di Papàs Elia Hagi, parroco di Vaccarizzo Albanese.
Se nella lista di amici sui social avete persone di Vaccarizzo Albanese, immancabilmente oggi si potevano osservare le foto di una pietanza curiosa.
Nelle comunità cristiane alcuni piatti per le feste coniugano la festa religiosa con il territorio dove essa si celebra, e ogni comunità locale ha tracciato, nei secoli, la sua storia e la sua identità attraverso la creazione di determinati cibi che sono anche testimonianza delle varie tradizioni gastronomiche legate al calendario stagionale e a quello liturgico o alle numerose usanze popolari connesse alla commemorazione di un santo particolare.
“La relazione che il cristiano vive col tempo appare, a prima vista, paradossale: da una parte il tempo per il cristiano è qualcosa di prezioso, di denso, di pieno, e dall’altra è qualcosa di leggero, di relativo” (card. Martini, Piccolo manuale della speranza. Vivere con fiducia il nostro tempo, p. 87).
Pur essendo consapevoli di come nella società in cui viviamo si tenda a eliminare la distinzione tra tempo sacro e tempo profano, in occasione delle feste le tavole sono imbandite da cibi che di solito non trovano spazio sulle mense dei giorni feriali.
Quasi tutte le feste religiose cristiane presentano un piatto particolare che rimanda alla dimensione religiosa che si celebra liturgicamente; la grande solennità pasquale difficilmente dimentica le uova, perché l’uovo è chiaro simbolo della vita contenuta in esso e quindi segno della resurrezione di Cristo, o ancora, nei Salmi leggiamo: «Il vino che allieta il cuore degli uomini; l’olio che fa brillare il suo volto e il pane che sostiene il suo vigore», quasi a parlare di una “triade mediterranea”.
Per la festa della Madonna del Rosario che la comunità arbëreshe di Vaccarizzo Albanese festeggia la seconda domenica di ottobre, cioè oggi, il piatto associato e lakër, lakra, il maschio del cavolo nero, chiamato popolarmente cavolaccio, bollito con la carne. In tempi migliori, quando la processione si snodava brulicante di vita accompagnata dalla musica allegra della locale banda musicale, assaliva i partecipanti l’odore forte dei lakër che vengono preparati per il pranzo.
È l’odore della festa d’oggi. Anche il naso viene avvertito della festa tramite questo odore equo e collettivo che si sprigiona dalle cucine in questo giorno.
È l’unico giorno dell’anno che viene preparato e mi risulta (in attesa di essere smentito) che questa tradizione esiste solamente a Vaccarizzo Albanese. Convinto che dobbiamo difendere e salvaguardare il nostro patrimonio enogastronomico dall’ansia dell’omologazione era giusto far conoscere questo “particolare”.