Se il bambino manifesta un improvviso intontimento, se è colpito da inspiegabile febbre accompagnata da conati di vomito e da sbadigli frequenti ed insistenti, se gli occhietti del piccolo sono lucidi, non ci sono dubbi: qualche sguardo invidioso e maligno ha affascinata ‘a criatura. Bisogna, quindi, chiamare subito una donna – o addirittura tre se l’affascino è forte – per fare ‘a spascina, per allon tanare, cioè, il malocchio. Con l’arrivo della donna iniziata, e capace quindi di «esorcizzare», incomincia il rito dello sfascino.
Ella fa tre segni di croce sulla fronte e due sulla testa o sugli occhi del bambino affascinato e mentalmente recita per tre volte la prima parte della formula rituale senza smettere per un solo istante di sbadigliare (se gli sbadigli sono intensi e prolungati è buon segno: ‘a spàscina fa effetto).
Fora maluocchji! Fora maluocchji!
Ggioja ‘i ru cori, t’ana affascinata!
China t’ha ‘ffascinata
e ru cori s’ha ‘lligrata;
e ru cori ccu ra mmenda
fuja affascina c’unn’è nnenda.
Ppi cquanda petra su ‘a mmari
tandi pitrèti ti vuoja tirari.
Un vero e proprio “rito”, questo della Corigliano di una volta ma ancora attuale in numerose famiglie dell’area urbana, del quale rinveniamo preziose notizie nei racconti tramandatici dall’indimenticabile studioso di storia locale Antonio Russo e accuratamente riportate dal professore Giovanni Scorzafave nel suo sito (www.coriglianocal.it).
A questo punto la donna si fa portare una bacinella d’acqua nella quale mette, con la mano sinistra, un numero dispari di pizzichi di sale (3, 5, 7) e mentre fa ciò, sempre in silenzio, recita la seconda parte della formula.
Mminàjiti mmaliritta
va ti jetti ‘ndra mari
ghè ccarna bbiniritta
e nnun tieni chi ci fèri.
Versa, poi, dell’aceto nell’acqua facendo in modo che l’aceto cadendo descriva tre croci. Con quest’acqua la donna lava la faccia del bambino con la mano sinistra, sempre nello stesso verso – dalla parte inferiore alla superiore – e recita la terza parte della formula per tre volte.
A nnumi ‘i ru Petri,
a nnumi ‘i ru Figghji,
a nnumi ‘i ru Spiriti… Santi,
c’a ‘ffascina ‘i Vicinzulla
nu’ gghjissa cchjù avanti.
Quest’acqua viene buttata in mezzo alla strada, possibilmente ad un crocevia. Subito dopo, la madre del bambino sta dietro alla porta socchiusa aspettando la persona che per prima passerà per il luogo ove è stata buttata l’acqua, al fine di accertare se ad affascinare il suo piccino è stato un uomo o una donna.
“Le formule rituali da me riportate – scrive Russo – sono le più popolari; ne esistono, però, molte altre versioni che le donne sono propense ad insegnare soltanto il 24 dicembre alle ore 24 e ciò per evitare di perdere ‘a spascina”.
Fabio Pistoia