Nei giorni scorsi Il cielo era terso, l’aria limpida, il mare di un azzurro mai visto; la Piana di Sibari appariva in tutta la sua bellezza, e, complice l’imbrunire, i monti della Sila Greca incorniciavano un quadro magico, trapunto sullo sfondo da tanti paesi illuminati e pulsanti di vita.
Viaggiavo lungo la statale 106 Ionica, venivo da Policoro in direzione Corigliano, e viaggiavo con un amico di Roma, mai stato in Calabria, conosciuto in un prestigioso circolo sportivo di Roma Nord, avendo io lavorato per tre anni nella capitale.
Questo amico non era uno sprovveduto: aveva viaggiato in mezzo mondo, aveva frequentato localita‘ turistiche famose, dal Brasile ai Caraibi, dalla Costa azzurra alla Sardegna, da Capri al Mar Rosso, ma quel giorno ebbe quasi una crisi mistica, rimase colpito da quella magica visione; eravamo nel posto giusto, al momento giusto, il sole era da poco tramontato dietro ai monti di San Marco Argentano, quando ad un tratto, all’uscita dalle gallerie di Trebisacce ci apparve uno spettacolo irripetibile: una lunga ma interminabile fila di luci, da Sibari fino quasi a Mirto, testimoniava la presenza di una civilta’ imponente e piena di vita; l’ amico si accorse subito di questa magnifica estensione di colori, di natura, di magia. Con i suoi occhi brilli mi chiese quale citta’ fosse, se era la piu’ grande della Calabria; poi mi disse che certamente aveva un lungomare da record, una economia solida ed un turismo da favola; io risposi di si a tutte le sue domande e, un po’ per non dargli una delusione, un po’ perche volevo sognare anch’io, non dissi mai che quella estensione di luci e quel territorio meraviglioso era diviso in due comuni diversi. Nel mentre ci avvicinavamo a Corigliano, si scorgeva in lontananza la sagoma imponente del castello Ducale, e la linea dei monti silani spiccava in contrasto con il cielo ancora celeste. Cominciai a raccontargli dei baroni e dei briganti, dei monaci del Patire e del codice Purpureo, studiato dai maggiori musei del mondo, e poi dell’antica Sibari, potenza militare, dove i cittadini dormivano su petali di rose, e le donne erano famose per la loro impareggiabile bellezza .
Il mio amico sembrava in estasi, e, come in un sogno , era ormai preda delle nostre storie e dei nostri paesaggi; e non era ancora finita…. il giorno dopo fu a casa mia, a Piana Caruso; dalla terrazza di casa, quando l’aria è tersa, si puo’ vedere chiaramente la catena del Pollino, il golfo di Taranto e mezza Puglia: ebbe modo di ammirare il panorama e per poco non lo dovevo portare al Pronto Soccorso.
Battute a parte, egli mi confido’ che in tutto il mondo da lui visitato non aveva mai ammirato dei panorami cosi suggestivi. Conclusi il mio racconto da Cicerone accennando ai famosi garibaldini Giuseppe Garetti e Luigi Minnicelli, che hanno lottato e dato la loro vita per l’Unita’ d’Italia, oltre 150 anni fa. Allora lui, ancora piu in preda all’entusiasmo, mi disse che certamente anche noi , loro discendenti, siamo un popolo unito e compatto nel mantenere l’unita’ di questo meraviglioso territorio . Che avremmo fatto di tutto per lottare affinche’, come fecero i nostri patrioti del Risorgimento, nulla potesse intaccare questo nostro spirito di unita’ e di salvaguardia del bene comune e di un territorio gia’ di per se unito e pulsante in ogni sua parte. Pensai che, finalmente, qualcuno aveva colto ed apprezzato la bellezza della nostra terra, spesso famosa per altre circostanze negative, e che qualcuno poteva portare fuori un’immagine positiva del nostro essere calabresi e sibariti; pertanto gli risposi ancora di si e, sapendo di mentire, confermai che i nostri cittadini /elettori sono sempre stati uniti nelle scelte che riguardano l’unita’ e la compattezza del nostro territorio. Una terra che nostro Signore e madre natura hanno reso gia’ da secoli unita e coesa in tutte le sue articolazioni, e che, come hanno gia’ fatto i nostri padri in passato, continueremo sempre a difendere per assicurare ai nostri figli un futuro piu’ radioso e piu’ sicuro.
Ernesto Borromeo