Nonostante la terribile emergenza pandemica che stiamo vivendo, le giornate dell’1 e 2 novembre, tradizionalmente dedicate alla commemorazione dei defunti e alla festività di tutti i santi, occupano un posto particolare nel cuore di ciascheduno.
Il pensiero va, più di ogni altro momento, alle persone care che non ci sono più nonché a quelle figure di donne e uomini di Chiesa dalle quali ciascuno ha preso il proprio nome. Anche a Corigliano, rispettando le disposizioni impartite dalle autorità per prevenire e contenere il contagio da Covid-19, in tanti si recano presso il cimitero per portare un fiore e un saluto a familiari e amici che ci hanno lasciato, accomunati da riflessione e preghiera.
Degna di menzione, soprattutto in questa circostanza, è la chiesa di Santa Maria Omnia Sanctorum, detta anche “chiesa di Ognissanti o Santuoro”, che si trova nella zona più antica del centro storico coriglianese che veniva indicata come “la Giudecca”. Successivamente, fu non a caso definito “rione Ognissanti” l’insieme delle abitazioni che circondavano la chiesetta.
Così, nel 1884, nella sua opera “Crono-istoria di Corigliano Calabro”, Giuseppe Amato scriveva: “La terza Chiesa è quella di tutt’i Santi, o Santoro, la quale era ufficiata da quattro sacerdoti, oltre il Parroco. Fu fabbricata nel 1107, a spesa del popolo, come dissi nel capitolo primo. Compruova ciò la pergamena, trovata chiusa in un astuccio di metallo, in un angolo della chiesa, quando nel 1857 fu l’istaurata a spesa e cura del suo Parroco Infantino De Gaudio — È una piccola chiesa, quasi senza rendita, ma mantenuta benissimo, e benissimo ufficiata”.
La chiesa dovrebbe pertanto risalire all’anno 1107, come attestava una vecchia pergamena ritrovata durante i lavori di rifacimento del 1857 e andata poi perduta. In cima, un campanile a vela contiene due campane: la più grande risale al 1635 e la più piccola al 1750.
Fabio Pistoia