Domenica prossima andrò a votare per il referendum e, senza alcuna incertezza, voterò “Sì”.
Non lo farò perché io sia “renziano” o perché ritenga che questa legge di riforma costituzionale sia la migliore possibile.
Lo farò perché questa riforma – pur potendo essere fatta meglio – porterà ad un assetto istituzionale comunque migliore di quello attuale.
Renzi ha “rovinato” questo referendum legandone l’esito a favore del “Sì” alla prosecuzione della sua carriera politica.
E’ stato un errore politico grave, madornale e, forse, fatale perché non v’é chi non veda come questo abbia fatto passare in secondo piano il reale contenuto del quesito referendario.
Perché il referendum, in realtà, ci chiede se vogliamo porre fine al bicameralismo paritario, se vogliamo ridisegnare la ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, se vogliamo ridurre il numero dei senatori e, infine, se vogliano sopprimere il CNEL, e non se amiamo o non amiamo Renzi e il suo governo.
Per decidere il futuro politico di Renzi ci saranno le elezioni politiche.
Riconosco la mia idiosincrasia nei confronti di una certa classe politica preoccupata più delle beghe di partito (o di corrente, come nel caso del PD) che dei reali problemi dei cittadini. Per questa ragione, da qualche tempo, ho smesso di orientare il mio voto sulla base dell’ideologia politica che ho abbracciato sin dall’adolescenza per passare ad una fase più critica: leggo, mi informo, cerco di capire e, se riesco a farmi un’idea chiara, vado a votare.
Questo ha fatto sì che in alcuni casi, come ad esempio in occasione delle ultime consultazioni europee, me ne stessi tranquillamente a casa, stante l’impossibilità, da parte mia, di comprendere quali fossero le reali proposte politiche sottoposte all’attenzione e al giudizio degli elettori.
Con lo stesso atteggiamento mi sono approcciato a questo referendum.
Sono partito dal testo della riforma costituzionale (di seguito un link nel quale poterlo trovare http://www.altalex.com/documents/news/2016/04/13/riforma-costituzionale-il-testo) e, dopo attenta analisi, ho deciso di andare a votare “Sì”.
Sarebbe bello se coloro che hanno deciso di andare a votare “No” lo facessero perché convinti del fatto che l’attuale assetto istituzionale sia migliore di quello che ne deriverebbe se vincesse il “Sì” e non perché Renzi é antipatico.
Sono certo che una parte di coloro che andrà a votare “No” sia scesa nel merito delle questioni contenute nella riforma e abbia deciso di votare “No” perché non consideri corretto il modo in cui la riforma stessa le affronta, ma credo che, purtroppo, una larga parte di coloro che voterà “No” lo farà soltanto per lanciare un messaggio a Renzi e al suo governo.
Per convincersi di questo, basti pensare a Berlusconi e D’Alema, che venti anni fa diedero vita alla commissione bicamerale – che avrebbe dovuto portare a una modifica della Costituzione in termini più o meno analoghi a quelli proposti dall’attuale riforma costituzionale – e che oggi invitano a votare “No” per vendicarsi di chi li ha “rottamati” entrambi, oppure alla sinistra del PD, che voterà “No” perché non riesce ad acquisire la leadership del partito passando per il congresso e spera di “liberarsi” di Renzi facendo leva sulla sua promessa di andare a casa se vincerà il “No”, oppure alla sinistra c.d. estrema e al Movimento Cinquestelle, che voteranno “No” perché loro votano “No” a tutto quello che non propongono loro, oppure ai partiti di destra e alla lega, che stanno facendo la campagna per il “No” perché – parole di Larussa – Renzi ha lanciato una sfida, dicendo che se vincerà il “No” andrà a casa, e loro, che ce l’hanno duro per definizione, alle sfide non sanno resistere.
Poi, come se non bastassero già tutte queste strumentalizzazioni, molti insegnanti vogliono votare “No” perché Renzi ha “cannato” la legge sulla scuola, alcuni medici vogliono votare “No” perché ci sono stati tagli alla sanità, e potrei continuare all’infinito.
Il fatto è che il referendum non tratta né di scuola, né di sanità, né di D’Alema e né di Renzi (per questi temi ci saranno le elezioni politiche), ma tratta del fatto che il bicameralismo paritario paralizza la democrazia perché allunga a dismisura i tempi di approvazione delle leggi e, per questo, non esiste in nessuna delle maggiori democrazie del mondo; tratta del fatto che le Regioni – tranne poche eccezioni – hanno dimostrato di essere inadeguate a gestire l’enorme potere che l’attuale assetto istituzionale conferisce loro (il malgoverno delle Regioni è costantemente alla ribalta delle cronache) e tratta del fatto che il governo dovrà avere la fiducia di una sola camera e non di due, con il risultato che, a prescindere dalla legge elettorale, chi vincerà le elezioni governerà per cinque anni (e sarebbe anche ora!).
Ribadisco che, a mio avviso, la legge di riforma costituzionale poteva essere fatta meglio (avrebbe potuto abolire del tutto il Senato, tanto per fare un esempio), ma rappresenta un primo passo, un primo passo che non possiamo non fare.
Pertanto, auguro “buon voto” a tutti, nella speranza che, comunque si decida di votare, si voti senza condizionamenti di qualsiasi tipo e, soprattutto, in maniera consapevole.
Con viva cordialità.
Fabio Pellegrino