Il periodico Jonipress è tra quelli che si sono interessati sempre al sinistro che ha causato la morte contemporanea della famiglia Acri (Stano, Daria e il piccolo Pier Emilio). Un tamponamento terribile da parte di un furgoncino che seguiva sull’Autostrada del Sole nel luglio 2018 nei pressi di Roccasecca.
Da quel momento sono partite le indagini da parte della procura di Cassino. Ai primi del 2020 si era ventilata l’ipotesi di un’archiviazione. Hanno reagito con fermezza e competenza i legali della famiglia Acri, avv. Nicodemo Gentile e avv. Antonio Cozza, che sono riusciti ad ottenere, su disposizione del GIP, l’imputazione coatta. Pertanto, l’autista del furgone, imputato, deve rispondere di omicidio stradale. Era stata fissata l’udienza preliminare per il 6 ottobre. Niente da fare. L’udienza non si è tenuta e nessuno era stato avvisato. Il rinvio è previsto per febbraio 2022. Dell’accaduto ne dà ampia risonanza la giornalista Angela Nicoletti su “Frosinone Today”. A questo punto, una famiglia che viene dalla Calabria in taxi (la mamma ammalata oncologica) e la figlia Francesca, rimane incredula anche perché non abituata a seguire i ritmi odierni dei processi. Per l’occasione, la signora Leo Lucrezia, vedova Acri, da noi intervistata, ci ha espresso tutta la sua amarezza. In particolare, ci ha detto: “Sono andata a Cassino il 6 ottobre assieme all’unica mia figlia Francesca nella speranza di parlare al cuore del giudice della vicenda tristissima che ha mandato all’altro mondo tutti i miei cari nello stesso momento. Tutto è avvenuto nel luglio 2018 sull’Autostrada del Sole allorchè l’auto della famiglia Acri (figlio, nuora e nipotino) è stata violentemente tamponata. In quel momento tutta la famiglia Acri è volata al Cielo. Era una famiglia unita e felice con tanti sogni e pure tante sofferenze causate dalla malattia del mio nipotino che poi, grazie alle cure avute al “Bambin Gesù”, si era risolta per il meglio. Tornavano appunto da una visita di controllo da Roma. I colleghi della Regione Calabria li chiamavano “la sacra famiglia”; a loro volevano tutti bene. Mio figlio, benchè giovane avvocato, si era battuto con un ricorso al TAR per la riassunzione dei colleghi, sua e di sua moglie (momentaneamente sospesi dall’incarico alla Regione Calabria per i migliori laureati). Mio figlio mirava in tutte le vicende alla giustizia e alla verità. Era stimato dai professori dell’Università della Calabria i quali lo avevano nominato “Cultore della Materia”. Aveva collaborato alla redazione di vari libri sempre su incarico dei professori dell’Università. Ripeto, si batteva per la verità, la giustizia e la dignità della persona. Adesso io e mia figlia abbiamo ereditato questo scopo: continuare a lottare e sostenere i suoi ideali: verità e dignità in tutto. Per questo siamo venute con i nostri avvocati all’udienza per invitare il giudice a risolvere questa triste vicenda e dare ai nostri cari giustizia e pace. E’ stato un tamponamento violento, anzi uno schiacciamento di macchina e corpi su un’autostrada larga e con ottima visibilità; mantenendo la distanza di sicurezza, la prudenza e l’attenzione, tutto si sarebbe evitato. Ma tant’è. Mi domando: come andrà a finire il prossimo appuntamento?”. Ci aspettiamo verità e giustizia anche noi non solo per l’affettuosa amicizia che ci legava alle vittime, persone meravigliose, ma soprattutto perché una sentenza che rispetta il diritto costituisce sempre un modello educativo per la società intera.
Salvatore Arena