di Giovanni FERRARI
“Quando il potere porta l’uomo all’arroganza, la poesia gli ricorda i suoi limiti. Quando il potere restringe l’area della preoccupazione dell’uomo, la poesia gli ricorda la ricchezza e la diversità dell’esistenza. Quando il potere corrompe la poesia purifica”. John F. KENNEDY
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate.
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina podestate,
la somma sapienza e ‘l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
Se non etterne, e io etterno duro,
l’asciate ogne speranza, voi ch’intrate.
(DANTE: Inf. III, vv. 1-9).
E’ uno dei versi di Dante più conosciuto e citato in tutta la letteratura mondiale. Si tratta del XIV verso del canto III dell’Inferno, nella prima cantica della Divina Commedia.
Per anni abbiamo creduto che per avvicinare due popoli come Corigliano e Rossano, la cultura potesse essere un fattore dirimente. Invece avessimo tenuto conto della nostra bussola, la consapevolezza che sono gli scambi a rendere mutualmente interdipendenti le due comunità, in tali scambi la cultura svolge un ruolo di ulteriore consolidamento, piuttosto che iniziative non–profit rivolte alle reciproche aristocrazie, avremmo probabilmente potuto meglio veicolare tutti gli sforzi di due comunità completamente diverse per cultura, storia, tradizione. Finalmente, oggi, sia i pentiti della con-fusione di Corigliano, sia i pentiti della con-fusione di Rossano, inclusi massoni e massoneria, hanno riscoperto le proprie radici di completa e totale inganno di violenza perpetrato nei loro confronti. La cultura è l’asse portante di una comunità; Corigliano non meritava di essere umiliata e mortificata da essere amministrata da poveri ignoranti, persone che non hanno mai conosciuto il senso logico e filosofico del termine “CULTURA”, purtroppo si sopravvive giorno dopo giorno, infatti ho già più volte scritto che a Corigliano esiste l’assessorato all’incultura e l’assessorato all’inquinamento ambientale per non dire all’assessorato alla MERDA. Tutto ciò ha spinto molti decisori politici a ritenere che la cultura fosse uno dei numerosi strumenti “di relazione diplomatica” tra le due diverse comunità. Queste ipotesi, oggi, devono essere profondamente riviste, o meglio devono essere comprese nella loro più articolata complessità. Perché se è vero, e lo è, che la cultura e lo scambio culturale, creano indubbiamente “relazioni”, non è altrettanto vero che la cultura possa essere utilizzata come strumento deterrente di crisi e conflitti.
La cultura è la ricchezza e la complessità del nostro sapere ossia quell’insieme degli strumenti concettuali di cui dispone la nostra comunità, purtroppo a Corigliano assistiamo inconsciamente ad una cultura gestita da una povera ignorante in cui prevale l’idea di una cultura intesa come “culto sterile del proprio passato”.
Sapere, conoscenza, intelligenza, formano un vasto complesso dove ogni parte si nutre di ogni altra, questo insieme è la cultura.
Corigliano è una Città di profonda incultura, nella mancanza e nell’incapacità di avere discussioni dove si ascoltano con attenzione argomenti e contro-argomenti, nella diffusa ignoranza anche di pseudo intellettuali che si appropriano di titoli senza averni mai posseduti.
La sfida per il futuro passa attraverso la cultura, non c’è economia senza cultura, non c’è turismo senza cultura, non c’è ricchezza senza cultura, non c’è arte senza cultura, ossia quella cultura che dia dignità e valore alla formazione di una persona.
Prof. Giovanni FERRARI
Dipartimento di Studi Umanistici
Università degli Studi di Napoli “FEDERICO 2”