La fine del mese di agosto segna, non senza malinconia e nostalgia per le briose serate finora trascorse, anche il termine della stagione estiva. Accade così almeno a Corigliano Rossano dove, purtroppo, nonostante il clima gradevole e la bellezza spesso incontaminata dei luoghi, non è ancora presente una destagionalizzazione del turismo auspicata da operatori del settore e gran parte della cittadinanza.
Ecco perché, in momenti come questi, giova menzionare aneddoti e curiosità sull’estate, tratti dall’album dei ricordi della comunità locale. Briciole di ‘memorie coriglianesi’ che tanti lettori ci chiedono di riproporre.
Emblematica l’estate di Corigliano, quasi unica nel suo genere, quella datata 1913. La città, complice l’incursione di alcune graziose presenze femminili, divenne protagonista di episodi che, per la forma mentis dell’epoca, destarono non poco chiacchiericcio.
Quell’anno, infatti, si registrò un certo fervore con l’arrivo di alcuni funzionari del Regio Catasto Provinciale di Cosenza, impegnati nella stesura di nuove mappe catastali, nonché di due funzionari del Genio Civile, addetti alla direzione dei lavori di costruzione del nuovo ponte sul Coriglianeto. Nella seconda decade del mese di luglio, le rispettive famiglie di tali ‘ospiti’ si ricongiunsero a Schiavonea, in alcuni alloggi molto modesti adiacenti alla Regia Delegazione del Porto. La loro aspirazione era quella di rimanere nel centro storico, ma i gestori del nuovo servizio auto a noleggio, con chauffeur il tarantino Aldo Fiscella, non avevano ancora potuto installare all’interno della vettura Fiat la parete divisoria, con vetro retinato opaco, tra posti maschili e femminili. Inoltre, il servizio partiva dal ponte Margherita, non volendo guadare il torrente con le fiammanti ruote di gomma piena nell’acqua; all’epoca, difatti, la carreggiata della strada della Chiubbica costeggiava la riva sinistra del torrente, senza argini, con avvallamenti e numerose pozzanghere, sino all’incrocio con l’attuale statale 106.
Le figlie di questi villeggianti, d’età compresa i 14 ed i 25 anni, erano tredici e tutte molto carine nell’aspetto. Ebbene, in una bella domenica di luglio, sfilarono lungo la battigia con i loro audaci costumi. Insorse addirittura la Chiesa: “sfacciate”, le apostrofò duramente un sacerdote durante la Santa Messa. Le ragazze esibivano i polpacci delle gambe, denudate dai lunghi mutandoni di lana scura che, pur aderendo, arrivavano sotto le ginocchia. Inoltre, mettevano in mostra un po’ di spalle, che fuoriuscivano dalla pesante canottiera di lana a fasce bianche. A guardare la disinvoltura di queste ammalianti ragazze, accorse gente di tutte le età e nel pomeriggio scese dal paese un folto numero di giovanotti.
“Già negli anni precedenti – scrive l’indimenticabile professore Giuseppe Franzè – quattro attricette della Compagnia Nuovo Teatro, non potendo esibirsi al “Principe di Piemonte”, a causa del cedimento di una parte del tetto, si erano consolate villeggiando a Schiavonea, mostrando, durante il bagno, persino qualche ginocchio. La prima donna a scandalizzare la gente della Marina di Schiavonea era stata l’ostetrica Elvira Pazzi, poi sposata Cimino. Infatti, infrangendo ogni regola, aveva osato fare il bagno non col tradizionale camicione di tela sino ai piedi, ma con un costume di lana che, aderendo, lasciava intravedere le forme del corpo. Per esortare le avvenenti cosentine ad essere più morigerate, dovette intervenire il Delegato di Porto, Vito Rota, purtroppo senza alcun risultato, poiché le ragazze, il giorno dopo, si esibirono addirittura in tuffi dall’alto di una barca. Un ‘privilegio’, questo, che sino ad allora era stato soltanto appannaggio dei maschi”.
Cronache d’altri tempi, oggi destinate a suscitare il sorriso. Lo ‘scandalo’ di ieri, riletto nell’estate del 2019, può tuttavia tornare utile per meglio comprendere mutamenti dei costumi e profonde trasformazioni sociali frattanto avvenute.
Fabio Pistoia