Scrivere.
Il dilemma è: scrivo o non scrivo?
Lo scrivo proprio mentre scrivo. Devo continuare a farlo perché le cose importanti non si lasciano a metà.
Già, le cose importanti non si lasciano a metà.
Ma non sempre è così.
S’avverte la necessità interiore di riflettere, di «capire dentro me».
Per decidere se continuare. O se lasciare le cose a metà.
Io sto continuando a scrivere. E sto riflettendo, proprio mentre le mie dita battono sulla tastiera.
Sono rivoluzionariamente ottimista. Il mio rivoluzionario ottimismo. La mia rivoluzionaria positività.
Ho sempre avuto una forte autostima. M’ha sempre dato una rivoluzionaria sicurezza, in tutto.
Conosco il mio rivoluzionario valore. Ne conosco gli effetti collaterali. Da un pò, essi, in battaglia, hanno preso il sopravvento sociale. In una società che da quel rivoluzionario valore ha molto da temere perché vive in un pentolone di disvalori nel quale con tracotanza s’abbuffa.
E’ naturale che dal mio rivoluzionario valore ci si debba assolutamente difendere. Con la violenza del ricatto morale e lo sprezzo verbale.
Perché il valore rivoluzionario della libertà, la libertà vera, la libertà praticata, è pericoloso per una società di servi.
Servi pure i padroni, i padrini e quelli che spadroneggiano, perché possono fare i padroni e i padrini, perché possono spadroneggiare solo e soltanto facendo i servi ad altri padrini e ad altri padroni.
La libertà vera, la libertà praticata, al cospetto d’una società di servi, è molto pericolosa. Soprattutto quando la colpisce facendole male, molto male.
Essa, la società dei servi, a quel punto diventa mille volte più violenta.
Io non la temo. Io continuo a praticare la mia libertà.
Libertad o muerte: me lo ricorda giorno per giorno Ernesto Guevara. E “Il Che” è vivo, “Il Che” vincerà.
Chi mi ama, mi segua.
Le cose importanti non si lasciano a metà.