Oggi, 2 aprile, festa del nostro Patrono San Francesco di Paola, nell’aria una strana malinconia; un insopportabile silenzio è calato sulla nostra allegra e vivace cittadina, che ama teneramente il Suo Santo Patrono. Nessuna campana a festa, nessun botto per risvegliare la città, nessuna chiesa gremita di fedeli fino all’inverosimile, nessun bimbo che indossa l’abitino votivo. Il cuore dell’intera nostra area è afflitto da questo flagello che ci ha colpiti e che ha cambiato il nostro umore, la nostra gioia di vivere, il nostro entusiasmo, soprattutto in questo giorno di venerazione del nostro Santo protettore.
Ho pensato, perciò, di rivolgere il mio pensiero a San Francesco attraverso un estratto della commedia ‘A vinuta i Francischi a Curghieni’, scritta da mia moglie,Teresa Gallina, in cui San Francesco così risponde alle domande di alcune devote, facendole riflettere sul valore reale della fede.
Maria: Frate, spiegatemi un po’… perché al Signore piace tanto, o meglio, perché gradisce tanto la nostra sofferenza? Perché il Signore permette che sulla Terra tanti bambini innocenti nascano affetti da malattie o soffrano terribilmente a causa di mille altre ingiustizie?
Fra Francesco: Al Signore non piace la nostra sofferenza, ma il nostro amore. Però non c’è amore più grande di quello che non viene meno neanche dinanzi alla sofferenza ed al dolore.
Maria: Come l’amore di Giobbe che non è venuto meno neanche dinanzi a prove tremende?
Fra Francesco: Brava! Come l’amore di Gesù che non si è tirato indietro nemmeno di fronte all’umiliazione ed alla sofferenza della croce. E’ questo l’amore che riscatta l’umanità dai peccati
Fra Giacinto: Chini vo bbeni aru SIgnuri un zaddi mei laminteri: o ghè maleti, o ghè scarsi, o sta murienni iru friddi o si sta squaranni aru suli, si li vo bbeni addaveramenti, addi riri: “Signuri, ti ringrazii quanni sugni abbutti e sazii e quanni sugni rijuni, ti ringrazii ntutti l’uri!”
Fra Francesco: Bravo a Giacinto.
…
Maria: Vi prego, frate. Parlateci ancora della carità.
Fra Francesco: Fratelli, figlioli, la carità non è un sentimento di umana convivenza, di solidarietà verso il proprio simile, ma è il sentimento più alto dell’amore cristiano. La carità non è l’elemosina, pietà verso il fratello che chiede aiuto. La carità è sentire il bisogno di donare amore in ogni modo e forma possibile con la parola, con le nostre forze, con i nostri beni che il Signore giorno per giorno ci concede. Quando il nostro cuore si riempie d’amore, questo trabocca dal nostro essere e diventa carità. Fratelli, vi supplico, ascoltate queste mie umili parole! La carità è come un vestito, come questo mio saio; se voi lo indossate, sentirete una felicità così grande nel vostro cuore che non ve ne vorrete più separare, perché capirete che è l’unico agire umano che vi ripaga, prima sulla terra e poi in cielo, di ogni sacrificio, dandovi una gioia così piena che nessun umano valore vi può dare. Ricordatevi, essa è il motivo vero che ha portato Gesù sulla terra a donare il suo sangue. Essa è il cuore della legge che Gesù è venuto a professare!
…
Fra Francesco: Vi lascio con la mia benedizione ed accora una volta vi raccomando; ricordate! “La legge è scritta nei vostri cuori”. Cercate la verità. Non presentatevi al Signore a mani vuote. Portate la pace nei vostri cuori ed alla fine dei vostri giorni la morte vi sorriderà, perché seguirà la fine di un dono per dare inizio alla nascita di un dono assai più grande. Non dubitate! Il Paradiso esiste” ne parleremo la prossima volta.
TUTTI I PRESENTI: Evviva Frate Francesco!!! Lunga vita a Frate Francesco!!!
Tonino Sosto.