( pubblicato dal quotidiano “il Giornale” del 28 gennaio 2018 )
Nella primavera del ‘43,nei pressi di casa mia,che era ubicata alla periferia di Corigliano,ci fu un intenso darsi da fare del Genio Militare,per la costruzione di alcune postazioni difensive,come casematte in calcestruzzo e trincee scavate nei pendii collinari,quasi a presagire un imminente sbarco nemico proprio sul litorale jonico del golfo di Taranto.Pertanto,a quelle postazioni,era assegnato il compito strategico di contrastare una probabile avanzata di truppe alleate,a giudicare dalla scelta del sito in cui erano ubicate,all’incrocio o al bivio di strade principali,o sulle alture che dominavano la vista di quelle strade.
La più vicina a casa mia,una PCM (Postazione Circolare Monoarma) non coperta da cupola in cemento armato, avrebbe dovuto accogliere una mitragliatrice,che non fu mai piazzata.Però un soldato,munito di fucile,fino a quel funesto otto settembre,montò rigorosamente di guardia, almeno di giorno,a quella postazione,vuota e…disarmata.
Presumo che all’imbrunire se ne tornasse nell’alloggio militare istituito nel castello di Corigliano,lasciando quella ridicola postazione desolatamente sguarnita. Aveva familiarizzato con tutti noi,bambini e adulti,e spesso veniva a casa mia a riempire d’acqua la sua borraccia,scambiando due parole con mia madre e scherzando con noi bambini.Era un “polentun” almeno a giudicare dal ricorrente uso della parola “Ostia”.
L’otto settembre mio padre ascoltò alla radio l’infausto proclama di Badoglio e si affacciò alla finestra per dare a tutti la notizia.Il primo a coglierla,entusiasta, fu quel fantaccino,che chiese a mio padre:”allora è finita la guerra?Posso buttarlo questo fucile?”
Ci pensò quella saggia donna di mia madre a chiarire le idee a tutti,militari,familiari e passanti:
«Non dimenticate i tedeschi.Cosa credete,che faranno
Questo discorso rattristò un po’ tutti,e specialmente il soldatino che,essendo settentrionale,già pregustava un impossibile rientro a casa per ricongiungersi con la sua famiglia. E intanto continuavano ancora i traffici di mezzi militari delle retroguardie tedesche dirette a rinforzare le loro truppe che si stavano attestando sulla linea Gustav Ortona-Montecassino,altro che “fine della guerra”.
La guerra,dunque,fece un salto,risparmiando in modo miracoloso,Calabria,Basilicata e Puglia. E fu così che riprendemmo fiato rendendoci,in un certo qual modo,consapevoli dei benefici che certe decisioni strategiche,prese da entrambi i belligeranti,stavano per arrecare al nostro territorio.
Infatti ci risparmiarono le selvagge ritorsioni tedesche e gli infami bombardamenti alleati che miravano sì a sfiancare il nemico tedesco ma, più che altro,ad esasperare la popolazione civile inerme ed innocente,al solo scopo di creare un diffuso malcontento,arrivando,spesso,all’eccesso di scendere in picchiata su singoli viandanti,a piedi o in bicicletta,ed anche su carretti da contadino, su strade di campagna vistosamente prive di alcun interesse strategico,sottoponendoli a sventagliate di mitragliatrice che,a dire il vero,non portarono,in modo assoluto,alcun contribuirono alla vittoria finale.
E non dovemmo subire le nefaste conseguenze delle azioni partigiane che ebbero,sempre,come effetto, la rabbiosa ritorsione tedesca che,se vogliamo,il più delle volte,paradossalmente,era giuridicamente legale.
QUANDO I PARTIGIANI FECERO…BOOM.
Vigeva,allora,ed ancora oggi,la severa Convenzione di Ginevra che consentiva ad un belligerante,qualora vittima di attentati da parte di civili non riconoscibili come belligeranti,perchè non vestiti militarmente e non forniti di alcun simbolo di riconoscimento che li qualificasse come soldati,ad applicare la legge della rapresaglia,anche su civili,nella misura di dieci ostaggi da fucilare per ogni soldato morto.
E le “Fosse Ardeatine” furono l’esempio classico di una rappresaglia che,a tutti gli effetti,sarebbe stata del tutto legittima,se Priebke non avesse commesso l’errore di esagerare nel conto,mandando al macello due o tre ostaggi in più.
A CONSUNTIVO di quella tragedia è amaro il bilancio: 335 cittadini innocenti fucilati dai tedeschi,più 30 militari tedeschi (dei quali è proibito dire che “forse” erano innocenti) morti in via Rasella,ed ancora 3 italiani,un uomo,una donna e,inorridite,un bambino, tutti e tre certissimamente innocenti (ma la cosa viene sempre vigliaccamente ed impunemente sottaciuta nell’oleografia ufficiale) che passavano di lá per caso.
In totale le vittime di quella “Strage degli Innocenti “ furono 368. Questo è il risultato del programmato eroico attentato partigiano il cui risutato,per quanto ci si possa sforzare,non contribuì affatto ad abbreviare,nemmeno di un minuto,il corso di quella cruenta guerra.Servì solo a seminare odio e rancore e vittimismo sia da parte dei parenti degli ostaggi, sia da parte dei parenti di quei trenta soldati tedeschi.
Ma nessuno piange sui tre infelici italiani morti per una causa che non era certamente la loro,e non lo era nemmeno dei trenta tedeschi e,se vogliamo,non era nemmeno la causa degli attentatori,se proprio di “causa”vogliamo parlare.
CONCLUSIONI:
Quel “boom” costò la vita a 368 persone innocenti morte, unicamente,per dar “gloria” agli attentatori ai quali,poi,la. Patria, ”riconoscente”,non mancò di assegnare,addirittura, la…“Medaglia d’Oro”. Ah se quel salto fosse stato un po’ più lungo,facendo attestare la linea Gustav aldilà di Roma.Oggi non verseremmo tante amare lacrime sul martirio di 368 innocenti,una cifra superiore ai“santi”del calendario.
Avremmo avuto,è vero,qualche decorato di medaglia d’oro in meno,ma 368 sopravvissuti in più,e scusate se affermo che avremmo civilmente,moralmente e umanamente preferito che quest’ultima fosse la storia da raccontare,e non la straziante scena di Via Rasella e la tragica carneficina delle “Fosse Ardeatine”.
Ernesto SCURA