di Alfonso Caravetta
“L’insegnamento giunge solo a indicare la via e il viaggio; ma la visione sarà di colui che avrà voluto vedere.”
Plotino
Il 15 di settembre per Martina Giuliano ed i suoi genitori verrà ricordato come un giorno particolare. Lo sarà anche per chi, come me, senza alcun merito, è stato chiamato a darne testimonianza, e per questo ringrazio la famiglia Giuliano.
Una famiglia semplice, monoreddito, come tante, che quotidianamente porta a compimento quel difficile compito che è il ruolo genitoriale: due figlie, una dolcissima di dodici anni, Teresa, affetta dalla rara sindrome di Louis Bar, l’altra, Martina sedici anni, terza liceo, una bella ragazza, con un sorriso che illumina chiunque la incontri e che la morte, quella maledetta sera, ha tentato di strapparle. Quella sera del quindici, Martina è con i suoi, a casa di amici, una serata come tante, qualche scambio di battute con il suo ragazzo, poi il malore improvviso. Di lì a poco la ragazza perderà i sensi. La presenza dei genitori, la prontezza del papà, Francesco, consentono di raggiungere il vicino ospedale di Corigliano. La situazione che si presenta agli occhi dei medici dopo la TAC è grave. Martina viene intubata e trasferita d’urgenza a Cosenza. Sono momenti concitati che restano fissi nella memoria della madre, Anna. La situazione si fa disperata e per Martina viene disposto il coma farmacologico. Quel che accadde nei 5 giorni in cui la ragazza resta sospesa tra la vita e la morte comporta un atto di fede che va al di là di ogni umana comprensione. In momenti come questi, nel mentre la medicina predispone indagini conoscitive, l’attesa diviene sgomento, angoscia o preghiera, ed è chiaro che nessun uomo di scienza o medico che sia, per quanto possa dimostrarsi illuminato, mai potrà dare risposte pronte al bisogno di un genitore disperato che chiede solo di riavere in salute il proprio figlio.
La comunità, tutta, del quartiere de “l’Acquedotto”, ed altri gruppi spontanei si stringono intorno alla famiglia Giuliano; inizia una corsa di sostegno e di preghiera per Martina. Giunge, intanto, una prima lettura della TAC da altri specialisti, si “indaga” una macchia o massa emorragica alla base profonda dell’encefalo, area dove s’ innesta il midollo spinale e le terminazioni nervose per il movimento degli arti. Il quadro clinico è critico; Martina rischia di non farcela o nella migliore delle ipotesi potrebbe rimanere paralizzata dal collo in giù. Ma cosa è accaduto a questa giovane per determinare una simile situazione?
A tutt’oggi sono in corso indagini per risalire alle cause dell’emorragia. Si scopre una malformazione vascolare congenita e non si esclude che a peggiorare le cose, possa essere stato un effetto trombotico che il vaccino anticovid presenta tra i “rari effetti collaterali” (già in Rapporto AIFA Vers. 1 del 26/05/2021). Quello di Martina non è stato un caso isolato, un altro giovane sempre di Corigliano, L.T., negli stessi giorni accusa la perdita della vista per un coagulo nei vasi sanguigni del nervo ottico. Il ragazzo, che per caso ho incontrato accompagnato dal padre, M., è tutt’ora in cura. Non si intende qui attivare un processo su questioni così delicate, tantomeno accendere gli animi tra chi si è vaccinato e chi difatti ha scelto di non sottoporsi al trattamento vaccinale. A testimonianza della difficoltà nel considerare se tanto è un bene o piuttosto un rischio. A bilanciare la questione sul vaccino anticovid un altro giovane coriglianese, di cui non conosciamo l’identità. Sappiamo solo che un paio di settimane fa è stato ricoverato d’urgenza, e che dalle notizie apparse sui media risulta che non si era vaccinato.
La stessa scienza e l’opinione pubblica sono divise; vi sono al riguardo notizie contrastanti e spesso noi genitori- dice Anna- ci troviamo ad affrontare situazioni che necessitano di conoscenze specialistiche, che purtroppo non s’improvvisano.
Il caso di Martina non porta con sé, dunque, alcun giudizio, ma un messaggio d’amore per tutti. Al suo risveglio, avvenuto dopo 5 giorni di coma indotto, è lei che racconta ai genitori del suo viaggio. Dalla sua voce emerge quel mondo straordinario dove alla scienza non è consentito accedere. È il mondo dell’anima che diviene uno con il divino. Una dimensione dove la morte non può accedere e che noi umani e mortali “riconosciamo” per i fenomeni che ne pervengono: i miracoli. Perché di questo si tratta, di un qualcosa d’inspiegabile e di potente che oggi ci restituisce una vita che si è dissetata ad una fonte sacra. Il racconto di Martina è sincero e svela dove è stata in quei giorni: “mi trovavo in una dimensione molto luminosa, in uno spazio aperto come il mare, nuda, immersa nell’acqua come tanti altri ed in fila. Attendevamo che qualcuno ci chiamasse. Non riuscivo a vedere chi stava ad aspettarci. Quando è giunto il mio turno mi sono trovata al cospetto di una donna che ho riconosciuto come Maria, la Madonna Immacolata, e di un uomo che senza alcun dubbio era Gesù. Mi hanno parlato e mi hanno detto che non dovevo stare lì. Poi mi sono sentita trasportata e mi sono ritrovata nel letto d’ospedale. Al mio risveglio dopo un primo momento di ripresa dei sensi ho riconosciuto i miei genitori, ma non erano soli nella stanza, vi erano altre presenze che non ho ben identificato. Figure che nessuno oltre a me ha detto di aver visto.”
Ma cosa è davvero accaduto a Martina? Quel che la ragazza racconta lo si rintraccia in una letteratura sterminata. Plotino, che attraversando tre millenni offre i suoi pensieri sull’anima e sulla tensione dell’umano verso il divino, confessa: “Più di una volta mi è capitato di riavermi, uscendo dal sonno del corpo, e di estraniarmi da tutto, dal profondo del mio io. In quelle occasioni godevo della visione di una bellezza tanto grande quanto affascinante che mi convinceva, allora come non mai, di fare parte di una sorte più elevata, realizzando una vita più nobile: insomma di essere equiparato al divino, costituito sullo stesso fondamento di un dio.”
Tanto si è palesato in Martina imprimendosi nelle sue carni: una macchia rossa a forma di cuore, nitida, perfettamente “disegnata” sulla schiena, come se un’energia benefica avesse attraversato l’organo cardiaco rivelandone la perfetta e intelligibile forma: la sede dell’amore. Un “disegno” che Martina non sapeva di avere. È stata sua madre Anna a scoprirlo, ed è evidente che il messaggio è rivolto a tutti coloro che pur non avendo visto crederanno.
Bentornata Martina!