La drammaticità di questo periodo storico ci schiaccia sul presente, ciò è innegabile. E per quanto sia giusto parlare di virologi, reparti Covid, contagi, sanità, vaccini e commissari vari mi sembrava divertente e stimolante pensare a lunghissimo termine, per scappare da questo “presentismo” asfissiante.
Perché credo sia giusto avere una visione più larga anche laddove mancano ancora i servizi essenziali. Perché perseguire il soddisfacimento dei servizi essenziali non significa nel frattempo non poter inseguire altri obbiettivi.
Comunque, per iniziare: noi qualche anno fa abbiamo fatto la città unica, abbiamo fatto Corigliano Rossano, ora dovremmo fare i coriglianrossanesi, direbbe forse D’Azeglio. Se il parallelismo è solo un gioco ironico, bisogna ammettere che l’attuale situazione di Corigliano Rossano ricorda molto alcuni problemi che furono del Risorgimento. Il problema principale è questo: la fusione di questa città non è entrata nelle coscienze delle masse popolari, proprio come l’Unità d’Italia inizialmente fu solo un fatto per pochi, una consapevolezza elitaria.
Nulla di scandaloso per carità, la maggior parte delle grandi trasformazioni sociali partono dai progetti di piccoli gruppi elitari, però purtroppo il fatto che tanta gente abbia votato per il “si” al referendum fusionista non significa che questo abbia creato un’identità fusionista. Noi abbiamo un serissimo problema identitario e questo si denota dalla trita e ritrita esclamazione: “siamo la terza città della Calabria!” come se essere la terza città della Calabria numericamente parlando significasse davvero qualcosa in termini sostanziali.
E allora? Cosa fare? Tornare indietro come qualcuno afferma? Assolutamente no. La città unica è uno strumento prezioso ma dobbiamo cominciare a darle un’identità, altrimenti imploderà in quelle divisioni che persistono e in quella diffidenza di base che scaturisce da un motivo molto banale e semplice: coriglianesi e rossanesi non si conoscono abbastanza. O meglio, le classi dirigenti si conoscono benissimo fra loro, ma le masse popolari sono rimaste fuori da questo dialogo costruttivo. Dall’inizio del mandato Stasi queste divisioni si stanno inasprendo (non per sua colpa diretta), ma perché ci si sente abbandonati in questo caos disordinato di 80.000 abitanti.
Se non vogliamo che la prossima campagna elettorale diventi una stupida sfida fra un candidato del tornante rossanese e uno del tornante coriglianese, dobbiamo iniziare a pensare delle soluzioni.
Le soluzioni nel breve termine purtroppo sono pochissime, perché un’identità non si radica in un giorno. Innanzitutto andrebbe creato un tavolo con tutti i dirigenti scolastici per iniziare delle attività di scambio interculturale fra le classi degli istituti delle varie zone della città. Si potrebbe iniziare a creare qualche benedetto centro aggregativo donandolo a qualcuna delle decine di associazioni presenti sul territorio e inoltre andrebbe creato immediatamente un gruppo di lavoro che comprenda gli storici di entrambi i tornanti, per creare una mitologia di Corigliano Rossano: valorizzare gli aspetti che ci accomunano di più (perché il patrimonio comune è immenso), trovare dei simboli rilevanti, cercare il modo per renderli fruibili alla cittadinanza tutta. L’unico modo per attenuare la coriglianesitá o la rossanesitá è favorire una coriglianrossanesitá.
Ma il lavoro più importante si può e si deve fare a lungo termine. Evitando di parlare di lungomare unico o di Cittadella (i servizi andrebbero decentrati non centralizzati, o meglio ancora digitalizzati). Non abbiamo bisogno di queste opere a mio parere.
Io credo che il modo più intelligente di sfruttare l’area di Insiti sia quello di creare in quel posto un polo didattico di scuole superiori. Si potrebbe fare anche con i ragazzi più piccoli, ma questo creerebbe problemi di spostamento per i genitori che lavorano e accompagnano i figli a scuola, mentre i ragazzi delle scuole superiori potrebbero avvalersi tranquillamente del trasporto pubblico locale, anche se la competenza della provincia su quest’ultime potrebbe complicare un po’ il percorso di progettazione e di costruzione.
Questo risolverebbe i problemi della nostra città e della nostra identità? Certamente no. Ma Corigliano Rossano ha bisogno di un cuore e un luogo del genere avrebbe un’incredibile forza simbolica, un luogo dove si smette di essere coriglianesi o rossanesi e si inizia a diventare qualcos’altro, tramite la crescita, il vissuto, la collaborazione, la conoscenza, perché le scuole hanno il potere di creare un’identità. Sappiamo benissimo che la nostra città non potrà mai avere un’università, ma un luogo del genere avrebbe un’atmosfera simile e un potenziale attrattivo immenso, specialmente nel momento in cui questo polo didattico si contornasse anche di altri piccoli centri aggregativi. Insomma: una “quasi università”.
Tutto ciò ovviamente non è semplice, perchè sul territorio abbiamo una ventina di indirizzi diversi per le scuole superiori concentrati in una dozzina di strutture fisiche, questo significa che i numeri sono importanti e considerevoli. Ma se uno sforzo imponente deve esser fatto per costruire qualcosa di importante, tanto vale fare questo polo didattico, magari iniziando a centralizzare quelle scuole con meno iscritti (presumibilmente i licei) e riconvertendo quel palazzetto abbandonato, ammesso che non sia definitivamente perduto in mano ai privati.
Questo compito di fusione delle scuole sarebbe addirittura favorito dalla legge sul dimensionamento scolastico, e infatti sono sotto gli occhi di tutti i tantissimi accorpamenti di istituti sparsi per i comuni italiani. Non sarà mai la nostra soluzione definitiva, ma a mio parere darebbe una spinta entusiasmante alla città. Ovviamente non basterà il contenitore, saranno molto importanti i contenuti perché la configurazione di un’identità cittadina dipende anche dallo sforzo individuale.
Ma se e quando esisteranno le scuole uniche di Corigliano Rossano, quando le tradizioni saranno contaminate, quando per un ragazzo sarà la stessa cosa disegnare il castello ducale o la torre dell’orologio, quando per un ragazzo sarà la stessa cosa fare un giro in piazza Bernardino Le Fosse o in piazza Salotto, ecco, lì ci sarà la vera fusione. Fra molti anni. E un’appartenenza totale provocherà la comprensione totale di una classe dirigente davvero coriglianrossanese.
È un pensiero apparentemente molto astratto ed a lungo termine, ma la politica deve vivere di “pensieri lunghi”, altrimenti diventa soltanto attualità.