In questi giorni, il tentativo della Procura della Repubblica di demolire forzatamente l’immobile del Sig. Lombisani in C/da Giannone di Corigliano nell’assoluto silenzio di una classe politica locale assolutamente indifferente rispetto ai problemi della gente comune (ad eccezione del partito di SEL che è intervenuto sull’argomento), ha posto in evidenza, con tutta la sua drammaticità umana, gli effetti devastanti che possono conseguire ad un abuso edilizio.
L’attaccamento alla propria casa del sig. Lombisani e la solidarietà dimostrata dai cittadini della zona, molti dei quali penso si trovano nelle sue stesse condizioni, mi ha fatto molto riflettere sia dal punto di vista umano, sia dal punto di vista politico-giuridico.
L’intento di questo mio intervento pubblico sulla stampa, pertanto, è quello di provare a dare un modesto contributo di idee alle Istituzioni coinvolte nella vicenda e preposte, per legge, alla salvaguardia ed alla tutela del territorio dal punto di vista legale-urbanistico.
Il fine, è bene precisarlo subito all’opinione pubblica, è quello di provare ad individuare e ad indicare alle Istituzioni e alla città un rimedio o quanto meno una possibile via d’uscita all’incresciosa situazione che si è venuta a creare. Infatti, da un lato abbiamo assistito alle sacrosante rimostranze di un comune cittadino che pur riconoscendo pubblicamente le indubbie violazioni di legge poste in essere, cerca disperatamente di difendere la sua casa e i sacrifici di un’intera vita di lavoro; dall’altro abbiamo assistito all’inflessibile attività posta in essere da un Procuratore della Repubblica che in ossequio a quanto dalla legge stabilito, dopo anni dalla realizzazione dell’abuso, all’improvviso, decide di procedere a mettere in esecuzione una delle tante sentenze penali di condanna, decidendo altresì di iniziare le demolizioni proprio dal sig. Lombisani. E’ chiaro a tutti che, nel caso di specie, essendo già stata iniziata l’esecuzione e non potendo per legge la Procura di certo fare un passo in dietro se non per un giustificato motivo previsto dalla stessa legge, pena la sua stessa credibilità, la problematica finisce ora con l’assumere un delicato e particolare significato sia dal punto di vista umano sia e soprattutto dal punto di vista giuridico-istituzionale.
Affronto pubblicamente l’argomento in quanto penso che alla tematica siano interessati molti cittadini del nostro territorio.
Dunque, proviamo ad analizzare il caso specifico per poi allargare l’oggetto del ragionamento e tentare di proporre le soluzioni del caso.
Se ho capito bene attraverso quanto appreso dalla stampa locale, trattasi di esecuzione di una sentenza penale di condanna con ordine di demolizione del manufatto rivolto a soggetto diverso dal sig. Lombisani, provvedimento messo in esecuzione dalla Procura di Rossano, organo competente per legge. Prima considerazione giuridica: cosa c’entra allora il sig. Lombisani nella procedura se lo stesso non è stato né ritenuto responsabile dell’abuso né, tanto meno, è il proprietario del terreno? Il procedimento esecutivo infatti, a mio parere, andava instaurato e condotto formalmente solo contro il responsabile dell’abuso e il proprietario del terreno sul quale è ubicato il manufatto. La legge infatti, anche se prevede che il titolo esecutivo possa di fatto esplicare la sua efficacia anche nei confronti di terzi detentori senza titolo dell’immobile, (come sembra nel caso di specie) il procedimento, per la regolarità degli atti, non può certamente svolgersi senza che venga coinvolto il responsabile dell’abuso, ossia senza che venga coinvolto anche e soprattutto il soggetto che, in base al titolo esecutivo, risultava essere il vero soggetto tenuto ad osservare l’ordine impartito con la sentenza penale. In altre parole, il procedimento esecutivo andava avviato e condotto formalmente contro il responsabile dell’abuso. Non so se questo è stato fatto!
L’ordine di demolizione peraltro, per come chiarito dalla giurisprudenza ormai a più riprese, pur essendo un provvedimento giudiziale in quanto emanato da un giudice, ha la natura sostanziale di una mera sanzione amministrativa. Tale sanzione, per legge, peraltro, deve essere messa in esecuzione dalla Procura solo nel caso in cui alla demolizione non abbia già provveduto il privato o la P.A. e salva, in ogni caso, ogni diversa statuizione in merito da parte dell’autorità comunale amministrativa che, non a caso, può dichiarare di “salvare” il manufatto abusivo ritenendo l’opera di pubblica utilità e pertanto degna di essere mantenuta in essere per “preminenti interessi pubblici” rispetto all’esigenza del ripristino dello stato dei luoghi a cui tende, invece, l’esecuzione penale.
Il sig. Lombisani, da quanto si è appreso dalla stampa, appare essere solo un detentore dell’immobile “senza titolo”, lo stesso sembrerebbe pertanto che nulla può opporre di giuridicamente rilevante e fondato, rispetto all’intrapresa azione della magistratura, quindi sarebbe messo un po’ male dal punto di vista della tutela dei suoi diritti. In tutta franchezza, io penso che lui sia perfettamente consapevole di questo! Non a caso i suoi legali, legittimamente e, a mio modo di vedere fondatamente, nel caso di specie, lamentano non la violazione dei suoi diritti bensì la presunta lesione dei diritti del proprietario del fondo e del proprietario del manufatto abusivamente realizzato. Tale aspetto della vicenda tuttavia ritengo che sia poco rilevante ai fini che qui mi interessano evidenziare. Infatti, sollevare possibili vizi formali del procedimento esecutivo, in genere, (per legge chiamata opposizione agli atti esecutivi) pur essendo cosa buona e giusta, non è “risolutiva” della vicenda. Questa potrebbe rappresentare solo una soluzione tampone. Basta infatti che si proceda da parte della Procura a sanare i presunti vizi formali coinvolgendo il soggetto passivo giusto con una mera notifica e la “frittata”, come si suole dire, sarebbe subito fatta e servita.
Vediamo allora di provare ad indicare altre possibili soluzioni, soluzioni diverse anche dalle improbabili domande di sanatorie e dalle impossibili, allo stato, domande di condono.
Per fare ciò, tuttavia, occorre tenere presente che il ragionamento deve necessariamente essere inteso ed esteso a tutti gli abusi presenti nel nostro territorio che allo stato non sono stati né sanati né condonati. Cosi facendo, il fenomeno dell’abusivismo, finisce con l’assumere una valenza ed un’importanza “politica” più vasta ed interessante rispetto alla “presunta ingiustizia” subita dal sig. Lombisani.
Da parte mia dico subito che i numerosi abusi edilizi realizzati sul territorio comunale, sono avvenuti per colpa di una incapace ed interessata classe politica dirigente che non ha saputo o meglio, non ha voluto “regolamentare” dal punto di vista urbanistico l’intero territorio, ciò per evidenti conflitti d’interessi. Tali innumerevoli abusi peraltro difficilmente potranno essere demoliti e ciò non perchè le Istituzioni preposte non hanno gli strumenti giuridici per farlo (caso Lombisani docet!), ma perché tale soluzione da un lato finirebbe con il fare emergere, con assoluta evidenza e desolante tristezza, l’assoluta incapacità delle stesse Istituzioni preposte alla vigilanza e tutela del territorio di “prevenire” ed impedire la realizzazione degli abusi edilizi e, dall’altro, finirebbe per creare notevoli tensioni sociali, con notevoli costi economici assolutamente non sopportabili in questo particolare momento della nostra storia.
Salvo un intervento normativo di carattere generale pertanto, la soluzione al problema, secondo me, va ricercata non tanto nei possibili rimedi offerti dalla legge avverso le azioni esecutive poste in essere dalle autorità giudiziarie, pur necessari in alcuni casi, ma invero ricorrendo all’uso degli effetti che invece potrebbero scaturire da provvedimenti amministrativi chiari e lungimiranti. La Procura non perseguita nessuno, questo deve essere chiaro a tutti! Tale istituzione infatti, in materia di abusi edilizi, esercita legittimamente ed autonomamente rispetto all’autorità amministrativa il compito alla stessa demandatole dalle disposizioni di legge. Gli abusi edilizi, come tutti sanno, si sanano, e le costruzioni si “salvano” o con leggi che prevedano condoni e sanatorie o con provvedimenti amministrativi singoli o comulativi, ossia con concessioni in sanatorie o con piani urbanistici di recupero debitamente previsti dagli strumenti urbanistici in alcuni territori. Non ci sono alternative!
Dunque qual è lo strumento giuridico che più di tutti, in questo momento può consentire, legittimamente e senza favoritismi di alcun genere al sig. Lombisani e alla stessa Procura di evitare la demolizione dell’immobile? A mio parere tale strumento oggi nel nostro territorio esiste anche se nessuno lo vede o lo vuole vedere. Esso è costituito dall’avvenuto avvio, da parte della nostra Amministrazione comunale, del procedimento amministrativo diretto a dotarsi di un nuovo Piano strutturale urbanistico. Tale strumento, per chi non lo sapesse, fra le tante altre cose prevede (anzi è tenuto a prevederlo per legge, L. reg. n. 19/2002) un articolato piano di recupero degli abusi edilizi realizzati in alcune zone del nostro territorio comunale, zone queste dove il fenomeno è particolarmente accentuato e presente. Tra queste zone vi è anche c/da Giannone,…non so se mi spiego! Ed è proprio questo fatto, ossia la pendenza di tale procedimento amministrativo nel quale viene espressa la volontà dell’Ente comunale di procedere a “recuperare gli abusi” che a mio modesto parere può giustificare dal punto di vista giuridico la sospensione o addirittura la revoca del provvedimento messo in esecuzione dalla Procura di Rossano ed ogni altro ordine di demolizione legalmente emanato. Ciò del resto avverrebbe non solo in modo legittimo ma anche e soprattutto in modo giuridicamente ed amministrativamente giustificato e giustificabile. Infatti, in base alle disposizioni di legge in materia ed in base alla giurisprudenza formatasi nel tempo, l’Autorità giudiziaria, nei casi in cui la pubblica amministrazione abbia avviato un procedimento amministrativo in grado, in breve tempo, di consentire il recupero o la sanatoria dell’abuso edilizio, ha sempre desistito dal procedere alla demolizione in modo definitivo. Mi chiedo allora: ma la pendenza di tale rilevante procedimento amministrativo presso la nostra casa comunale è stata fatta formalmente presente alla Procura della Repubblica di Rossano o no? Il nostro comune investito eventualmente della questione ha relazionato in tal senso alla Procura, si o no? Questo piano di recupero urbanistico delle zone ad alta intensità di abusi edilizi come le contrade di Giannone, Fabrizio, Torricella ecc. esiste o è una mia invenzione?
Dunque, si comunichi formalmente al Procuratore della Repubblica e al giudice dell’Esecuzione penale che è intenzione dell’amministrazione comunale provvedere a recuperare nel più breve termine possibile tutti o gran parte degli abusi edilizi presenti sul territorio, per come già previsto nel già avviato procedimento del Nuovo Piano Strutturale Urbanistico Associato, proponendo altresì agli stessi organi di astenersi dal procedere oltre per “i preminenti interessi di carattere pubblico” esistenti a dotarsi di un piano di recupero urbanistico, e forse eviteremo così incresciose situazioni alle quali abbiamo assistito e che finiscono per creare nella gente ingiustificati allarmismi sociali specie nei ceti più bisognosi ed indifesi della nostra comunità.
Avv. Luigi Iacino