“Senza che nessuno ci disse qualcosa, la mattina del 23 novembre 1962, era un venerdì, uscì dalla sacrestia un prete a celebrare la messa e noi pensammo che fosse uno di passaggio e, invece, a fine messa disse : “Io sono il vostro nuovo parroco”. Era don Flaminio Ruffo”. Così la compianta, Maria Le Voci, raccontava alcuni anni fa a don Vincenzo Longo, l’arrivo in città di mons. Flaminio Ruffo, padre Ardorino di Torano Castello, che da allora è rimasto qui a Corigliano.
54 anni vissuti qui e quindi un coriglianese d’adozione, ma soprattutto è sicuramente uno pezzo di storia vivente dello Scalo cittadino che in quel lontano 1962 aveva una popolazione di appena mille unità. Domenica 30 ottobre alle 17.30 presso il castello ducale il consiglio comunale conferirà a mons. Ruffo la cittadinanza onoraria con questa motivazione: “La crescita umana e culturale della comunità è inscindibilmente legata alla cura pastorale, alla figura umana e sacerdotale di un uomo che, valorizzando il patrimonio religioso e sociale, si è distinto, sempre, per la sua vicinanza alla gente, ai suoi bisogni, offrendo aiuto, consiglio e solidarietà, con garbo e modestia”. Conferimento che avverrà proprio in occasione del suo 90esimo compleanno. Dicevamo che mons. Ruffo rappresenta un pezzo di storia vivente di Corigliano. Vivere per 54 anni in un posto, ma poi con l’intensità, l’attivismo e la disponibilità mostrata in questa oltre metà di secolo, non può non lasciare tracce evidenti. Ecco perché riteniamo che l’onorificenza che questo pomeriggio consegnerà al presule la massima Assise della città è il giusto riconoscimento ad un uomo di chiesa che ha contribuito alla crescita sociale, etica ed economica dello Scalo cittadino. Arrivato come padre Flaminio, nel corso degli anni è divenuto don e mons., ma per molti della nostra generazione è rimasto amabilmente padre Flaminio. Ha celebrato messa alla Stazione ininterrottamente fino a tre anni fa allorquando “scelse” di trasferirsi a Rende, però qui a Corigliano abita perché non poteva spezzare il proprio legame con questo luogo che lo ha visto crescere dal punto di vista pastorale. E’ stato il parroco della prima ora, il confessore atteso da una piccolissima comunità (allora lo Scalo contava meno di mille anime) che aveva bisogno di un punto di riferimento stabile per professare la propria fede, soprattutto alla luce dei tanti problemi logistici che gli abitanti della Stazione almeno fino al 1960 avevano dovuto superare per poter avere una chiesa nel vero senso della parola. Padre Flaminio è stato un padre per tanti, per molti, non si è mai sottratto alla sue responsabilità, eppure ha dovuto superare momenti molto difficili, non solo dal punto di vista religioso in senso stretto, ma soprattutto sotto il profilo sociale tenuto conto delle difficoltà economiche di tante famiglie. Ma comunque è sempre riuscito a trovare nella comunità la giusta collaborazione. Padre Flaminio ha dato tanto a questa nostra comunità, ma nello stesso tempo, come lui stesso ha sempre ribadito, tanto ha ricevuto da parte di quei parrocchiani che hanno visto in lui un punto di riferimento.