Difficile è per noi dire le parole giuste.
Semplicemente perché risulta ardua un’operazione che fallisce in partenza: separare l’uomo dal professionista, dall’amico, dal compagno di viaggio, dal fratello. Angelo per molti di noi era tutto questo: intanto un Uomo. Antico, come amava ripetere spesso. Consapevole di un suo modo di essere che mal si coniugava con un mondo veloce ed esigente di numeri e valori con tanti zeri.
Nella scuola era maestro ma non solo con e dei bambini. Nel suo modo di vedere la scuola anticipava in tempi non sospetti il fare dell’insegnante che non si racchiude nelle pareti di un’aula, ma apporta il suo contributo all’organizzazione di un servizio complesso come quello educativo. Per questa sua visione era chiamato dai colleghi a rappresentarli nella gestione, consolidando un saper fare che in seguito è stato confermato dai dirigenti, quando la scelta è ricaduta su di loro.
Compito portato avanti con le peculiarità che lo rappresentavano: la disponibilità all’ascolto, all’aiuto, a trovare una soluzione giusta per ognuno. Per questo da lui molti andavano. E per questo lui era li, al suo posto che si connotava con le cifre maiuscole di un fare mai impiegatizio ma sempre pennellato dal suo essere Persona. Dal sapersi relazionare con gli altri, percependoli nel loro essere Persona. Che si trattasse di un collega di lavoro, di un genitore, di un utente generico era lui, era così, …..a volte sconcertante per il suo farsi in quattro pur di mostrare il volto buono dello Stato.
Confermando quanto auspicato dal Presidente Mattarella nel suo discorso di insediamento. “Per la nostra gente – ha detto il Presidente- il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l’ ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo.”
Ebbene, nel suo lungo operato di uomo di scuola si è davvero riflesso, con fiducia, il volto di chi lo ha incontrato: il volto spensierato dei bambini, quello curioso dei ragazzi, dei colleghi di lavoro. Una condotta specchiata la sua, in chi dona con generosità il proprio tempo agli altri.
Auspicando, dalla cattedra o dalla scrivania, che il popolo anche per questo e proprio cominciando dalla scuola, possa sentirsi davvero comunità in cammino, con una nuova speranza verso un futuro di serenità e di pace.
Una vita “appassionata” la sua. Come è quella di chi non sta a guardare il mondo ma lo segna con il suo contributo di uomo e di cittadino, mai stanco di sperare. Un onesto non certamente silenzioso, che con i fatti belli e brutti di questo martoriato territorio non ha mai fatto né patti, né mai pace.
Un maestro che, come chi sceglie questa professione, spera quanto e come l’educazione e l’insegnamento possano segnare il riscatto dei popoli. Una dimensione, questa, smarrita da quando si è voluto che la scuola sia protesa sui risultati di una società tecnica e competitiva. E lui, in questo tipo di scuola non ritrovava più gli itinerari di senso che appartengono a chi crede nell’uomo e solo nell’uomo come misura di tutte le cose.
Un uomo di altri tempi, insomma. Che molti di noi non vedevano da tempo e che tuttavia sapevano che c’era.
E oggi un senso di vuoto circonda quanti, nel suo modo di essere, si sono riconosciuti e confortati, in mezzo alle pulsazioni di un mondo denso e mobile allo stesso tempo.
E, “Ora che tutto è finito”, questo silenzio stenta a trovare un senso.
Fosse pure silenzio inespresso di grazia, affine a quell’essenzialità che resta invisibile agli occhi.
Con queste parole noi ti salutiamo caro Angelo. E da piccoli uomini e donne quali siamo, assumiamo l’impegno di continuare ad alimentare la tua passione civile dai banchi delle nostre scuole.
Guardando alla scrittura, alla fotografia, al cinema, al teatro quali canali privilegiati per diffondere tra le nuove generazioni l’amore e l’attaccamento per la propria terra.
Istituendo un premio in tuo nome che con cadenza annuale premi i migliori talenti presenti tra gli studenti del nostro territorio.
Un segno per continuare a testimoniare il tuo contributo verso la nostra città. Perché la tua vita possa dirsi non finita ma trasformata.
Un segno. Perché dopo il tempo del dolore e del rimpianto, del vuoto, giunga il tempo della riflessione, quello in cui la notte finisce e la tristezza lascia il posto alla gioia di sapere che sei stato e sei una bellissima eccezione.
Credendo che se “pensare è ringraziare”, ricordare lo è di più, perché ricordare è tenere nel cuore.
Moltiplicando la memoria culturale che ti era tanto cara e che tu rincorrevi per trovare un senso nell’infinito della vita.
A te il privilegio di esservi approdato.
A noi una suggestione in più per continuare a cercare e indagare.
Tramutando in modo profondo l’incontro delle menti in incontro dei cuori. Quelli dei tanti che oggi si rattristano per la tua scomparsa ma infinitamente grati a te e alla Vita per il beneficio di essere stati tuoi amici e colleghi.
Susanna Capalbo
Dirigente Scolastica Ic Erodoto, già Terzo Circolo “Giovanni XXIII”- Corigliano Scalo.