“Conosci tu il paese dove fioriscono i mandarini/ Brillano tra le foglie cupe le arance d’oro…”.
Non me ne voglia il grande Goethe se ho preso in prestito, travisandola un poco, la sua famosa frase riferita al nostro Sud nel suo suggestivo libro “Viaggio in Italia”, pubblicato nel 1816! Ebbene si, io lo conosco questo paese, e si chiama Corigliano-Rossano,
da poco diventato un’unica entità amministrativa e che fa da confine, da baluardo, alla mitica e rigogliosa pianura di Sibari, uno squarcio di Magna Grecia, dove più di 2.500 anni addietro le leggiadre fanciulle vestivano di seta e di porpora e indossavano monili d’oro e d’argento ancora sconosciuti in tanta altra parte di mondo.
Una rigogliosa pianura, ristorata dalle acque del fiume Crati, dove al suo centro sorge l’importante sito archeologico dell’antica città di Sibari, ricca di antichi camminamenti, di suggestive pavimentazioni, di un prezioso Museo meta di visitatori e di studiosi da tutto il mondo, dove tutto intorno fanno da corona le ormai rinomate e preziose piante che producono i famosi mandarini di Sibari: le Clementine.
Una pianura incastonata tra il selvaggio e misterioso monte Pollino, dove va a morire il sole imporporato di agosto; il mare Jonio, che quando soffia il vento di maestrale improvvisamente cambia colore e diventa blu cobalto, e poi, a un tiro di schioppo, le prime propaggini della Sila Greca, con i piccoli paesini di San Giorgio, Vaccarizzo, San Cosmo, San Demetrio, Santa Sofia, tutti di origine arberesh, gli albanesi arrivati in Italia all’inizio del 1.500, che fanno da accogliente cerniera per chi voglia intraprendere un viaggio che lo porti dal mare ai monti.
Ma io conosco in questa striscia di Calabria anche altre bellezze, altre eccellenze, che gravitano attorno o nelle vicinanze di questa mitica pianura, purtroppo poco citate nei reportage che si leggono sulla grande stampa, in questi giorni, nel solleone d’agosto, e che hanno fatto da traino e da sprone all’intraprendenza imprenditoriale di queste genti…anche nel campo dell’arte.
Bellezze ed eccellenze che hanno, anche se in minima parte, frenato la fuga da se stessi e concesso a noi, figli-viaggiatori erranti in cerca di altro da noi nel resto d’Italia, di poter ritornare, anche se solo per le vacanze, e di essere consapevoli testimoni delle meraviglie dei nostri paesi, più rispettosi di questo territorio, più informati sulla sua storia.
Anche se, in fondo, in questa terra piena di contraddizioni, si deve continuare a fare i conti con il problema più grosso che purtroppo si registra da queste parti, da tempi immemorabili, ovvero……. U TRAFFICU!!! Perdonatemi la scontata battuta presa in prestito dall’esilarante film “Johnny Stecchino” col grande Roberto Benigni.
E voglio ricordare l’incommensurabile bellezza ed unicità del Codex Purpureus Rossanensis, un evangelario del VI secolo considerato il più importante esempio al mondo di codice greco miniato, composto ad Antiochia ( Siria) o forse a Cesarea di Palestina, scritto su una pergamena sottilissima color porpora, riconosciuto dall’ Unesco “ Memoria del mondo, e custodito presso l’Arcidiocesi di Rossano.
La Maison Celestino, che dalla prima produzione di tappeti e tovagliato è arrivata oggi ad essere un importante punto di riferimento del fashion italiano nel settore dell’alta moda grazie al formidabile input che è riuscita a dare a questa azienda l’elegante ed energica avvocatessa Caterina Celestino, con capi da cocktail e gran soirée, unici per qualità dei tessuti( tutti derivati dai prodotti della terra, del territorio, come il cotone, la canapa, etc…) e lavorazione sartoriale, che segnano ormai l’affermazione di un brand che si identifica nel vero made in Italy.
La fabbrica di liquirizia Amarelli, dove da una piccola radice dolce, considerata all’inizio del secolo scorso una erbaccia infestante, saltano oggi fuori tanti bastoncini che assomigliano a tanti piccoli sigari… però da masticare, succhiare, godere, oggi conosciuti in tutto il mondo grazie al piglio manageriale della suadente e leggiadra signora Pina Mengano, sposata al barone Amarelli di Rossano.
E come non citare, infine, la bottega artigiana della combattiva ed energica Rosalba de Bonis, di Bisignano, sempre in provincia di Cosenza, dove da più di 200 anni viene estratta l’anima ad un piccolo tronco di abete producendo chitarre famose in tutto il mondo, predilette anche dal grande maestro Segovia, e dove hanno trovato vita le famose ed originali “chitarre battenti”.
Le “guerriere” della Calabria!
Ecco, è questa la Calabria di cui dovrebbero occuparsi i grandi rotocalchi e le trasmissioni delle varie Tv nazionali in questa strana estate tutta italiana ( ma ci sarebbero altre testimonianze da sottolineare…), che ci può far capire che questa “fuga” si può e si deve arrestare.
Certo, questa è un terra dove ogni cosa può diventare il suo contrario, ancora soffocata da una pluralità di giudizi e di immagini ostili e a volte superficiali, che però non possono e non devono essere attribuiti solo e sempre… agli “altri”.
Ma se poi in un pomeriggio d’agosto, proprio quando ti accorgi che il vento di maestrale sta, inopinatamente ed inspiegabilmente, per fare il suo giro e tu da un cocuzzolo della Serra di Cristo lanci un urlo verso il tenebroso Pollino e incredibilmente l’eco ti ritorna indietro, allora capisci che sei in una terra di cui non ti potrai liberare mai.
Michele Minisci
Giornalista free lance (di origini calabro-albanesi-arberesh)