di Giuseppe Fusaro
Ammissione iniziale: mi piace provocare. Spero di ricevere un sacco di insulti educati nei commenti di questo articolo.
Ammissione iniziale numero due: non capisco nulla né di araldica né di grafica, ed infatti la mia sarà una riflessione concettuale, che non riguarda lo stemma in sé.
Non ho le competenze per dire se le bozze proposte siano adatte oppure meno. Ma ho le competenze, in quanto studente di filosofia, per ragionare sulle sciocchezze, sulle stupidaggini.
Ad esempio, il nome di una città è una stupidaggine, vero? O comunque è qualcosa di secondario rispetto alle vere priorità: fognature, illuminazione, appalti pubblici, ecc.
Ma ve l’ho detto già prima: nelle facoltà di filosofia ci specializziamo a ragionare su quelle cose solitamente ritenute secondarie ma che successivamente si scoprono prioritarie. Le cose superficialmente definite “astratte”.
Il problema non è “quale nome” o “quale stemma”. Il problema è “quale identità” vogliamo dare a questa città, perché che si tratti del nome o dello stemma della città, il problema è sempre quello dello smarrimento d’identità.
Il nome “Corigliano Rossano” non sa di niente, perché è solo una somma. “Corigliano Rossano” non esiste. Stessa dinamica riguarda uno stemma che somma i monumenti o gli stemmi precedenti dei due comuni. Uno stemma del genere non sa di niente. Per creare simbologia nuova (e ne abbiamo bisogno come il pane) dovremmo proprio superare il concetto di dover sommare Corigliano e Rossano. Nel nuovo stemma, vi prego: niente Castello Ducale, niente Pathire, niente Codex, niente Cor Bonum, niente Gigli. Andiamo oltre, per favore, non è vero che la somma è unificante. Uno più uno fa due, non fa uno. Può fare paura gettarsi nella costruzione di nuova identità dovendo accantonare (non abbandonare) i simboli a cui siamo legati, ma bisognerebbe farlo. Questo non significa rinnegare la tradizione, significa rinsaldarla nella progettazione di un orizzonte nuovo. Si chiama progresso. Il progresso è rischioso, ma serve.
Comincio a detestare questa fusione “timida”, laddove a farla da padrone sembrano essere gli anacronistici autonomisti. Abbiamo votato per gettarci in nuovo avventura? E allora bisogna gettarcisi con coraggio. Basta mezze misure.
Immaginate se Lamezia Terme si fosse chiamata “Sambiase Nicastro Sant’Eufemia”.
Immaginate se l’Italia si fosse chiamata “Etruschia Latinia Sicula Lucania Ligure”.
Non mi rivolgo all’amministrazione, mi rivolgo ai cittadini. Città nuova? Nome nuovo, stemma nuovo, futuro nuovo. Vi posso assicurare che questo non cancellerebbe i nostri simboli, le nostre tradizioni, ma ci aiuterebbe anche a trovarne di altri. Come una persona che ad un certo punto della vita si guarda dal di fuori e scopre di avere tante cose inaspettate dentro di sé. Non significa rinnegare se stessi, significa evolversi.
La campagna elettorale sta per arrivare e si porterà con sé mille questioni inutili, perché non includere anche la questione del nome nel dibattito? Pensateci su, io intanto questa Nuova Jonide provo ad immaginarla. Un po’ come i pazzi che immaginavano l’Europa.
Giuseppe Fusaro