Il calendario segna, implacabile, l’avvento del 16 luglio, data importante e significativa per la comunità coriglianese, profondamente legata al culto della Madonna del Carmine. Come storia e tradizione vuole, anche quest’anno numerosi fedeli si recheranno nel cuore della notte in processione presso la chiesa di S. Antonio, nel centro storico cittadino, percorrendo, nel devoto peregrinare, anche la chiesa della Madonna del Carmine, ancora chiusa.
L’occasione è propizia, dunque, per ricordare aneddoti e curiosità afferenti la trepidante attesa che accompagnava negli anni addietro la popolazione locale in vista di tale religioso avvenimento. Ad esempio, le caratteristiche campanelle di terracotta, una volta acquistate appese ai balconi e alle finestre per essere suonate in concomitanza con la partecipata processione.
Sicuro sollievo spirituale e rifugio di speranza per le madri e le mogli che avevano i loro cari colpiti da improvvise malattie o lontani da casa per motivi diversi era il ricorso alla preghiera. Sovente a questa si univa un voto, il quale, nella maggior parte dei casi, era proporzionato all’evento che lo aveva sollecitato. Così, se un marito emigrato in Argentina per lavoro non scriveva più perché era ammalato o, come spesso accadeva, perché si era accasato con un’altra donna, se un figlio o un marito era al fronte e non dava notizie, le madri o le mogli ricorrevano senz’altro al voto.
“Il voto – scrive l’indimenticabile professore Antonio Russo – poteva riguardare aspetti intimi della persona che lo formulava (rinunce: non mangiare frutta o carne in determinati giorni della settimana per tutta la vita; sacrifici: andare a piedi nudi alla Madonna della Schiavonea o in ginocchio dalla porta della chiesa parrocchiale all’altare) oppure consistere in offerte di oggetti d’oro alla Madonna o di altro genere a gente povera e bisognosa. Tra le offerte non materiali vi era quella delle dieci verginelle fatta alla Madonna. La donna che per un motivo molto serio aveva deciso per questo voto, si metteva in giro nel vicinato (ed anche fuori di esso) alla ricerca di dieci bambine di età compresa tra gli otto e gli undici anni. Le amiche o le comari, conosciuto il motivo del voto, concedevano con tutto il cuore e ccu ccienda màna le loro figlie e, se ne avevano la possibilità finanziaria, compravano alle proprie figlie anche il vestito bianco. Se ciò, sempre per motivi finanziari, non era possibile, avrebbe dovuto provvedervi la donna che aveva fatto il voto. Le dieci bambine vestite di bianco venivano accompagnate dalla stessa donna alla chiesa o al santuario dove era la Madonna destinataria dell’offerta. Le mete più frequenti erano la Madonna del Carmine o la Madonna della Schiavonea. Giunte a destinazione, le verginelle si disponevano su due file in mezzo alle quali si metteva la donna del voto. Così disposte, entravano in chiesa e si fermavano davanti all’altare maggiore. La donna, dopo aver mostrato alla Madonna l’offerta (le verginelle), esponeva ad alta voce e piangendo il suo caso,supplicava la grazia e recitava insieme alle dieci verginelle alcune preghiere. Terminato questo rito dell’offerta, le bambine deponevano ai piedi dell’altare fasci di fiori ed insieme alla donna uscivano e ritornavano a casa. La donna prima do congedare le bambine doveva offrire loro da mangiare. Così, con questo adempimento, necessario e secondo la tradizione determinante per la concessione della grazia richiesta,si chiudeva il complesso rituale del voto delle dieci verginelle”.
Fabio Pistoia