di Mario Gallina
Ma chi è un Sindaco?
Sindaco è un titolo onorifico usato a partire dal medioevo per designare funzionari con varie attribuzioni, solitamente comportanti < la rappresentanza di una città, un comune o una comunità per tutelarne gli interessi >.
Ma esso viene anche indicato come il “PRIMO CITTADINO”.
Ma quando il SINDACO È EFFETTIVAMENTE IL “PRIMO CITTADINO” ?
Accade alquanto di frequente che quando i cittadini si riferiscano alla persona titolare della funzione di Sindaco anziché identificarla con questa sua carica istituzionale gli attribuiscano, invece, il titolo di “primo cittadino”, come se i titoli fossero equipollenti, alternativi.
La questione può sembrare priva di rilevanza, e forse per alcuni aspetti lo potrebbe pure essere, tuttavia rispetto all’emancipazione culturale della comunità tale comportamento dei cittadini va necessariamente corretto perché anzitutto contrasta con il senso democratico della funzione istituzionale, che deve essere di servizio in un quadro di eguaglianza e alternanza dei ruoli e funzioni;
La definizione evidenzia una certa soggezione psicologica nei confronti del titolare del “potere locale” tipica del remoto mondo feudale e baronale che impedisce la crescita civile e morale dei cittadini.
Non va mai dimenticato che le parole hanno sempre un significato ed un valore in sé, e che quando esse si allontanano dai termini giuridici utilizzati per identificare gli enti e gli organi pubblici occorre essere particolarmente accorti e cauti perché a seconda dell’uso corretto o meno s’introducono nel sistema sociale e politico dei concetti spuri che alterano i fragili rapporti tra i cittadini e il potere, dando ai titolari di questo la sensazione di essere considerati come delle “divinità” politiche e sociali.
Definire, quindi, come “primo cittadino”, un qualunque cittadino che ha provvisoriamente assunto la carica istituzionale di Sindaco equivale ad esprimere un giudizio di paragone, di raffronto, con tutti gli altri cittadini della stessa comunità, stabilendo, così, un ordine gerarchico, in virtù del quale – se c’è un primo – è inevitabile che tutti gli altri seguano tale ordine discendente (il secondo, il terzo, etc., imponendo, così, di individuare anche chi sia “l’ultimo cittadino”).
Al di là del fatto che non vi è nessuna norma che preveda tale attribuzione del “primato” (non vi è, infatti, alcuna vigente disposizione di legge in tal senso), per cui il “primato” viene riconosciuto al di fuori della legge, tuttavia, qualora si voglia conservare questa “tradizione paesana” allora si rende senz’altro necessario fissare almeno alcuni requisiti minimi di base affinché si possa attribuire ad un Sindaco tale primato di “primo cittadino” rispetto a tutti gli altri concittadini.
E allora occorre cominciare col riconoscere che non è ovviamente sufficiente essere stato eletto Sindaco del Comune, ma che è necessario che tale cittadino possegga anche altri ulteriori requisiti diversi da quelli politici.
Credo che l’elenco dei requisiti dovrebbe sempre essere quanto più lungo possibile, tanto da distanziare sempre tutti gli altri cittadini, a cominciare dal “secondo”. Tra i requisiti dovrebbero certamente primeggiare la conoscenza assoluta del territorio su cui governa, la crescita sinergica con la sua comunità, la saggezza, il senso etico e della moralità pubblica; l’assenza di qualunque procedimento penale a carico; il rispetto per il bene comune e lo spirito di servizio verso la collettività.
Individuati, così, tali parametri valoriali minimi occorre, indi, verificare se il cittadino-Sindaco ne sia o meno in possesso qualora gli si voglia attribuire il “titolo” di “primo cittadino”.
Soltanto all’esito, perciò, di tale riscontro, sarà eventualmente possibile attribuire detto “primato”, di primo cittadino.
Indubbiamente un procedimento di questo tipo comporta una serie di difficoltà e inconvenienti, e rende complicato poter attribuire – come invece ora si fa a cuor leggero – il titolo di “primo cittadino” a un Sindaco qualunque, tuttavia, così operando, si potrà essere più sicuri di aver fatto la scelta migliore.
Ecco oggi possiamo sicuramente affermare che Stasi non ha, in virtù dell’essere diventato Sindaco di una comunità “fusa”, meglio sarebbe definirla “confusa, tutte quelle caratteristiche necessarie e sufficienti, quelle carature sopra descritte per essere definito è riconosciuto “PRIMO CITTADINO DI CORIGLIANO” particolarmente per quanto afferisce la conoscenza è la sinergia di crescita con la comunità Coriglianese amministrata.
E sì, possiamo girarla
come vogliamo ma di Corigliano Stasi non conosce e non sa una “beneamata mazza”, ne sa men che meno dell’ultimo cittadino di Corigliano, ne sa come e quanto ne può sapere una new entry residenziale, magari colorata che da qualche tempo ha scelto per forza o per fortuna la nostra comunità per costruirsi una nuova vita.
Cosa ne può sapere delle dinamiche sociopolitiche che hanno determinato i nuovi assetti economici della città di Corigliano, chi e perché ha fatto nascere quartieri nuovi ed abbandonati i vecchi, lui il primo cittadino lo sa?
Chi sono i nuovi ricchi ed i nuovi poveri lui li conosce? E perché certe strade sono nate ed altre no questo primo cittadino le conosce?
Chi ha avuto la fortuna o la capacità di premere il pulsante dell’ascensore sociale lui li conosce?
E la classe politica vecchia e nuova e quali solo le storie singole e le loro interrelazioni con le relative carature culturali ed umane lui le sa?
Non può saperle e non ha nemmeno interesse a conoscere tutti questi data base, ma esse sono il sale, anzi sono, perdonatemi il termine che non è mio (non mi pregio di essere tanto profondo) merda e sangue del tessuto sociale:
La politica.
Ecco perché Stasi è un immigrato della politica in terra di Corigliano, un altro errore, un altro figlio deforme della Talidomide proposta come farmaco generico sotto forma di “fusione”.
Mario Gallina
(Da una libera interpretazione dei Servitori del popolo)