Il cuore di una piccola bambina si ferma, il cuore di una piccola creatura di appena 5 mesi. Le urla della mamma al pronto soccorso, un dolore indescrivibile, per quella donna di appena 20 anni. Accade a Sondrio, 1.180 km di distanza da Corigliano Rossano. Potrebbe essere una storia triste, come tante, ma c’è un elemento importante, purtroppo, il colore della pelle della vittima e di sua madre e il fastidio della gente al pronto soccorso per quelle grida.
“Tanto- questo dolore- non può essere così grande visto che gli africani fanno un figlio all’anno.” “Perdere per loro un figlio non è la stessa cosa”. “Urla? Sarà un rito satanico, tribale, che fastidio, mettetela a tacere quella scimmia”. Mi vergogno di essere umano e di vivere in questo paese che giudica la salute dei suoi figli sul colore della pelle. E’ successo a Sondrio, poteva succedere anche qui, da noi. Forse, dalle nostre parti, è ancora rimasta l’umanità, la Carità, che va al di là della religione, del colore della pelle, che si chiama “umanità”. Noi del sud, noi calabresi, conosciamo troppo bene la sofferenza. Non si può permettere più una violenza simile, davanti la morte, davanti quel mistero così terribile, esiste solo comprensione che va al di là di tutto. Restiamo umani, amici di Corigliano Rossano, tra tanti problemi, tra tante difficoltà, siamo e saremo sempre la gente dal “Cor Bonum”, la città di Francesco e Nilo, del profumo di zagara e liquirizia. Esiste un solo colore, quello del “cuore”.
francesco caputo