di Giovanni FERRARI
Sono più miti le mattine
e più scure diventano le noci
e le bacche hanno un viso più rotondo.
La rosa non è più nella città.
L’acero indossa una sciarpa più gaia.
La campagna una gonna scarlatta,
Ed anch’io, per non essere antiquata,
mi metterò un gioiello.
di Emily DICKINSON.
Emily Dickinson nacque ad Amherst, in Massachusetts (USA), NEL 1830.
Ragazza intelligente e brillante, frequentò l’Accademia di Amherst ed in seguito frequentò una delle scuole più importanti del New England, la Mount Holyoke Fermale Seminary. Emily si rifiutava di vedere gente, e non uscì dalla sua stanza neanche quando morirono i suoi genitori, fu una scrittrice molto prolifica, ma solo pochissime delle duemila poesie composte furono pubblicate durante la sua vita.
L’estate sta morendo, così scrisse la poetessa e scrittrice americana in un suo celebre frammento. Il passaggio dall’estate all’autunno, non è un mutamento improvviso, piuttosto una lenta agonia. E’ interessante notare che nelle sue poesie dedicate all’estate Dickinson è sempre pronta a cogliere il presagio della sua fine, ritorna come una costante la sensazione che l’estate non se ne vada all’improvviso, ma si congedi silenziosamente con una fuga leggera fatta da piccoli cambiamenti, impercettibili moti, presagi, la luce che si fa più rarefatta, l’oscurità che inghiotte la sera troppo presto.
La fine dell’estate viene rappresentata dalla poetessa sia a livello del paesaggio che psicologico, la natura diventa metafora del cambiamento che gli esseri umani compiono da sempre. Gli indumenti come la vegetazione sono destinati ad essere diversi. La poetessa esprime dolcemente tutta la gioia che la nuova stagione le porterà.
I presagi della fine dell’estate nelle sue poesie assumono il ritmo vivace di una filastrocca, in quanto il mondo interiore della poetessa è vivo, intenso, vibrante e si accorda ai moti esterni delle stagioni.
Dopo questa bella premessa, purtroppo devo tristemente affermare che l’estate è finita anche a Corigliano, il teatrino della politica, una lunga commedia degli equivoci, per poi trasformarsi in farsa grottesca che ormai sta assumendo i contorni della tragedia ossia quella di una città che, come ampiamento previsto da molti mesi, è letteralmente invasa da rifiuti, le strade stracolme di sacchetti di spazzatura, questi quattro ragazzi al bar, la canzone di Gino Paoli, ossia Sindaco, Assessore all’Incultura, Assessore al Turismo ed Assessore all’inquinamento ambientale dovrebbero immediatamente dimettersi.
Di emergenza in questa tragedia è sbagliato parlare, visto che i fatti di questi giorni sono il prevedibilissimo esito di un processo in corso da anni, purtroppo, oggi il teatrino politico impone maschere in quanto non conoscono la vergogna. I risultati di cotanto turn over sono sotto gli occhi di tutti, un pantano il cui olezzo nauseabondo avvolge tutta la città. La colpa è sempre di qualcun altro, di chi c’era prima. Un altro aspetto vergognoso è l’inquinamento marittimo, puntualmente ogni giorno alle ore 11.30 il mare era inquinato, era impossibile farsi il bagno, bambini ricoverati in ospedale per la sporcizia dell’acqua. Nonostante tante avversità e tante amarezza, il desiderio di “ricominciare” – di “cominciare”, sempre ad ogni istante, permane sotto ogni strato di noia, dentro ognuna di quelle avventure, in cui ci si può riservare una uscita di servizio Non è mai del tutto vero che la cittadinanza non aspetta più nulla”, paradossalmente tutta la pesantezza della noia e della fatica non toglie il guizzare imprevedibile di una fatica: “qualcuno ci ha mai promesso qualcosa”?, e allora perché attendiamo, cosa aspettiamo a mandare via questi poveri acefali. Perché la mala politica saccheggia la speranza e distrugge il futuro? Purtroppo quando la base sociale del consenso è di scarsa qualità anche i politici eletti lo saranno, e i politici eletti di scarsa qualità nomineranno dirigenti di inadeguata competenza e professionalità, e quando il personale dirigente tecnico amministrativo è di qualità viene relegato in lontananza, perché l’ignorante con ruolo politico vince sul competente con un ruolo di direzione. E’ un circolo vizioso una dannazione che colpisce questa povera Città di Corigliano da decenni. Alla base c’è un pubblico senza opinione, un pubblico di tifosi, che usa metri di valutazione corti, cortissimi. Non un popolo ma una popolazione di interessi particolari, purtroppo Corigliano soffre questa condizione. Una condizione che limita la possibilità di costruire visioni e che al contrario sviluppa semplicemente loschi interessi, basta recarsi al Comune di Corigliano per vedere e conoscere personalmente, sempre se hanno il buon senso di educazione ad essere ricevuti, chi sono questi dirigenti e funzionari assunti per chiamata diretta senza aver vinto alcun concorso ( figli, figliastri nipoti e nipotini, nuore e consuocere, parenti dei parenti, se volete aggiungetene altri ecc): pensate alla vergognosa commissione toponomastica di Corigliano dove il Sindaco e l’assessore all’incultura si sono autonominati Presidente e componente della Commissione, persone senza titoli ed incompetenti in materia, il sottoscritto avendo presentato domanda per presiedere la commissione in quanto Docente Universitario da oltre cinquant’anni nel mondo accademico, in diverse università ed in diversi corsi di Laurea è stato bocciato da ignoranti della politica, di gente che non ha mai lavorato, che non ha mai studiato, che non conosce la pubblica amministrazione. Assistiamo impunemente allo scempio del territorio, alla distruzione del nostro patrimonio idrico, forestale, agricolo ,paesaggistico, archeologico senza che ci sia una sollevazione popolare. E questo perché tutto quanto accade a nostro danno appare lontano, distante, di là da venire. E’ come un film in cui gli attori sono anche spettatori passivi, incapaci di applaudire e altrettanto incapaci di fischiare. Solo se vediamo minacciati i nostri immediati interessi, solo se vediamo la dinamite con la miccia accesa nel nostro cortile, solo allora siamo capaci di scendere in piazza, di usare ogni mezzo per difenderci. Se vogliamo dare un futuro ai nostri figli dobbiamo decidere che la nostra casa, quella da difendere, da tutelare, da salvaguardare è la Città di Corigliano. Nonostante tutto io vivo di fiducia e speranza. Questa speranza l’ha colto bene Cesare PAVESE, in un breve ma clamoroso racconto:” in verità siamo tutti in attesa”, in Piscina feriale, credo lo si possa immaginare senza equivocarlo anche fra le acque sporche del mare. La compagnia che ci facciamo serve a distrarci dalla varia attesa, dal vuoto instabile che la tentazione del tacere crea dentro di noi. Si può stare insieme soltanto per distrarsi, c’è della gente che strilla e che ride: si direbbe che per loro l’attesa è finita, per quanto possiamo essere distratti e perderci in chiacchiere da spiaggia, lo sappiamo bene, in fondo: qualcosa deve accadere, ossia la speranza e la fiducia che sono forte e presente nel mio profondo sentimento umano è quello di mandare via prima oggi che domani questi poveri ed impreparati politici allo sbaraglio e soprattutto il mio sogno di ritornare alla propria autonomia di Corigliano da Rossano, eliminare questa CON-FUSIONE e ritornare alla SCISSIONE.
Ritornare a quella unica Città di Corigliano, con la propria storia, cultura e tradizione, è l’unica mia speranza che ho sempre sognato e combattuto da solo, purtroppo senza successo, nella vita bisogna anche accettare le sconfitte, non sempre si può vincere.
Prof. Giovanni FERRARI
DOCENTE UNIVERSITARIO