La bicicletta,almeno a giudicare dal numero dei miei lettori, non mi ha portato fortuna. A questo momento il mio infelice articolo che ha trattato l’argomento,ha raggiunto la molto modesta cifra di 209 lettori. E siccome il “trend” di crescita è lentissimo,presumo che resterà sempre contenuto entro i livelli “bassissimi” delle tre cifre.
Il che vuol dire,per me che sono ormai abituato ai clamorosi successi da quattro cifre,con punte di 6400 visite,una più che sonora “debacle” giornalistica a cui non ero abituato. Pazienza.La lezione sarà molto utile a mitigare l’orgogliosa ostentazione del mio successo giornalistico,se mai ne abbia subdolamente sfruttato l’onda di piena.
Chiedo,pertanto,umilmente scusa,ai miei pazienti lettori, per averli delusi.Ma ricordiamo,insieme,che una battaglia perduta non è una guerra perduta.Almeno,spero. Comunque,siccome sono geneticamente ostinato,anche nelle battaglie perse continuo a lottare fino in fondo (fino all’ultima goccia di sangue,come suoi usava dire nella retorica di guerra) e…”a ccù mori ,mori”,come dicono in Sicilia,quando si affronta un’azione rischiosa.
E dolorosamente ci riprovo con un nuovo tentativo di “SATIRA”
Igor viveva,da troglodita,ai margini della taiga siberiana,con l’idea fissa di un arnese di cui aveva vagamente sentito parlare: la bicicletta. E con caparbia ed ostinazione se ne era costruita una che,palesemente,non gli dava le portentose soddisfazioni di cui aveva sentito parlare. Nel frattempo viene richiamato alle armi per servire la Patria Sovietica e,tosato,rasato,lavato,calzato,vestito e addestrato va al fronte,coltivando sempre il sogno della bicicletta che, in russo,si chiama “velisipiet”,chiaro francesismo derivato dal temine “vélocipède” (non solo non ne disponevano,ma persino il termine avevano dovuto prendere …in prestito).
QUESTA FOTO,SACROSANTAMENTE VERITIERA,E STATA SCATTATA NELLA BERLINO DEL 1945,APPENA LIBERATA DALL’ARMATA ROSSA
A questo punto,c’è ancora qualcuno che si può meravigliare, o indispettire,o irritare per quella scenetta che lo ritrae mentre vuole impadronirsi della bicicletta di quella donna tedesca?
Ma cerchiamo di capirlo,Igor.Ma cerchiamo di perdonarlo,Igor. Cerchiamo di diventare compartecipi del suo sogno. Tornare a casa con un trofeo di guerra,a dimostrazione che tutti i sogni possono diventare realtà.Basta avere la tenacia di Igor e alle spalle…l’ARMATA ROSSA.
Ernesto Scura