“Me ne stetti muto, in silenzio; tacqui, ma senza frutto. Il mio dolore s’inasprì; bruciava il mio cuore dentro di me:” Salmo 39,3
Quel giorno di maggio con Chiara , Alessio, Alfredo ed altri ragazzi presso il laboratorio di pittura si respirava un’aria di preoccupazione per Fabiana. Chiara raccontava che sin dal primo pomeriggio i genitori di Fabiana, rapiti da un brutto presagio, non si davano pace nel cercarla, nel rintracciare quella giovane figlia che non era rientrata a casa da scuola. Quando il giorno dopo si seppe del dramma, della barbarie accaduta a Fabiana per mano del suo ex ragazzo, una sincope surreale sospese la Città, una mancanza di pensiero e di vita gelò tutti.
Un momento incancellabile che ad oggi permane, e mi sopravviene ogni qualvolta leggo le lettere aperte del papà di Fabiana ,ogni volta che incontro la mamma, Rosaria.
Quel 24 maggio del 2013 segnò un non ritorno per tutta la comunità coriglianese, per l’intera Nazione. Quel giorno una parte di me si è spenta, insieme a quella flebile speranza di poter dare un contributo a questa terra che tanto amo.
Se una risposta da allora è pervenuta in soccorso ad uno scoramento collettivo è quella data dalla famiglia di Fabiana Luzzi nelle poche parole tracciate su lettere accompagnate sempre dal dolore , e da quella dignità ritratta sui volti dei genitori , dei fratelli e delle sorelle di Fabiana.
Non credo si possa “espiare” la morte di questa ragazza senza sentirsi vigliaccamente inadeguati al riguardo di un dolore così incontenibile ed inconsolabile . Dicono, sia il tempo indeterminato dell’elaborazione di un lutto. Un lutto che come in un corto circuito attraversa gran parte della comunità coriglianese segnata da questa morte per sempre.
L’omicida, il suo ex ragazzo , dovrebbe comprendere che non si può ritornare , dopo qualche anno, in Corigliano come se nulla fosse accaduto. E certo sono vicino e d’accordo con Mario e Rosaria Luzzi: non si può permettere a questo giovane di passeggiare per le vie della Città incurante del dolore che sta ulteriormente creando non solo ai familiari di Fabiana, ma ad un comunità che non ha più Fabiana e che di fatto non riesce a piangerla.
Da educatore ritengo che ad ognuno debba essere data la possibilità di rivedere la propria esistenza, di riparare agli errori fatti, ma qui si tratta di uno dei gesti più efferati che si siano mai compiuti a memoria d’uomo. Fabiana è stata arsa viva dopo aver subito diverse ferite da accoltellamento, tanto accadde nonostante la ragazza implorasse il suo aguzzino di lasciarla vivere. Nessuna pietà allora intervenne, e certo Dio quel giorno si dimenticò di Corigliano. Resta, per me, il mistero del perché quella vita di Fabiana venne così violentemente estorta, a tal punto da strapparle con il fuoco l’ultimo respiro, quel soffio vitale del Principio.
Da quel giorno , ne sono certo, il degrado istituzionale e sociale si fece spazio tra di noi a grandi passi, fino ad occupare la nostra Città da conquistatore: ineluttabilmente. Quel che oggi si legge nella missiva di Mario Luzzi a riferimento dell’amministrazione comunale ne è solo una diretta conseguenza.
Nel 2013 il noto fotografo ed intellettuale Guido Harari , ospite della nostra Città, scrisse a proposito: “Corigliano a maggio. È un tempo sospeso, quello che respiro, quasi un destino rimandato, l’incertezza del futuro di una volta che si è smarrito forse per sempre. […]Corigliano pare più un paesaggio dell’anima che una visione reale: uno spiaggiamento dopo l’altro, […] con adolescenti che ora ,con il tragico senno di poi, non possiamo che guardare con altri occhi;[…]una riflessione su un’infanzia tradita nel ritratto del bambino che fa spallucce davanti alla scritta sul muro che strilla(falsamente?) “sei la mia vita”.”
Ecco cosa si è compiuto in questo luogo con la morte di Fabiana Luzzi: “Un futuro smarrito forse per sempre”.
Alfonso Caravetta