di Papàs Elia Hagi, parroco di Vaccarizzo Albanese
L’appuntamento con la tradizione dell’assaggio del vino novello nella Vigilia dell’Immacolata a Vaccarizzo Albanese.
In Francia, il terzo giovedì di novembre è una data da segnare al calendario: dalla mezzanotte e un minuto è disponibile il vino novello: Beaujolais Nouveau. Certo non è un vino complesso e strutturato ma un vino rosso frizzante e leggero ma ugualmente atteso con trepidazione dagli appassionati. Offre una scusa in più per ritrovarsi a gustare un bicchiere in famiglia o fra amici come se fosse una festa. Nei negozi compare immancabilmente la scritta “è arrivato”.
Collegato a delle feste vere, l’Italia dei piccoli borghi colloca l’apertura delle botti e l’assaggio del vino novello secondo tradizioni locali. La più diffusa è quella legata a San Martino quando “ogni mosto diventa vino”. La tradizione vuole che ogni anno l’antico proverbio venga “validato” attraverso un rigoroso test, da effettuare sempre in compagnia. Nel territorio di Lungro la riccorenza dell’assaggio del vino novello è stabilità alla vigilia della festa patronale della cattedrale, San Nicola.
A Vaccarizzo ci si incontra fra piccoli produttori nella vigilia dell’Immacolata. Girovagando “per le vie del borgo dal ribollir de’ tini” le cantine inebriano coll’odore dolciastro, nell’atmosfera calda e rassicurante dei vini in affinamento: una finestra sulle energie primitive del mondo. Per fortuna la vinificazione familiare resiste ancora nei piccoli borghi anche se in poche famiglie. La passione dei produttori locali è tale che ogni anno a Vaccarizzo viene dedicato un evento di ampio respiro, che raccoglie vini da tutti i paesi italo albanesi. È diventato nel tempo un prestigioso annuale concorso chiamato appunto, “Vini arbëreshë”.
In un tondo di vetro piombato della chiesa di Vaccarizzo è raffiguratata la venuta degli Albanesi in Italia dopo la caduta di Costantinopoli, l’atto di nascita dei paesi albanesi in Calabria. La scena è simbolica perché vede al centro il sacerdote, il Papàs che trae con sé un’icona e la croce simbolo dell’identità cristiana e bizantina della comunità emigrata. La leggenda narra che furono i monaci agli ordini dell’imperatore Giustiniano a portare per primi a Costantinopoli dalla Cina, delle uova di baco da seta nascoste nel cavo dei loro bastoni. Mi sarebbe piaciuto che ci fosse nascosto nel bastone cavo di qualche Papàs che attraverso il mare qualche vite albanese, almeno per due motivi. Innanzitutto perché proprio l’Albania, come rivelano studiosi del settore come Attilio Scienza si trovava sulla via Egnazia, quella del passaggio della “vitis vinifera” dal Caucaso (luogo di nascita della vite) all’Italia. L’Albania fu un paese imbuto dove passarono i vitigni che si diffusero poi nell’Occidente e dove resistono tuttora anche alcuni antichi e interessanti vitigni autoctoni.
Il secondo motivo è il forte collegamento tra religione e il vino. Infatti la grave crisi della viticoltura da vino in Albania, dopo la conquista ottomana, fu miracolosamente mitigata solo in un arcipelago di territori che resistettero cristiani: Scutari , Valona , Korca , Pogradez.
Possiamo sognare come fosse stato bello avere sulle nostre colline, quei nobili vitigni, quali Kallmet con la sua forza e longevità, Pules, Debina, Vlosh, Serina o Sesh. Quest’ultimo si trova in Albania nell’areale di Sukth con al centro il villaggio di Sesh che presubimilmente prenderebbe il nome dai spazi vuoti rimasti dopo che le chiese furono rase al suolo dai turchi. Il vitigno Sesh, declinato in rosso “Sesh i Zi”, e bianco “Sesh i Bardhe” apre un’ulteriore spazio alla nostra riflessione con le parole di Seneca nella Lettera 78: “Forse un giorno il ricordo di questo dolore porterà anche gioia”.
Vivere un momento d’incontro e convivialità per scoprire i vini d’annata a Vaccarizzo ci introduce alla gioia della festa religiosa e ci allena a sentimenti di autentico legame fra le persone e alla speranza. Nonostante tutto abbiamo ancora la capacità di gioire del grande, sacro dono della vita.
Proprio ora, in queste lunghe ore di nuova angoscia per la situazione del virus e delle sue varianti qualcosa ci dice che nelle piccole tradizioni c’è un anelito, una sete, una ricerca di vita sociale e comunitaria che possa dare forza e riscaldare il cuore del uomo.
Foto prima della pandemia dove compare anche Francesco, scomparso prematuramente, uno degli storici partecipanti che è stato ricordato con affetto dagli amici nella serata di ieri.