Dopo il lungo commissariamento, è stato eletto il nuovo sindaco della città fusa di Corigliano-Rossano: Flavio Stasi.
In ogni caso, è quanto mai importante sottolineare come le due città non potranno mai trovarsi bene insieme. La storia è diversa, le tradizioni sono diverse, i punti in comune ben pochi: vi sarà un motivo se Corigliano e Rossano, prima dell’arrivo di alcuni “benpensanti”, non si erano mai fuse. Corigliano e Rossano erano due Comuni con titolo di città, status che evidenzia (come se ve ne fosse il bisogno) la forte identità degli abitanti delle due diverse città.
Fino al punto in cui, come ho già detto, qualcuno ha avuto la geniale idea di fondere le due città: in questo modo, la crisi si sarebbe risolta e al Comune sarebbero giunti fantomatici fiumi di soldi. La favoletta, però, è stata smascherata sin da subito: i conti rimangono in rosso, le strade non ricevono manutenzione e si trovano in pessime condizioni, i marciapiedi sono ricoperti dalle erbacce, i piani turistici sono assenti, le tubature si rompono e perdono acqua, i dipendenti dell’impresa delle pulizie del Comune non ricevono lo stipendio da mesi. La lista sarebbe infinita, ma risparmio tutto il resto.
L’altra favoletta della “maxi-fusione” riguardava la maggiore considerazione che il Comune unico avrebbe avuto a livello regionale e oltre. Anche qui parlano i fatti: Cosenza continua a comandare e il ruolo della “città unica” è ancor più marginale.
A dir la verità, può essere levata la maschera anche alla terza “favoletta”: quella del risparmio. I costi sono ridotti di una minima parte, sostanzialmente formiche se comparati al bilancio comunale; come se non bastasse, si aggiungono i gravosi costi di gestione di una città tanto ampia e difficile da tenere a bada.
Risultato del grandioso progetto: un mostruoso Comune di 80.000 abitanti, senza identità e totalmente allo sbando. Ma come, non dovevano esservi soltanto benefici? Non doveva nascere la terza città calabrese più importante?
E ancora, la quarta “favoletta”: la diminuzione delle tasse. Anche in questo senso, si sta verificando l’esatto contrario: la crisi non si è risolta da un istante all’altro, i problemi economici restano, le imposte si faranno più pesanti. Con il serio rischio che, a differenza delle promesse e delle garanzie date prima della fusione, qualche servizio essenziale possa davvero saltare.
Non si può non toccare un altro punto: il referendum “drogato”. Come è avvenuto anche nei Comuni della ipotetica “Grande Pescara”, che mi auguro vivamente non divenga mai realtà, in occasione del referendum non si è svolto nessun vero confronto con i pro e i contro della fusione, non vi è stata una campagna imparziale e completa. Ciò che si è sentito? Soltanto le favolette di cui abbiamo parlato sopra, che demagogicamente hanno spinto i residenti a votare per il “sì”, inconsci di quello che avrebbero incontrato. Anche in questo caso, tuttavia, era stato notevole l’astensionismo a Corigliano (soltanto il 38% degli aventi diritto aveva votato, il 44% a Rossano).
Dunque, non vi è da stupirsi se, al giorno d’oggi, sono sempre di più i cittadini amaramente pentiti di aver votato la “città liquida”. “Sarebbe stato meglio rinviare la data della consultazione e preparare assieme uno studio di fattibilità”si era sentito. Peccato che i primi dubbi siano sorti quando ormai era troppo tardi!
In occasione della campagna elettorale 2019, poi, il mondo politico locale si è scatenato con le solite proposte irrealizzabili, in parte anche tristemente assurde. Tanto che non ritengo opportuno dedicare loro attenzione.
Come si evince dalla fusione coriglianese-rossanese, ma anche da alcuni altri maxi-comuni formatisi negli ultimi anni (su tutti Valsamoggia, in Emilia), le grandi fusioni non funzionano e non funzioneranno mai. 345,56 chilometri quadrati rappresentano una superficie mostruosa: per la cronaca, quasi il doppio di Milano.
Come si può pensare di gestire un’area così vasta formata da due Comuni tanto diversi? Come si può pensare di mantenere una chiara identità per entrambi i centri in una città tanto indefinita? Rossano e Corigliano hanno ciascuno una propria storia, delle proprie tradizioni, una propria economia, anche una propria cultura. Come ha spiegato in un recente ed interessante articolo il docente universitario Giovanni Ferrari, non si può “cancellare quell’evoluzione frutto dell’impegno di generazioni, la memoria, il ricordo e il rispetto verso i nostri avi che per secoli, con il loro duro lavoro e in periodi di ben maggior difficoltà di quello attuale, di ben maggior povertà e di ben maggiore sofferenza, sono riusciti a mantenere integra la nostra comunità”. Insomma, tradizioni e storia come un bene da difendere e valorizzare, non certo da svendere alla brama (illusoria) di incentivi economici.
Una volta per tutte, è necessario sfatare il mito della fusione, di cui troppo spesso, negli ultimi anni, sentiamo parlare: sembra che stia diventando (falsamente) un passaggio obbligatorio per un’indefinita “modernità”, per un futuro. A giudicare dai fatti, piuttosto sbiadito.
Da non dimenticare il rischio di perdita di rappresentanza: le “frazioni di frazioni” (ex frazioni dei due Comuni, ora con questo singolare status) ricevono un ruolo sempre più marginale.
Per questo motivo mi sento di diffondere la mia proposta, che certamente verrà rigettata dai “Padri” della Fusione e ritenuta assurda. Tra i “Padri”, purtroppo, non manca la Regione Calabria, che ha approvato il progetto: in questo senso, credo che il voto contrario e definitivo espresso dalla Lombardia alla formazione della “Grande Mantova” debba insegnare.
Inoltre, è doveroso sottolineare che l’agevolazione a fondersi è rivolta laddove può avere risvolti positivi, ovvero nei Comuni di piccola dimensione: non di certo in Comuni di diverse decine di migliaia di abitanti.
Ma tant’è: forse sono necessari ancora alcuni anni per capire che in tal modo è impossibile proseguire.
In virtù di quanto spiegato in questo articolo, ad ogni modo, ritengo che Corigliano e Rossano non possano che avere un futuro diviso e autonomo per entrambi. Il ripristino dei due Comuni, a differenza di quanto spesso si dice, è assolutamente realizzabile con una consultazione referendaria. Negli ultimi anni, Baranzate (Milano) si è resa autonoma da Bollate, Cavallino-Treporti da Venezia.
Per il bene dei cittadini e per il bene e l’armonia di entrambe le città, il futuro può essere soltanto diviso. Questo, ovviamente, non impedisce la creazione di un’unione di Comuni, finalizzata a mettere in comune le forze e creare una forte sinergia, che soltanto in questo modo potrebbe portare degli effetti positivi a entrambi i centri e ai residenti. E, perché no, al turismo.
A.B.