Walter Pedullà, docente universitario, giornalista, presidente della RAI per poco tempo, direttore di due riviste, autore di molti libri e fra questi : Sappia la sinistra quello che fa la destra. Edizioni Rizzoli-set-tembre 1994 , socialista.
E’ un libro da leggere perché espone situazioni vecchie ma sempre presenti. Infatti inizia la Premessa con questa considerazione:”… In Italia la voglia di cambiamento, se non la rivoluzione, arriva con l’antica cadenza dell’Anno Santo,ogni cinquanta anni. In questo mezzo secolo è dunque arrivata due volte, nel 1943 e nel 1993. Per decisione di non so che papa l’Anno Santo lo si celebra, però, ogni venticinque anni. E allora ci dev’essere stata una rivoluzione a metà tra il ’43 e il ’93. Fatti i conti, viene 68. C’è stata una rivoluzione nel ’68 ? No, ma c’è stata la contestazione, che somigliava molto a una rivoluzione. Molti eventi somigliano a rivoluzioni ma solo pochissimi lo sono…”
E le cose sono peggiorate dal ’68 tanto da vivere una terza rivoluzione in men di 70 anni. La prima, come scrive, Pedullà, fu portata dalle armi degli alleati e dei partigiani, la seconda dall’immaginazione degli studenti, la terza dal rigore morale dei giudici. E’ il caso di Mani Pulite. Ma con il passare del tempo le cose sono peggiorate perché tutti si danno agli affari, con una spregiudicatezza che ora dà i brividi. Corruzione, rapina,delitto,illegalità, ruberie;i politici cominciano a pensare agli affari propri e i fatti in questi ultimi tempi hanno riempito le colonne dei giornali e i telegiornali delle TV.
Si registra un gran movimento, una gran voglia di cambiamento, di darsi da fare, da mandare a casa i vecchi politici che hanno portato alla crisi economica grave, più grave di quella del 68.
La crisi, però, è anche culturale ed è errato l’illusione di comunicare con la gente attraverso i canali della televisione. All’illusione bisogna mettere il realismo, la realtà, la fantasia. E’ vero:la realtà attuale danneggia la cultura, la realtà, però, è altrove rispetto alla cultura progressista. E sono da meditare le intuizioni di Pedullà quando scrive:”…La cultura progressista è svuotata, anche se è ancora piena di parole altisonanti, la cultura che è stata concreta pure quando era massimalista. C’è stato un divorzio: i discorsi vanno a sinistra e la situazione va a destra. Serve un nuovo concepimento, o meglio una nuova concezione.
Inizialmente consigliavo di leggere il libro di Pedullà perché vi sono descrizioni che ricalcano e ricamano i tempi attuali con tutti gli annessi e connessi di fronte ad atteggiamenti ormai vecchi e superati. Bisogna uscire dalla trincea, dalla poltrona e affrontare la realtà che non è più quella di un tempo, ma è diversa, è più tragica, è più consono alla ragionevolezza e al confronto, ragione per la quale ritengo opportuno riportare il pensiero del Pedullà, uomo di sinistra e autore dell’opera in esame.
“…Si era riempita la bocca di materialismo ma ora è senza parole dinanzi a un mutamento che riguarda le strutture economiche della nazione, comprese quelle culturali. L’iniziativa è passata a una realtà sociale che avanza minacciosa a smantellare l’edificio in cui diceva messa il progressismo e che non risparmia certo la cultura che è egemone di quasi quarant’anni, dalla crisi ideologica conseguente ai fatti d’Ungheria.
Una cosa è parlare di morire, altra è morire. I vincitori minacciano di affamarla, mentre le reali difficoltà economiche non garantiscono nemmeno l’elemosina. Non solo il governo ma neppure i cittadini darebbero una lira ai nostri poeti, artisti, professori e altra gente di cultura. Dovrà guadagnarsi da campare, e così forse tornerà viva. Ora è molto debole e non avverte l’agonia.
Non si guardi al tradimento. Le prime picconate allo Stato Sociale, assistenziale ed assenteista, furono inferte dalle mani moderatamente progressiste dei due ultimi governi di centro sinistra. Pugni ad Amato ma quasi si spellò le mani la sinistra per gli applausi a Ciampi. Se però, continua Pedullà, nel ’92 e nel ’93 si era fatto un passo indietro, ora è una corsa ma marcia della destra verso la liquidazione di ogni conquista degli ultimi trent’anni. La cultura è stata buttata per la strada, ma ancora non si è accorta che sono scomparsi gli sponsor. Mancheranno i finanziamenti per le innumerevoli istituzioni in cui gli intellettuali si guadagnavano il companatico. Sarà la bohème, se non faranno sentire alta la voce e mordente le parole. Ci stanno preparando un bel piattino. La sinistra non è ancora consapevole di quello che la destra non solo sa ma anche sta facendo. Una grande, popolare, ondata reazionaria rende salata la sconfitta dei progressisti. E’ possibile non farsi travolgere? Ebbene , la cultura distingua subito quello che è reazionario da quello che è soltanto logico e necessario. La mente dei nuovi poveri pensi una logica nuova per la cultura.( Papa Francescoi insegna) E’ possibile la spinta popolare verso obiettivi che sono al di là del liberismo? Sarebbe dissennato, sarebbe dannoso rifare la strada della Thatcher. La blocchiamo? Cambiamo strada. Se cammina sulla vecchia strada, la sinistra non solo ha perso ma è perduta..”.