Lo scenario politico è alquanto triste, più di quanto possa sembrare. Un’Amministrazione comunale apatica e tarata nei propri limiti e che mostra, ogni giorno di più che passa, una certa mancanza di idee, di dinamicità; senza alcuna prospettiva ideale e reale propria e da perseguire. Sarà pure una impressione, ma a guardare quello che avviene realmente in città, o che ogni giorno si afferma come copia del giorno prima, cioè tutto dominato dal libero degrado e improntato al disservizio o, nelle migliori delle ipotesi, al mero intervento di facciata che ha soltanto l’efficacia del momento e quindi di sancire il principio del “tirare a campare”.
Per non parlare del Sindaco poi, che doveva essere il paladino della trasparenza, oltre che della rinascita di Corigliano e invece sta procedendo solo col compiere nomine, dando incarichi, elargendo “posti” e prebende, stipulando contratti a “collaboratori esterni”.
Ma se questa è la realtà amministrativa che vige e regna incontrastata in città, di quella più politica, o, meglio ancora, quella relativa ai Partiti e i Movimenti che la costituiscono meglio stendere un velo pietoso. Se qualcuno ha detto, come verosimilmente è stato detto ovvero che questo è il peggior consiglio comunale della storia di Corigliano, non meravigliamoci, non ha detto una bugia.
Non potrebbe essere altrimenti, visto quello che succede nei consigli comunali, considerato cosa (non) esprimono i singoli consiglieri comunali. Per non parlare poi dell’opportunismo che lo anima, dell’egoismo e della bramosia di potere e di visibilità che anima molti di coloro che lo animano. Si affermano questi concetti, qui, non in maniera pregiudizievole, poiché si affermano dopo tanti e tanti mesi che si è osservato ciò che succede nel “dibattito” politico-istituzionale, che trova (o così dovrebbe) il suo fulcro proprio in Consiglio comunale.
A dire che tutti ci credevamo, in una nuova stagione politica volta alla trasparenza e al “dovere” civico prima ancora che politico-istituzionale, invece niente. La politica in questa città è morta, non è mossa da spirito patriottico, non è animata da passione civile, non è sospinta da ideali e “cultura politica”. Niente. Si vive e si va avanti in nome del proprio “egoismo”, della propria autoreferenzialità. Il silenzio è il motto del nostro capitano. Ma il silenzio per una comunità civile e democratica non è un “comportamento” edificante né è rispettoso dei principi basilari della convivenza civile e quindi comunitaria.
E’ veramente triste vedere e assistere poi al “festival” dell’ipocrisia, così com’è avvenuto nell’ultimo consiglio comunale, dove qualcuno si finge di essere moralizzatore e al contempo anche salvatore della patria, forse anche insostituibile, lanciando e offrendo alle Minoranze la condivisione del “patto” . Una brutta parola questa. Qualcosa che sa di promiscuità, di spartizione e quindi di inciviltà. Qualcuno l’ha codificato come “inciucio”, la verità che resta è che hanno “azzerato” le responsabilità.
Ecco eccetto pochi consiglieri comunali della opposizione, qualcuno che le canta, che le dice le cose come stanno senza timore di “sbagliare”, senza paura di essere irriverente nei confronti della regola del silenzio che vige ed aleggia in quelle stanze del ‘potere’.
Allora il consiglio comunale si riappropri della propria dignità politica, di studiare e di mostrare ‘attaccamento’ alla città e di svolgere fino in fono il proprio compito, senza scendere a compromessi, senza chiudere l’occhietto.
Il modello di consigliere della maggioranza è incarnata dai loro capigruppi, dove due su tre di questi sono i capigruppi di loro stessi, in quanto espressione e portavoce non di più consiglieri (ossia di un gruppo) ma appunto di se stessi. In quanto il capogruppo Turano, così come il capogruppo Dardano sono stati eletti nella stessa lista (Città Virtuosa), e quindi, probabilmente per avere un po’ di visibilità politica e un pennacchio da ‘agitare’ da vessillo, hanno deciso di scorporarsi e di dare vita a due gruppi consiliari distinti e separati. Col risultato, oltre alle ‘vanità’ politiche dei diretti interessati, di un aggravio di spese e di costi in più per la pubblica amministrazione.