L’Associazione Agorà, in quanto promotrice della richiesta di Consiglio Comunale aperto sul problema della gestione rifiuti, sottoscrive in toto la posizione di alcuni Consiglieri comunali di Opposizione. Durante i diversi incontri con gli stessi, più volte abbiamo messo in luce le grandi ambiguità contenute nel Bando Regionale per l’affidamento del servizio di accettazione, imballaggio, stoccaggio temporaneo, carico, trasporto, recupero e/o smaltimento in ambito internazionale dei rifiuti: prima tra tutte la finestra temporale lasciata aperta.
Si parla infatti di un terribile piano straordinario che dovrebbe vedere circolare tra Bucita e Corigliano circa 750 tonnelate di rifiuti al giorno per un anno… prorogabili però di 6 mesi in 6 mesi.
Conosciamo ormai molto bene questo giochetto e non possiamo più permetterci di avallarlo: il Bando Regionale va bloccato e rivisto, fosse solo per questa scellerata possibilità di proroga.
Come volevasi dimostrare: a trasformare la paranoia in ragionevole sospetto arriva oggi un articolo sul Quotidiano della Calabria che, senza troppo rumore, riporta: “L’avvio dei lavori degli impianti comporta tempo: due anni. Che è il periodo in cui i rifiuti dovrebbero in teoria finire all’estero, mentre si creano altri impianti si risistemano quelli esistenti e si realizza l’anello mancante della catena, ovvero l’impianto di Bisignano, nel cosentino”
Se il Sindaco Geraci e l’Amministrazione voglio continuare a fare muro di gomma, a far finta di non capire che nulla di serio si sta programmando per questa problematica (basta leggere con un po’ di attenzione le Linee Guida per il Piano Rifiuti), facciano pure: qui però potrebbe essere usati davvero nel peggiore dei modi 180 milioni di euro in due anni.
Non è più possibile avere tentennamenti: il Bando va rivisto e chi non si adopra per questo, Amministrazione Comunale, Maggioranza ed Opposizione, domani si assumerà le conseguenze di questa ennesima impotenza politica ormai devastante per la sibaritide.
Bene fanno gli amici di Bucita e coloro che nel nostro territorio si stanno attivando per frapporre i propri corpi a cotanta miseria politica: si chiama resistenza passiva e non violenta.
Si chiama disobbedienza civile, perché come diceva Don Milani: “In alcuni casi l’obbedienza non è una virtù, ma la più pericolosa delle tentazioni”.