I problemi giudiziari per l’ex sindaco, Pasqualina Straface, sembrano non avere mai fine. Nei giorni scorsi il giudice per l’udienza preliminare presso il tribunale di Catanzaro, Carlo Saverio Ferraro, ha comunicato agli interessati, che per il 7 marzo prossimo alle ore 11.30 presso il palazzo di giustizia catanzarese, si terrà l’udienza preliminare nei confronti di 10 persone, tra cui gli ex amministratori del comune ausonico, Pasqualina Straface, Giorgio Miceli e Giuseppe Curia i quali,
insieme ad altri sette imputati tra cui il fratello dell’ex sindaco, Mario Straface, ex dirigenti e attuali impiegati comunali, nonché i titolari di due ditte, devono difendersi a vario titolo dalle accuse formulate nei loro confronti dal procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Vincenzo Luberto, e dal suo collega, Saverio Vertuccio. Al centro di questo nuovo filone d’inchiesta nei confronti dell’ex sindaco Straface l’accusa grave nei confronti di quest’ultima di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo i pm Vertuccio e Luberto la Straface avrebbe concorso “materialmente e moralmente, dall’esterno, all’associazione per delinquere di stampo mafiosa denominata “locale di Corigliano”, della quale contribuiva al consolidamento e quindi al perseguimento del programma criminale. In particolare – scrivono ancora i procuratori antimafia – in cambio di voti procacciati in suo favore da plenipotenziari della cosca coriglianese (tra i quali erano annoverati anche i fratelli Mario e Franco Straface, Maurizio Barilari e Cosimo Damiano Conocchia alias “la bestia”) in occasione delle consultazioni elettorali comunali svoltesi in Corigliano nel giugno del 2009, si impegnava a garantire la destinazione dei contributi a fondo perduto che il comune avrebbe dovuto erogare per la riqualificazione del centro storico di Corigliano, nonché a rimanere a disposizione dell’associazione, in tal modo strumentalizzando il munus pubblicum, ed inoltre – spiegano sempre Vertuccio e Luberto –ancor prima della sua elezione a sindaco (23 giugno 2009) riferiva alla convivente di Conocchia di recarsi all’ufficio commercio del comune a presentarsi a nome suo presso una funzionaria dell’ente ai fini del rilascio di una licenza commerciale. Conttatava l’assessore provinciale alle infrastrutture, viabilità, patrimonio, difesa del suolo e sistemazione idrogeologica chiedendogli di dare il via libera ad un ingegnere della provincia, per la realizzazione di una strada, utilizzando la ditta del fratello Mario. Nell’autunno-inverno 2010, emetteva una serie di ordinanza di somma urgenza, in violazione della normativa vigente e senza che ne ricorressero i relativi presupposti”. Le ordinanze di somma urgenza cui fanno riferimento i magistrati antimafia, e per le quali sono indagate anche le altre nove persone, a vario titolo, sono la n. 30 dell’11 febbraio 2010 emessa dalla Straface in relazione alla esondazione del fiume Crati avvenuta due giorni prima, secondo l’accusa l’ordinanza era stata emanata “al solo fine di regolarizzare ex post i lavori già affidati informalmente alla Straface srl o comunque a ditte riconducibili a Mario e Franco Straface”. Altre due sono le ordinanze entrate nel mirino di Luberto e Vertuccio: la n. 283 del 23 ottobre 2009 firmata dal vice sindaco dell’epoca Giorgio Miceli e la n. 340 del 31 dicembre 2009 firmata dalla Straface. In quest’ultimo caso fanno notare i pm l’ordinanza venne firmata a tre mesi di distanza dagli eventi alluvionali e “quindi in palese assenza dei presupposti legittimanti le ordinanze contingibili ed urgenti”.