Duca, Autore, Padre, Saggio… In quanti modi il Sommo Dante indica e si rivolge a Virgilio, prescelta guida per affrontare il viaggio nell’oltretomba. Tutte, comunque, espressioni di un comune sentire: incondizionata fiducia e ammirazione per il Vate.
A livello terreno, e dalle nostre parti, in tanti utilizzano termini differenti per definire colui il quale è ritenuto prezioso punto di riferimento umano e culturale: il professore Giuseppe De Rosis. Bussola per intere generazioni di alunni, famiglie, colleghi, nonché concittadini animati dal desiderio d’apprendere, comprendere, approfondire materie di studio o piuttosto di volontà di vivere e condividere il proprio tempo.
L’erudizione come stile di vita, De Rosis, che alla stregua di Virgilio nel mondo classico è considerato onnisciente nella città e nel territorio dove, per decenni, ha insegnato negli Istituti pubblici con fervida passione. Una “missione”, la sua, che non conosce sosta e prosegue, imperturbabile a qualsivoglia affanno, con l’attività di promotore d’iniziative culturali di prestigio nelle vesti di guida dell’associazione “Gli Amici dell’Arte”, costituita da donne e uomini che hanno a cuore le sorti della crescita della comunità.
È una “anomalia”, il professore De Rosis, nel suo campo. Spicca di luce propria senza mai voler inficiare quelle altrui, non antepone le sue doti di competente docente e formatore di coscienze alle legittime aspettative del gruppo, non fa a spintoni per presentare un suo libro, una sua poesia, una sua qualsivoglia opera dell’ingegno. Tutt’altro. De Rosis si fa “in quattro” per organizzare al meglio, dopo accurate fasi di studio e ricerca, le “creazioni” degli altri, di quanti si affidano a lui con reverenziale stima e unanime fiducia.
Mai una parola di plauso per se stesso, né per suoi congiunti. In lui vige il “noi” e giammai l’“io”. Queste le sue virtù che lo rendono ancor più “grande” in mezzo a tanti “piccoli”, concedendo a tentativi d’emulazione e sterili critiche l’importanza che si confà alle banalità di frustanti rappresaglie.
Sensibilità, modestia, altruismo, generosità, ironia, confronto permanente e capacità d’ascolto, costante ricerca dell’incontro perché, nel suo agire, convive l’importanza del fisico contatto con l’empatia che si genera anche a distanza. Conosce la Commedia dantesca (e non solo) come le sue tasche e, con lui, anche gli abissi degli inferi diventano “paradisiaci” per le parole impiegate come gemme intrecciate in una collana di voci ed emozioni ricca di pathos.
C’è sempre per tutti, con conforto e discrezione. Stupisce per atti di lealtà e dedizione verso il prossimo, non dà nulla per dovuto e niente chiede per sé. È per tanti concittadini divenuto una sorta di nume tutelare, perché coltiva il dono della purezza e lo fa senza infingimenti né retorica. È semplicemente Giuseppe De Rosis, faro di cultura e luce d’umiltà.
FABIO PISTOIA