“Tra tutte le regioni italiane la Calabria è forse la più povera: povera di ogni cosa: anche in fondo, di bellezze naturali. […] La Calabria è stata sempre periferica, e quindi, oltre che bestialmente sfruttata, anche abbandonata. […] Un millenario complesso d’inferiorità, una millenaria angoscia pesa nelle anime dei calabresi, ossessionate dalla necessità, dall’abbandono, dalla miseria. […] Tutto questo per quel che riguarda il popolo, la gente umile. Per la borghesia il discorso è un altro. La borghesia calabrese come tu sai, è di formazione molto recente, […] essa è nata in quest’ultima guerra con la “borsa nera”. […] la borghesia è forse la peggiore d’Italia, […] è rigida, moralistica: e perciò faziosa.”1
Pier Paolo Pasolini 1960
I luoghi dell’identità e della memoria, dai “Terreni Civici” all’edificio “Taverna”.
Comprendere perché il più acuto genio italiano del ‘900, Pasolini, ci ritrae senza filtri dev’essere chiaro. Soprattutto per i Coriglianesi, che hanno vissuto sotto il dominio dei “feudatari”, i Baroni Compagna, fino alla metà del secolo scorso. Questa la ragione principale per cui non poteva, quindi, esservi un’autonoma classe borghese, ossia una classe sociale che si determinasse in classe politica, nonostante la Legge sull’eversione della feudalità, d’importazione francese (1806-1808).
Il potere esercitato dai Baroni Compagna, detentori di uno dei latifondi più estesi nella Piana di Sibari, acquistato per gran parte dai Saluzzo, e per altra formato dalle quote demaniali assegnate ai contadini, non concedeva spazio ad altra borghesia. Vi era, quindi, il Barone, una popolazione intera che viveva di stenti e d’ignoranza e una decina di famiglie che “prosperavano” di piccole rendite fondiarie, cioè di proventi derivanti da affitti di terreni o edifici che venivano curati, per lo più, da un fattore. Economie, queste, che, di certo, non permettevano alcuno sviluppo sociale e culturale della popolazione.2In uno stato d’indigenza del genere, emigrare rappresentava, in molti casi, l’unico modo per migliorare le proprie condizioni di vita.3Corigliano, e anche Rossano, sono per l’intero “secolo breve” luoghi di forte spinta migratoria.4
La nostra identità, quindi, è coniugata da due aspetti, l’essere contadini senza terra (servi della gleba) e l’essere emigranti (lontani dalla propria Terra). Da questa radice comune, da una primitiva ingiustizia sociale, nasce la odierna Città di Corigliano Rossano. Se il primo aspetto identitario ha caratterizzato persino le Santità di riferimento, i due eremiti, S. Nilo e S. Francesco di Paola, l’altro ha determinato quel cambiamento necessario affinché si aprisse un nuovo mondo per questi territori. Una marea umana emigrava, imbarcandosi da Napoli per il viaggio della speranza nelle Americhe. Singolare che uno dei primi atti che questi emigranti nelle Americhe fecero fu quello di impegnarsi per la nascita di un ospedale in Corigliano Calabro (1912). 5Se vi è merito da dare ad un corpo sociale del meridione d’ Italia è quello dei migranti. Un’ emigrazione che perdura e che ad oggi vede decine di migliaia di calabresi emigrare per un sottosviluppo che si è determinato per la scadente offerta politica ed intellettuale del territorio, una classe politica non avulsa dal fenomeno clientelare e massomafioso che tiene in scacco l’intero territorio regionale in un rapporto connesso tra formazione dell’illegalità e degrado istituzionale.6
La nascita di un Comitato civico intitolato a Guglielmo Tocci è quindi un momento di alto senso civico e di libertà politica. Per queste motivazioni, i terreni concessi ai livellari, oggi illegittimi possessori, sono un momento di confronto, per la prima volta alla pari nella storia di questo territorio, tra una ricostituita classe agraria (1948-2019) detentrice di quote per uso civico, i livelli, ed un gruppo di intellettuali e di liberi cittadini, che reclamano legittimamente quei terreni per l’intera comunità.
Tale conflitto democratico si è determinato anche per l’applicazione normativa della legge regionalen.18\2007 sui terreni civici. Una pratica che non può essere assolta dalla sola classe politico- amministrativa, poiché è acclarato il conflitto e le incompatibilità di amministratori e consiglieri comunali oggi eletti e detentori di terreni civici.
Se i livelli, quindi, rappresentano il paesaggio storico della nostra identità, la “Taverna” è manufatto storico ed è testimonianza culturale da secoli. Solo così possiamo intendere Benedetto Croce quando richiama alla tutela della bellezza naturale, quella di madre natura che forniva sostentamento con legna, seminativi, pascolo, che trovava luogo negli usi civici, nel rapporto ecologico-economico natura-uomo. In questo risiede “un altissimo interesse morale e artistico che legittima l’intervento dello Stato”.7
Nel manufatto di Taverna tale rapporto natura-uomo derivava direttamente dal bisogno di conservare e di vendere quei prodotti coltivati che la terra concedeva, grano ed olio, al contadino del posto. Si tratta, in ambedue i casi, quindi, di un patrimonio culturale che è tutelato dal Codice dei beni Culturali e del paesaggio,8e da un articolo della Costituzione tra i più belli, l’art.9: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Dove in questo risalta che non vi è alcuna cesura tra scienza, cultura e natura. Ove il luogo, l’ambiente in cui viviamo deve considerarsi momento di rapporti relazionali, ecologici, economici, storici, scientifici, artistici e morali in un equilibrio naturale delle cose, che trova nell’ aspetto nostro comportamentale (etico) il punto di svolta. Un aspetto etico e normativo, che ritroviamo negli strumenti di pianificazione territoriale rivolti alla salvaguardia ambientale paesaggistica alla sua tutela e valorizzazione e a tutti quei beni (patrimonio culturale), che si caratterizzano in base alla legge, quali testimonianze aventi valore di civiltà.
L’edificio Taverna e i terreni ad uso civico rientrano in tale ordinamento giuridico e, pertanto, è per tali motivi, fin qui spiegati, che abbiamo inteso muovere i primi atti di denuncia per salvaguardare il Patrimonio culturale della nostra Città di Corigliano Rossano.
Alfonso Pietro Caravetta
Presidente del MAC
Co-Fondatore del Comitato Civico Guglielmo Tocci.
1Pier Paolo Pasolini, Le belle bandiere, pagg. 91-92, ed.riuniti, Roma, 1996
2Cfr. Rossana Sicilia, pag. 144, AA.VV. , Corigliano Calabro, Storia cultura economia, Rubettino, Soveria Mannelli,2005
3Cfr. Carlo Di Noia, Il fenomeno dell’emigrazione dalla Calabria nelle Americhe tra Ottocento e Novecento, il caso di Corigliano Calabro, Editrice Aurora, Corigliano Calabro 1995.
4Cfr.Francesco Filareto, Fuga e ritorno di un popolo, la Calabria del nord-est (1799-2012), Ferrari editore, Rossano, 2014.
5Cfr. Enzo Cumino, Storia di Corigliano Calabro,MIT, Cosenza,1992.
6Cfr. AA.VV, Dolci Clementine, Donatella Barazzetti, cap.Il “non detto” della Piana di Sibari, Rubettino, Soveria Mannelli,1997.
7Cfr. D.Antonucci, a cura di, Codice dei beni Culturali e del Paesaggio,II ed., Evoluzione del concetto di paesaggio nella previgente normativa, pag.564, Gruppo editoriale Esselibri Simone, Napoli,2009.
8D.Lgs.,22 gennaio 2004,n.42 ,Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10, della Legge 6 luglio 2002, n. 137.
P.S. L’allegata denuncia oltre ai sottoscrittori presenti nel corpo del testo:
Alfonso Pietro Caravetta , Luigi Salimbeni, Francesco Madeo , Lidia Sciarrotta, Natale Morrone ,Francesco Salvatore Sammarro.
e’ stata condivisa con regolare mandato legale da:
-Rosetta Flotta nata a Longobucco il 23-4-1955, residente in via Lampa Patire n.98 Corigliano Rossano;
-Maurizio Sposato nato a Corigliano Cal. il 20-3- 1973, residente in c.da S. Lucia 248|b Corigliano Rossano;
-Francesco Paolo Terenzio nato a Corigliano C. il 10- 1-74 residente in c.da Losina Corigliano Rossano;
-Giorgio Curti nato a Corigliano Cal.il 23-12-1981 residente in via c.da Oliveto snc Corigliano Rossano.