già allora,fiancheggiavano la ferrovia. In contrada LOSINA,proprio là dove il treno cominciò ad accelerare. Ad ogni buon conto,CORIGLIANO,almeno,rientrò in una pagina di Storia. Come fu mesto quel rientro.E già qualcuno cominciò a spargere veleni insinuando che i servizi segreti dell’OVRA,istigati dai rossanesi,avevano proibito la fermata a Corigliano,”covo di sovversivi” che potevano attentare alla vita del Duce,suggerendo,piuttosto,una sosta nella più “calma”Rossano. Ma così non fu,perchè a Rossano,quel treno,nemmeno rallentò.
E Mussolini fece in tempo a rispettare la rigorosa tabella di marcia,ed essere a Crotone per la posa della prima pietra di “Case Popolari”,e tenere un vigoroso discorso dal podio dell’arengo (vedi foto) che era stato costruito appositamente per l’occasione.
E intanto era già sera.
A Catanzaro arrivò che era buio,ma non mancò il solito bagno di folla.
Ernesto Scura.
P.S. Un avvenimento del genere,che comportava la presenza del Duce,metteva in allarme i sevizi segreti,per cui,in previsione di quella ingombrante presenza, onde scongiurare eventuali attentati,la Milizia fascista (MVSN) procedeva al fermo cautelativo dei più noti sovversivi.I quali,poverini,a Corigliano,erano sempre gli stessi quattro o cinque vecchi innocui socialisti:
Caputo, Mazziotti,Cocola, Berardi…
In quella occasione furono condotti,per tutto l’arco della giornata,nella sede della MVSN.
Il Berardi,che gestiva un panificio a Schiavonea,fu prelevato con una vettura da noleggio,messa a disposizione da mio padre,su richiesta delle autorità.
E mio padre,maliziosamente,a chi affidò la guida della vettura? Ad Ercole Cicero che,poi,era il genero di Berardi. Più di una retata,sembrava una scampagnata tra parenti. Ed Ercole,giunto al panificio,:”papà,andiamo?”.
Ed il buon vecchio,canuto,si rassettò e,con altezzosa ostentata dignità, prese posto in vettura,accanto al conducente,senza rispettare la norma di polizia che avrebbe voluto il “prigioniero”seduto dietro,tra i militi. In fondo,fu una splendida occasione,per lui,di poter scambiare due parole con i vecchi “compagni”.