di Papàs Elia Hagi, parroco di Vaccarizzo Albanese
Anche per questa guerra, il nero di un pozzo senza fondo che risucchia il mio piccolo mondo, mi rendo lentamente conto che c’è ben poco nella mia vita che posso effettivamente controllare.
Non è in nostro potere decidere chi fossero i nostri genitori, dove siamo nati, i nostri doni genetici (o la loro mancanza) e il tipo di educazione che abbiamo ricevuto. Non possiamo controllare le scelte dei potenti. E se siamo onesti con noi stessi, ammetteremo che riusciamo a malapena a controllare i nostri pensieri e sentimenti. Non dovrebbe sorprenderci quindi, che il mondo contenga problemi irrisolvibili.
Se c’è qualche lezione da imparare dai suddetti “problemi irrisolvibili” essa viene bene sintetizzata nella famosa preghiera:
“Dio, dammi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso, e la saggezza per conoscere la differenza”.
Una delle discipline teologiche che mi ha incuriosito quando sono entrato in seminario fu “Ascetica e mistica”. Alcuni suoi temi tornano ogni anno nel periodo che attraversiamo chiamato Quaresima, i quaranta giorni in preparazione alla Pasqua.
La parola “asceta” era una volta usata nell’antica Grecia per riferirsi agli atleti che diligentemente, intensamente e persino ossessivamente si esercitavano per qualche sport. Gli atleti olimpici che si allenavano dal sorgere del sole al tramonto, per essere i migliori al mondo, erano chiamati asceti.
Tuttavia, questa idea della ricerca della gloria e della vittoria mondane è molto lontana dalla maggior parte delle tradizioni ascetiche della storia. L’ascetismo da una parte significa la convinzione che le trappole della vita in cui ci caschiamo facilmente, io per primo – lusso, lussuria, invidia, avidità e così via – ostacolino esperienze umane significative. Si trova spesso nelle tradizioni religiose, dove il peccato, la tentazione o il desiderio ci impediscono di contemplare la vera realtà spirituale. Nelle ultime due domeniche della Quaresima bizantina viene proposto l’esempio di due santi asceti: Giovanni Climaco, abate del monastero del Sinai, e Maria Egiziaca. Il primo scrisse “La scala del Paradiso” un vero manuale ascetico: gradino dopo gradino ci insegna come elevare la mente e il cuore a Dio. Maria Egiziaca invece, dapprima fu prostituta nella Silicon Valley dell’antichità: Alessandria d’Egitto; città porto, crogiolo di diverse etnie, città di San Marco, farò di cultura (la famosa Biblioteca) e di scienza (da lì si annunciava da parte degli astronomi la data di Pasqua); città estremamente sofisticata ma anche culla estrema del peccato. Dopo un pellegrinaggio in Terra Santa la peccatrice si converti radicalmente, vivendo da allora in poi per 47 anni nel deserto. A nessuno Dio nega la sua misericordia.
Oggi, l’ascetismo può manifestarsi anche come una tendenza estetica, come si vede nel minimalismo, la convinzione che possedendo meno cose si è più felici. È una prospettiva che mi attira molto al punto che qualche anno fa volevo liberarmi da tutti gli oggetti in mio possesso, libri, vestiti che non uso spesso, ecc.
Naturalmente le forme più impegnative di ascetismo sono legate proprio a periodi forti dell’anno liturgico. Si richiede di rinunciare al mondano e di liberarci da attaccamenti a cose banali e transitorie. Da un lato, potrebbe essere semplicemente un rituale di digiuno occasionale o dire di no a un altro bicchiere di vino.
Nella Quaresima bizantina, cerco di rispettare il digiuno alimentare. Mercoledì e il venerdì non mangio assolutamente la carne e le uovo, prediligendo legumi e insalate. I risparmi che si verificano per aver digiunato intendo destinarli ora alla coletta per la popolazione Ucraina, un piccolo gesto di solidarietà con chi soffre ingiustamente.
Dal resto è pur sempre vero che quello alimentare è solo un aspetto e la rinuncia volontaria a qualcosa come segno di adesione alle sofferenze di Cristo si può compiere in tanti modi.
Perché siamo in Quaresima che è un cammino in cui vorremmo in qualche modo migliorare noi stessi, trovo conforto nella singolare frase di un anonimo mistico inglese del XIV secolo, autore della “Nube della non conoscenza”:
“…perché non a ciò che sei o sei stato guarda Dio con i suoi occhi misericordiosi ma a ciò che vorresti essere”.
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