C’è qualcosa capace di abbattere muri e distanze, lottare contro la malvagità degli uomini e le quotidiane avversità, dagli stenti alle malattie, finanche i bellici avvenimenti? La risposta al dilemma di non facile soluzione è affermativa e a fornirla, fin dal titolo della sua ultima fatica letteraria, è l’insegnante e scrittrice coriglianese Isabella Freccia, già autrice di apprezzati testi.
“Un amore più forte della guerra” è, infatti, il significativo titolo scelto da Isabella per la sua nuova opera, attualmente in fase di pubblicazione a cura della Tipografia Impression di Giuseppe De Simone di Corigliano Scalo con la consueta professionalità. Il volume, corredato da splendide fotografie, dalla copertina in poi, che riproducono fedelmente alcuni spaccati della vita dell’epoca narrata dalla Freccia con dovizia di particolari, nei personaggi come nei luoghi e nelle situazioni, si configura come l’affresco di una storia d’amore a dir poco difficile e tormentata.
Con la sensibilità che le è propria e le sue note capacità descrittive di scorci, immagini, odori e suoni della natura, l’autrice arricchisce quella che è la testimonianza di gioie e soprattutto vicissitudini intercorse dai due giovani protagonisti della storia con particolari suggestivi e riproposizioni di momenti di convivialità come di sventura. Il testo è impreziosito dalla Prefazione a firma del professore Giuseppe De Rosis, stimato punto di riferimento culturale per la città e l’intero territorio.
“Isabella Freccia – si legge nella Prefazione – è alla sua sesta prova, che per molti versi non rompe con la produzione precedente, perché, se il fil rouge, il continuum è pur sempre la centralità dell’io, i temi che si intrecciano risultano essere l’amore come forza che si oppone al tempo e alle disavventure, la famiglia proustiniamente presente nella memoria coi segni distintivi del sacrificio, del rispetto e dell’impegno, Dio “che a terra e suscita, che affanna e che consola”, l’infanzia come stagione fabulosa di sogni e giacimento inesauribile, il dolore che attraversa la nostra vita lastricata da impossibili calvari, il paesaggio come emblema di una vita primigenia e innocente, come luogo dove sopravvivono l’autenticità e una impareggiabile bellezza. Questo circoscritto recinto della civiltà arcaico-contadina, quella vita patriarcale, dove sono visibili e vivibili i valori degli affetti familiari, della semplicità e della morigeratezza, che sembrano intangibili alla furia degli eventi, sono un giorno attraversati e profanati dalla violenza, da una guerra infame, che strappa figli e mariti per restituirli – quando li restituisce – corpi senza vita, mutilati, segnati per sempre. L’invenzione – prosegue il professore De Rosis – ha poco spazio nel libro, perché l’autrice racconta episodi di vita vissuta, la sua storia, il suo vivere nel corso di esperienze comuni e scontate, ma anche le scintille e i sussulti del cuore umano e nella sua vita, a un tratto, arriva l’amore, quello che fa vivere in una sola dimensione con la gioia della scoperta, un amore che resiste al tempo, alle tempeste, e poi vince sulla guerra, sulla violenza, sulla banalità. Nella conclusione del libro, non certamente idillica, sta il germe della speranza, la scoperta dell’infinito nel finito”.
La prima presentazione del libro avrà luogo a Roma il prossimo 22 settembre. Le successive date verranno di volta in volta comunicate alla cittadinanza.
Fabio Pistoia