Ad ottobre del 1949 avevo superato gli esami di riparazione nel Liceo Scientifico di Corigliano,esami ai quali ero ormai assuefatto,non facendo parte della fortunata “nomenklatura”, la casta a cui non si negava,mai,una promozione a Giugno. Pochi “fessi”,come me,erano condannati a quello stanco rito riparatorio che,se sgarravi,ti obbligava a ripetere l’anno. Leonardo,che era un anno più avanti di me,aveva subito, anche lui,l’onta di quell’affronto.
Leccandoci le ferite ci raccontavamo le rispettive angherie subite,finchè,un giorno,Leonardo mi sottopose un dépliant di un collegio di Salerno con annesso Liceo Scientifico,anche se parificato,come il nostro,del resto. Fummo colti,entrambi,da un raptus di evasione,e decidemmo di trasferirci pur di evitare la “penitenza” che ci veniva inflitta puntualmente,ogni anno.
Ci imbarcammo nella nuova avventura.Il Collegio si chiamava “Colautti”.Ma appena insediati,scoprimmo che l’annesso Liceo Scientifico,che avevano millantato come “parificato”,in effetti era una scuola privata che ci avrebbe costretti,a fine anno,a dover affrontare,come privatisti,gli esami,a Giugno,presso un Liceo Statale.Una vera e propria “truffa napoletana “.
Era cioè uno dei tanti “diplomifici”,come me ce ne sono ancora, che ti facevano recuperare gli anni persi per decorse bocciature, magari con contributi extra in moneta sonante.
Eravamo caduti dalla padella nella brace.Facemmo appena in tempo a far trasmettere la nostra documentazione al Liceo Scientifico Statale di Salerno che,per fortuna,ci poteva ancora accogliere in quanto,quell’anno,il Provveditorato agli Studi di Salerno,non so per quali motivi,ritardò l’apertura delle scuole. Frequentai per un mese e mezzo,l’inizio del terzo anno,fino alle vacanze di Natale,avendo modo di constatare la serietà e la preparazione dei docenti,tutti titolari di cattedra di alto livello.
Ma la vita,in quel collegio,si rivelò subito una tragica sofferenza per le carenze alimentari,assimilabili a quelle di un …lager. Modeste o scarse razioni di legumi,prive di condimento e, per secondo,spesso,polpette che altro non erano se non un impasto dei resti del nostro stesso pane,senza ombra di carne.
Gli altri collegianti,perlopiù provenienti dall’hinterland di Salerno,ogni fine settimana si recavano alle loro case e,il lunedì,tornavano ben forniti di vettovaglie e…sopravvivevano. Ricordo che io e Leonardo,io in particolare,piu robusto e perciò più bisognoso di cibo,eravamo ridotti due pallidi cenci.
Il pomeriggio,ci consentivano l’acquisto di una michetta di pane con una leccatina di marmellata,preparata dalla stessa cucina del collegio,ma che non leniva affatto la nostra fame. Sembrava di vivere ancora nelle ristrettezze della guerra.
Tornati a case per le vacanze,eravamo magri e irriconoscibili e,per fortuna,i nostri genitori ci vietarono di ritornare in collegio. In conseguenza di questa decisione,fummo costretti a dover ritornare al Liceo di Corigliano,scornati e con la coda tra le gambe,ad affrontare la vendetta dei docenti che ritenevano un grave affronto personale la nostra scelta di …”espatriare”. Percepii sin dal primo momento un tangibile aumento del loro astio nei miei confronti.
In Gennaio “subimmo” la visita di un ispettore ministeriale. Era una squallida figura di malandato funzionario,vestito in maniera men che modesta,il classico “travet” (allora gli stipendi dei ministeriali,specialmente quelli della Pubblica Istruzione, erano molto magri,ed i funzionari covavano un odio per la società che si andava formando in Italia,orientata a favorire professionalità libera e libertà di iniziativa privata) che attribuiva alla società liberale tutte le sue frustrazioni di “impiegato a stipendio fisso” ovviamente limitato ad un ripetitivo lavoro privo di “coraggiose iniziative” e,più che altro,prive del “rischio”,che sono le vere molle.del progresso tecnologico ed economico.
In seguito ci pensò Fanfani ad apportare miglioramenti degni di altri paesi europei,con adeguati miglioramenti salariali,ma non è da pensare che un Fanfani potesse fare di un travet, anche se responsabile e volenteroso,uno …STEVE JOBS. E guai se un travet pretende di essere adeguato ad un JOBS.
Nell’ora di Italiano mi fece chiamare a conferire su “L’Inferno” di Dante.Mi fece aprire il libro sul 5º Canto,quello di Paolo e Francesca,che io non avevo mai studiato perchè al liceo di Salerno non eravamo ancora giunti al 5º Canto.
Si accanì sui primi versi:
<O animal grazioso e benigno,
noi che tignemmo il mondo di sanguigno> e mi pose la domanda:perchè animal ?
Io rimediai una risposta: perchè essere fornito di anima. E lui,col ghigno di chi sta godendo per la sofferenza che crede di infliggerti infilandoti nel “cul de sac” di una ormai scontata e provocatoria figuraccia…”ad ogni costo”.
Allora se io ti chiamo “animale” tu ti offendi o no? Ed io,per assecondare la sua brama di offendere : “no”. E si sciolse in una lunga soddisfatta risata per poi parlottare col professore di italiano che,subito,pensò bene di prendere le distanze da me,dichiarando che non ero da considerare un suo allievo,in quanto provenivo da altra scuola. Insomma,entrambi,mi mortificarono come un reietto.
Tutt’altra musica all’ora di matematica,in cui si profuse in sperticati elogi ed esaltanti encomi al “più bravo”della classe additandolo,dopo una interrogazione tutta “zucchero e miele”, come un “piccolo”nuovo Einstein,laddove sapevamo che non aveva nulla di più di tutti gli altri,tranne le misere condizioni economiche.
Ma,alla fine,ci rendemmo conto,almeno noi più svegli e più smaliziati,della causa di tanto astio sociale. Il “signor” Ispettore,che aveva passato la notte nell’alloggio del Preside,peraltro anche lui frustrato e carico di odio sociale, aveva attinto notizie su chi erano i “ciucci” e chi erano i “bravi”, i quali ultimi chi erano se non“figli di modesti e poveri artigiani”?
Ed il nostro “più bravo in matematica”,questi requisiti,li aveva tutti e li ostentava,sia ne modo di vestire,che nel linguaggio. Alla fine dell’interrogazione,gli chiese: “tuo padre è calzolaio, è vero?”( ma chi c…gliel’aveva detto,a lui,del papà ciabattino?) La “lezione” serviva a dimostrare che i poveri erano tutti dei “geni”,mentre i “non poveri”,come me,erano tutti …”animali”. E vissero felici e contenti per il resto della vita,sognando il “sol dell’avvenire” che tardò tanto a venire fino alla dissoluzione.
Ernesto SCURA
P.S. Il“più bravo in matematica”,poi,si laureò ,esattamente come me,in ingegneria e,come me,affrontò la professione ma non con i risultati strabilianti che voleva farci credere quel bilioso ispettore. Molto modestamente si imboscò nell’ANAS,con il placet dei socialisti (leggi onorevole Giacomo Mancini).Era diventato, anche lui,un…”travet”.E,negli anni ‘70,deluso,mi confidava: “finora abbiamo visto la “fame” dei democristiani,poi quella dei socialisti.Ora ci tocca vedere dove arriva la “fame” dei …comunisti”.
Non solo.Molto saggiamente,aveva ormai preso le distanze dalla passione politica di quello scellerato ispettore,ma aveva capito ciò che quell’ispettore,accecato dall’odio di classe, non avrebbe mai immaginato:
Sia i “cretini” che i “super dotati” il Padreterno li ha equamente ripartiti nei vari ceti sociali e la “miseria” non è assolutamente un merito,come,altrettanto assolutamente,non lo è il “benessere”.
Ernesto SCURA