Una volta si soleva dire: “Siamo nel terzo mondo!”. Espressione di comune utilizzo per indicare fatti, accadimenti, servizi tipici di paesi sottosviluppati per antonomasia, lontani anni-miglia dalle cosiddette “civiltà”, non solo geograficamente, ma anche e soprattutto da un punto di vista del grado sociale e culturale vigente.
Dire, invece, nell’area urbana di Corigliano del 2021, che “sembra di vivere come in Africa”, non solo risulta anacronistico ma, probabilmente, anche fuorviante e offensivo per quelle stesse popolazioni. Dall’Africa e all’immaginario che ne deriva, infatti, non abbiamo poi tanto che ci differenzi: dagli ospedali da campo cosentini, montati per l’emergenza Coronavirus a causa delle croniche carenze dei nosocomi territoriali, ai “servizi” (se così possono essere definiti) molto spesso offerti alle comunità amministrate. Problematiche certamente non di oggi, il che tuttavia non può divenire una motivazione valida sempre e ovunque, a fronte di non poche imposte ed esosi balzelli comunali.
È il caso di contrada Chiubbica, importante arteria stradale, anello di congiunzione dello Scalo coriglianese tra gli uffici dell’Azienda Sanitaria Provinciale e le attività agricole e produttive della zona, tra le altre contrade Bonifacio e Santa Domenica e tutto il resto del territorio, comunale e comprensoriale. Oggetto di interventi eseguiti nelle scorse settimane per tentare di appianare i disagi derivanti dalla catastrofica situazione del manto stradale dissestato, oramai ridotto ad un colabrodo corredato di veri e propri “laghi” di enormi dimensioni, versa adesso nuovamente in pessime condizioni.
Danni ingenti riportati dalle vetture, evidente pericolosità per i pedoni e gli automobilisti, abitazioni ed attività completamente isolate, con conseguenze economiche e lavorative perché impossibili da raggiungere. In attesa degli annunciati lavori pubblici che andranno ad interessare l’intera zona, per quanto tempo ancora si dovrà continuare ad assistere a questo indecoroso spettacolo? E contrada Chiubbica non è che l’esempio più lampante di un disagio permanente anche altrove: l’elenco è davvero lungo.
Fabio Pistoia