Gli affetti non vanno mai in vacanza, né i sentimenti in sordina. E così anche quest’anno, nella ricorrenza dei giorni d’avvento alla festività della Santa Pasqua, ho ripensato ad un episodio accadutomi oltre una decina d’anni addietro e già raccontato, ma sempre vivido nel ricordo e significativo nella sua attualità.
Era la mattina della vigilia della Pasqua e avevo appuntamento per un caffè e gli auguri col Commendatore Giorgio Aversente. Mi portò in una nota pasticceria di Corigliano e mi fece uscire di lì solo dopo aver offerto, come di consueto, il caffè ad amici e conoscenti e “obbligato” ad accettare una pastiera in dono per me e la mia famiglia.
Di lì a poco, bussarono al finestrino della sua auto alcuni bambini che, in gruppo, lo avevano riconosciuto per averlo visto in televisione. Il Commendatore iniziò subito a scambiare con loro battute e rivolgere domande su scuola, casa, abitudini. Appena intuito delle condizioni d’indigenza delle rispettive famiglie, non esitò a scendere dall’auto, invitandomi ad attenderlo qualche istante.
Ritornò in un battibaleno all’interno della pasticceria, uscendo dopo pochissimi minuti con uova di Pasqua e cioccolatini vari, distribuendoli nelle loro mani e vigilando sul fatto che nessuno rimanesse senza. I bambini lo ringraziarono con sorrisi e meraviglia, quasi non credendo ai loro occhi, e poi andarono via. Si riavvicino’ e mi disse: “Scusami, ma dovevo farlo. Un po’ di serenità. Tutti i bambini sono figli di mamma”.
È un ricordo che conservo con mestizia nel cuore e riaffiora alla mia mente in questi giorni di tepore primaverile, soprattutto ogni qualvolta mi reco a comprare i dolci, dei quali sono ghiotto.
FABIO PISTOIA