Periodicamente vanno di moda alcune parole che vengono preferite ad altre, ma la sostanza non cambia. Usare handicap, disagio, diversamente abile, non addolcisce la pillola, non risolve il problema come una panacea, perché le criticità da affrontare sono molteplici e variegate. Queste persone ogni giorno si incontrano e si scontrano con tanti problemi da risolvere, e con difficoltà e sacrifici cercano di vivere dignitosamente.
In questo processo spesso sono coinvolte le famiglie, che ricevono scarsi o inesistenti aiuti dall’esterno. Inizia lo scaricabarile delle responsabilità e il tutto assume una dimensione quasi “privata”, nel senso che la gatta da pelare è tua e ti ci pensi da solo. Arriviamo, così, alla soppressione del trasporto di questi giorni, che rappresenta una delle tante ingiustizie subite. La vita è già matrigna verso queste persone, vogliamo rincarare la dose e renderla impossibile? Tutti abbiamo il dovere di supportarci e aiutarci in una catena d’amore, in primo piano gli enti preposti, che dovrebbero farsi carico dei bisogni della collettività, intervenendo tempestivamente e con maggiori cure dove esistono disagi particolari. La malattia, l’handicap, possono arrivare in qualsiasi momento e tutti possiamo avere bisogno. Non voglio portare iella, semplicemente faccio un discorso realistico. La salute si apprezza quando non si ha e quando si perde. Contribuiamo fattivamente ad alleviare le negatività. Pensiamo e mettiamo in pratica delle iniziative concrete per promuovere il benessere fisico, psichico e sociale di tutti, in particolare di coloro che ne hanno più bisogno.