Sono confluiti nel pomeriggio odierno nel piazzale antistante il centro commerciale, nella zona industriale di Corigliano, gli agricoltori che, con i loro trattori, nella mattinata hanno percorso la Statale 106 per chiedere ascolto.
Una protesta legittima da condividere e sostenere e che interessa non solo questa importante categoria di lavoratori e le rispettive famiglie, ma tutti noi cittadini per l’interesse collettivo delle problematiche affrontate.
Le ragioni della protesta agricola in Italia, infatti, sono molteplici e rispecchiano le preoccupazioni espresse anche da agricoltori di altri Paesi. Il 2023 è stato un anno difficile per il settore agricolo in Europa, con eventi climatici estremi, politiche ambientali più rigorose e obiettivi del Green Deal dell’Unione Europea. In particolare, le nuove regole comunitarie impongono agli agricoltori di mantenere il 4% dei terreni incolti sopra i 10 ettari, una mossa che ha suscitato preoccupazioni tra i coltivatori di grano e mais.
Oltre a ciò, la questione dei prezzi è al centro della protesta, con gli agricoltori che denunciano la mancanza di concretezza nelle modifiche legislative riguardanti le pratiche sleali. La proposta di introdurre un costo di produzione da considerare nel prezzo di vendita non ha ancora portato risultati tangibili, mentre i coltivatori vedono i loro profitti ridursi e i costi dei mutui e dei carburanti aumentare.
La situazione è ulteriormente complicata dall’introduzione di nuove tendenze alimentari. Ad esempio, la carne sintetica e i cibi a base cellulare rappresentano una sfida diretta per l’industria della carne tradizionale: secondo gli agricoltori non sono minacciati solo i profitti, ma anche la sostenibilità economica di intere comunità rurali. In aggiunta, la farina di insetti, una fonte proteica alternativa, è stata inclusa tra le problematiche sollevate da chi sta protestando. La sua introduzione sul mercato ha suscitato preoccupazioni riguardo all’impatto sui prezzi dei prodotti agricoli tradizionali, con l’industria agricola che teme la concorrenza e la possibile degradazione del valore dei loro prodotti.
In risposta a tali novità, l’Italia, la Francia, l’Austria e altri 9 Paesi hanno chiesto una moratoria di 12 mesi su alcuni di questi prodotti, suscitando ulteriori preoccupazioni tra gli agricoltori. Si tratta di una richiesta che indica una crescente consapevolezza dei rischi associati a queste nuove tecnologie alimentari, ma gli agricoltori sostengono che è necessario un approccio più deciso per tutelare il settore.
FABIO PISTOIA