
Manca poco, ormai, all’avvento inaugurale delle scuole di ogni ordine e grado. Una nuova stagione che prenderà il via in Calabria il prossimo 20 settembre, tra legittime speranze di alunni, insegnanti e famiglie, ma anche di comprensibili preoccupazioni per la pandemia che tuttora incombe.
E come non ricordare, in siffatte circostanze, ciò del quale andare orgogliosi, come comunità, nella storia delle istituzioni scolastiche della nostra città, dai suoi protagonisti al percorso evolutivo che ne è seguito?
Si pensi, e non solo a mo’ d’esempio, al plesso delle scuole elementari, situato alle spalle del Santuario di San Francesco di Paola che domina il centro storico di Corigliano: istituzione non solo educativa e formativa, ma anche e soprattutto palestra di vita, luogo di scambi e relazioni umane.
Ne è prova la testimonianza, numerosa e tutta concorde, di donne e uomini d’oggi che dietro i banchi di scuola, nell’antico edificio, hanno trascorso anni felici. Ed è tra quelle mura che si è proceduto, sin dal 1950, all’introduzione (tra i primi casi del genere in tutt’Italia) e all’utilizzo del “limografo”, un attrezzo, innovativo per l’epoca, di grande semplicità d’uso ma capace di regalare agli alunni notevoli soddisfazioni. Il limografo altro non è che un apparecchio riproduttore di disegni o scritture, nel quale la matrice, costituita da un foglio cerato, si pone su un piano la cui superficie si presenta come una lima finissima, e si scrive sul foglio con una punta, sotto la cui pressione la lima fora la carta in modo uniforme.
Ebbene, il professore Giuseppe Franzè – indimenticabile insegnante elementare e cultore di storia locale, che a San Francesco nonché altrove formò intere generazioni di allievi – introdusse a Corigliano l’utilizzo del limografo per stampare uno dei primi giornalini scolastici, realizzato esclusivamente dai ragazzi, il cui nome era “La Sila”. Come raccontato da alcuni protagonisti di quella straordinaria avventura, il professore Franzè assegnava il tema degli articoli da trattare e ogni alunno compilava il suo “pensierino” o la sua piccola riflessione, tutti poi fedelmente riportati sulle pagine del periodico. Altri alunni, invece, avevano il compito di occuparsi della copertina, dei disegni illustrativi e dei titoli.
La stampa del giornalino con il limografo donava la gioia, ai ragazzi, di poter vedere il prodotto finito rigorosamente con le proprie mani. Basti pensare, a conferma della bontà dell’iniziativa e della felice intuizione dell’insegnante, che solo successivamente, negli anni Sessanta e Settanta, l’uso del limografo divenne di uso comune nel resto d’Italia. Ma tanti altri furono gli efficaci metodi pedagogici adottati dal professore Franzè, ancora oggi vividi nelle menti e nei cuori di quelle ragazze e di quei ragazzi di ieri che continuano a ricordarlo con affetto e gratitudine. Ad esempio, i proficui “gemellaggi” con altre classi elementari della Penisola, con fitti scambi di corrispondenza tra gli scolari coriglianesi ed i loro coetanei residenti in distanti località. E ancora, la suddivisione della classe in gruppi, ciascuno dei quali era chiamato a studiare una o due materie e i cui componenti venivano poi interrogati dai ragazzi dell’altro gruppo. Il professore Franzè assisteva e dava i voti in base alle risposte, il gruppo che “vinceva” con il punteggio migliore esprimeva il capoclasse e l’intero gruppo aveva la responsabilità della classe per il mese successivo. Così facendo, gli studenti venivano stimolati ad essere autonomi e rispettosi l’uno dell’altro; il professore sembrava che non insegnasse nulla, ma in realtà riusciva a fare in modo che tutti apprendessero velocemente, come fosse un gioco, tutto il programma scolastico. Ognuno era coinvolto, ognuno aveva un ruolo, ed era orgoglioso e consapevole di quello che si faceva in classe. Con questo suo metodo, nessun ragazzo rimaneva indietro nel programma e raramente suoi alunni furono bocciati o rimandati. Altra iniziativa fu quella dell’apertura di conti correnti con la locale Cassa di Risparmio. Ciascun alunno aveva la sua cassettina chiusa senza chiave. Si versava quel che si poteva e poi la banca registrava fedelmente il risparmio sull’apposito libretto.
Esperienze e metodi educativi divenuti di uso comune negli anni successivi, ma che videro tra i pionieri proprio il professore Giuseppe Franzè, del quale si ricorda positivamente anche il suo onesto e laborioso impegno politico. Pagine di vita coriglianese, anni decisivi per la formazione dei discenti, che oggi sembrano lontani più di quanto effettivamente siano, ma certamente di stimolo e fulgido esempio per i cittadini protagonisti del domani.
Fabio Pistoia