Sdraiato all’ombra d’un variopinto ombrellone, un ragazzino attende, con l’occhietto che vaga tra libro e cellulare, al ripasso di non so che cosa. Tendo l’orecchio, impiccione origliante, ma nulla acchiappo. Con la roba di scuola non ho proprio dimestichezza, avendo insegnato, ma per quarant’anni soltanto, un po’ di greco annacquato alla meglio di noterelle latine. Cosa odo! Nomi strani, incomprensibili frasi. Troppo difficile per me.
Ma cosa fanno studiare? Poveri ragazzi in questa scuola senza cuore! All’improvviso, un qualcosa, che nuovo non m’è: ‘ossimoro’. Sì. Mi par proprio d’averlo sentito, in questa o in un’altra vita. Ossimoro, ossimoro! Ecco, ricordo: ossimoro, un effetto speciale prodotto da due termini di senso contrario, messi insieme. Mi viene a mente la ‘viva morte’ di Petrarca, il ‘silenzio assordante’ di Pirandello e la ‘modestia arrogante’ di Pontiggia, insieme al ‘ghiaccio bollente’ di Dallara. E, d’incanto … un cartello, che sta all’ingresso del paese mio: ‘Città di Corigliano’. Il massimo dell’ossimoro.