Eccellenza reverendissima arcivescovo Giuseppe Satriano,
mi permetto di scriverLe dopo aver letto il Suo intervento sugli atti intimidatori vissuti dal nostro territorio. Episodi che purtroppo conosco personalmente, oltre alla vicinanza all’amico giornalista Fabio Buonofiglio. Cogliendo dunque il Suo appello al senso civico e alla legalità, desidero raccontarle un breve fatto.
Dove vivo, nel centro storico coriglianese, c’è un’area pubblica che per qualche tempo è stata data in concessione gratuita al fine di creare uno spazio per la collettività. Il titolare della concessione non ha però realizzato nulla nei due anni di possesso previsti e l’area è rimasta chiusa e inagibile. A concessione scaduta ha tuttavia mantenuto illecitamente il possesso dell’area, strappando all’amministrazione comunale la promessa di un rinnovo e sostenendo di avere da tempo ristrutturato e posto in sicurezza la zona. Per avvalorare tale menzogna ha organizzato dei lavori ormai totalmente abusivi con una ditta fantasma. Lo scempio è stato infine bloccato dalle denunce dei cittadini e ormai è in attesa di smaltimento. Oggi un palo di ferro alto qualche metro, malfermo e a rischio di caduta sulla via e sulle vicine abitazioni è stato finalmente rimosso solo grazie al personale interessamento di un assessore.
Il soggetto responsabile della concessione e degli abusi che Le ho descritto è don Massimo De Novellis per conto della Parrocchia dei Ss. Pietro e Paolo e l’area è la cosiddetta “Cavallarizza”, designata all’epoca come un improbabile campo da calcio. Oggi mentre finalmente vedevo rimosso almeno quel palo che da novembre minaccia la mia abitazione, ripensavo al Suo intervento su legalità, senso civico, diritti e giustizia e – Lei mi perdonerà – ho parafrasato in vari modi la celebre metafora del Vangelo di Matteo su pagliuzze, travi e anche pali di ferro, tanto per non far mancare nulla ai nostri occhi.
Non è stato nemmeno facile ottenere l’eliminazione di questo elemento più malfermo e pericoloso (mentre altri pali e detriti rimangono in attesa) perché c’è sempre in definitiva qualcuno che è più realista del re, o in questo caso più clericale del clero, e ritiene che proprio la legge e il diritto possano essere sorvolati da chi indossa la tonaca.
Quello che realmente mi offende, mentre guardo dalla mia finestra i detriti e il degrado in cui versa l’area, oltre alla situazione di pericolo ancora irrisolta, è l’idea che esista una bellezza di serie A, una bellezza patrimonio Unesco per così dire, e una bellezza di serie B più scadente, arrangiata e pericolante da riservare agli umili.
Ma volendo, in tema di legalità, l’accaduto è poca cosa se confrontato al funerale di un boss mafioso celebrato nella chiesa di Sant’Antonio lo scorso anno, dopo il giusto e anche coraggioso rifiuto della parrocchia competente a celebrare le esequie.
Perciò mi sento di dirle, anche al rischio di essere irriverente, che non Le riconosco francamente alcuna autorità a parlare di giustizia e legalità, valori che anziché proporre al gregge, La invito a diffondere fra i Suoi distratti pastori.
“Lontano da me il frastuono dei tuoi canti:
il suono delle tue arpe non posso sentirlo!
Piuttosto scorra come acqua il diritto
e la giustizia come un torrente perenne.”
La saluto e mi scuso per la durezza che tuttavia reputo necessaria e – per quel che vale – sincera: io spero sempre, ai margini di tanto esibito cattolicesimo, di essere sorpreso da qualche solitario sussulto di cristianesimo.
Sergio Paciolla