È nato a Corigliano Calabro 22 anni fa. Il suo nome è Salvatore Domenico Celi e studia Scienze della Mediazione Linguistica presso l’Università di Torino (un anno in Francia presso l’Université de la Picardie Jules Vernes).
Nell’attesa della sua proclamazione di laurea, ha già iniziato un corso di studi magistrale in Lingue straniere per la Comunicazione internazionale, sempre presso l’Università di Torino.
Questo colto e sensibile ragazzo, nella sua tesi di laurea, partendo dalle origini storiche di Corigliano Calabro (comune oggi divenuto Corigliano Rossano a seguito dell’avvenuta fusione), ha deciso di affrontare un interessante studio sul dialetto coriglianese attraverso diverse fasi che possono essere considerate complementari le une alle altre.
“Per iniziare, e per meglio comprendere il nostro studio, avremo bisogno di approfondire in modo preliminare – spiega il giovane Celi – qual è la situazione linguistica italiana e quali sono le dinamiche tipiche dei dialetti in generale. Sempre in questa prima parte, ci concentreremo, in modo particolare, sui dialetti meridionali andando ad approfondire il dialetto coriglianese parlato da una comunità di circa 40.000 persone. Tutto ciò si svolgerà attraverso una sintesi che ci farà rivivere brevemente la storia del coriglianese e le caratteristiche tipiche di quest’ultimo. Infine, in questa prima parte prenderemo visione di alcuni testi scritti in coriglianese, ed una serie di contributi che ci offriranno alcuni scorci della società locale. Nella seconda parte avrà luogo un’inchiesta sul campo mirata in particolar modo allo studio fonologico e lessicale mediante la selezione di un numero di informatori, individuati sulla base di alcune prerogative che scopriremo più avanti. Riporteremo quindi i dati raccolti nel corso dell’indagine, organizzandoli secondo specifici criteri. Lo scopo di questa attività sarà quella di capire quali sono le dinamiche che caratterizzano la varietà dialettale locale e la situazione linguistica attuale. Nella terza e ultima parte, invece, verrà analizzato un questionario connesso alla sociolinguistica, volto a tutti i parlanti del posto, per comprendere qual è lo stato attuale del dialetto coriglianese. Inoltre, dopo aver raccolto i dati utili al conseguimento dell’esito, interpreteremo le informazioni, focalizzandoci sugli obbiettivi principali dell’indagine. Dalle ricerche svolte e dallo studio effettuato, è emerso l’attaccamento dei parlanti al dialetto coriglianese che si traduce in una conservazione di quest’ultimo davvero importante rispetto ad altri dialetti della Penisola. Seppur diverso dalla sua versione antica, il dialetto posto in analisi resiste tutt’oggi grazie all’uso che se ne fa quotidianamente. Esso è, infatti, il fulcro delle tradizioni popolari e culturali del paese. Dalle ricerche condotte da Franceschi sul dialetto coriglianese negli anni ’60, vi sono al giorno d’oggi delle differenze dovute, ad esempio, al grado di scolarizzazione e alla diffusione dell’italofonia nella popolazione. Nel primo capitolo abbiamo avuto modo di comprendere davvero quale fosse l’origine del dialetto coriglianese calandolo nell’ambito dei dialetti alto-meridionali e meridionali estremi. Abbiamo visto la resistenza del vernacolo attraverso la produzione letteraria di Isabella Freccia, autrice locale che conserva, tramite i suoi ricordi, la cultura e l’autenticità di una Corigliano che ormai possiede una realtà diversa da quella raccontata nelle sue opere. Nella seconda parte, dopo aver chiarito i criteri della ricerca svolta sul campo (di tipo fonetico e lessicale), si è proceduto all’analisi dei campioni posti sotto studio, i quali, nella loro diversità linguistica ed esperienziale, si sono rivelati reattivi e pronti a rispondere ai quesiti senza troppe difficoltà. Attraverso lo studio dei loro profili e delle risposte fornite, abbiamo visto come ci sia un distacco netto tra le donne più anziane che risultano più conservatrici, e gli uomini più giovani e istruiti che accusano l’influenza dell’italiano. Nella terza e ultima parte abbiamo analizzato i risultati del questionario rivolto ai diretti interessati e sono emerse delle tendenze diverse tra i parlanti che dimostrano di utilizzare il dialetto in maniera diversa. La maggior parte, infatti, preferisce alternare il dialetto all’italiano e viceversa, ma nonostante questo la presenza del dialetto persiste nel territorio”.
“Sostenere che il dialetto coriglianese stia scomparendo – prosegue Celi – non sarebbe quindi del tutto corretto, poiché risulta ancora largamente diffuso anche tra le nuove generazioni. Gli unici ambiti in cui il dialetto è stato soppiantato dall’italiano riguardano i contesti più formali, in cui si sente la necessità di conformarsi alla lingua nazionale. Presi dai nostri impegni, nella vita di tutti i giorni, non ci fermiamo mai a riflettere sulla lingua che utilizziamo, e quindi non gli attribuiamo l’importanza che merita”.
Onore e merito, dunque, a questo valido concittadino, che con il suo certosino lavoro porta avanti la necessaria tutela e valorizzazione del vernacolo locale, e che ha scelto, tra i diversi autori della produzione coriglianese, lo sforzo di Isabella Freccia, nota e stimata autrice che ha cercato, attraverso le sue opere, di mantenere in vita i ricordi della sua fanciullezza spensierata e di mantenere in vita le memorie di alcune tradizioni e racconti popolari. Alcune delle sue opere sono, perciò, scritte nel dialetto coriglianese al quale l’autrice è legata; essendo nata e cresciuta nella campagna locale, ricorda molto spesso nelle sue opere questo sud ancora ancestrale e la sua società ancora ricca di fobie e di riti. I riti sono una parte integrante della società del sud, soprattutto in passato, così come nella poesia “A notti i Nateli” che si trova nella raccolta “U Mindicanti i amuri”.
Fabio Pistoia